Regno Unito La sfida verde di Starmer, arrivano le pale eoliche sulle terre del re

SDA

25.7.2024 - 18:47

«Io voglio vincere la corsa per l'energia pulita», ha proclamato il premier britannico Keir Starmer nel suo discorso.
«Io voglio vincere la corsa per l'energia pulita», ha proclamato il premier britannico Keir Starmer nel suo discorso.
KEYSTONE

Migliaia di turbine per diventare «leader mondiale» dell'energia prodotta dal vento e alimentare così «milioni di case» e imprese. È l'ambizioso obiettivo per la transizione verde lanciata dal Labour britannico di Keir Starmer, con la presentazione della prima iniziativa di legge varata del nuovo esecutivo nato dalle elezioni del 4 luglio.

Un progetto, annunciato fin dal programma del King's Speech, che prevede fra l'altro l'utilizzazione per lo sviluppo di nuovi impianti eolici terrestri e soprattutto marini dei possedimenti reali che fanno capo al Crown Estate: business gestito indipendentemente a nome di casa Windsor le cui entrate vanno al governo di turno, il quale poi restituisce una quota minoritaria al palazzo per finanziare le spese di rappresentanza della monarchia.

L'annuncio arriva a due giorni dalla pubblicazione del bilancio annuale sulle attività e le proprietà della Royal Family, suggellato da numeri che confermano il boom dei profitti garantiti al Crown Estate proprio dalla produzione di energia eolica, sullo sfondo d'una svolta promossa anche sul fronte delle residenze e dei trasporti reali dal 75enne Carlo III: «sovrano ecologista» sensibile agli allarmi sull'emergenza climatica e pioniere della causa green da decenni.

Il progetto

Il progetto del governo Starmer, introdotto oggi alla Camera dei Comuni sotto gli auspici del super ministro dell'Energia, Ed Miliband, ha come elemento cardine la creazione d'una società pubblica ad hoc, denominata Great British Energy (Gbe), il cui quartier generale è collocato in Scozia, nazione storicamente legata agli idrocarburi, a simboleggiare la sfida.

Società finanziata nei prossimi 5 anni con stanziamenti da 8,3 miliardi di sterline (quasi 10 miliardi di euro) e a cui spetterà fare da volano alla diffusione di fonti rinnovabili, anche stimolando investimenti privati quantificati potenzialmente in una settantina di miliardi.

La Gbe avrà inoltre il potere – significativo come esempio per il Paese – di coordinare col Crown Estate i piani di ulteriore sviluppo d'impianti eolici sui terreni e sui (ventosi) tratti di mare dell'isola appartenenti alla corona.

«Io voglio vincere la corsa per l'energia pulita»

Il richiamo al traguardo della leadership mondiale in queste settore fatto alla Camera (che voterà sulla proposta di legge il 5 settembre) da Miliband, voce della sinistra ambientalista in un gabinetto a trazione più moderata, è stato riecheggiato da Starmer in persona nel corso di un evento organizzato per l'occasione negli stabilimenti di una società di progettazione, la Hutchinson Engineering, a Widnes, nel nord dell'Inghilterra.

«Io – ha proclamato sir Keir nel suo discorso – voglio vincere la corsa per l'energia pulita: noi abbiamo il potenziale, i porti, i lavoratori, i talenti e, adesso, anche un governo determinato a cogliere le opportunità».

«Dimostreremo che il cambiamento è già cominciato», ha poi insistito, non senza accusare i governi Tory precedenti – protagonisti negli ultimi mesi, sotto la premiership di Rishi Sunak, di una frenata sui medesimi impegni intermedi verso il target emissioni zero di carbonio sottoscritti in sede internazionale da Boris Johnson – d'aver «perso un decennio di chance per dare impulso alla nostra sicurezza energetica senza dipendere da dittatori stranieri, ridurre le bollette e creare posti di lavoro qualificati».

Anche imponendo – dal 2015 – quella moratoria sulla proliferazione in Inghilterra delle pale eoliche (in nome di una supposta tutela del paesaggio) che il Labour ha revocato fra le sue priorità.

Nessun passo indietro sulle licenze per l'estrazione di petrolio

Nessun passo indietro, tuttavia, viene indicato all'orizzonte dalla compagine laburista sulle nuove licenze per l'estrazione di petrolio e gas già concesse dai Tories a partire dai residui giacimenti offshore del Mare del Nord.

Licenze tornate a livelli record nell'ultimo anno censito, di fronte alle crisi geopolitiche segnate dalle sanzioni contro la Russia per la guerra in Ucraina o dell'escalation dei conflitti in Medio Oriente, secondo quanto rivelano i dati d'un documento svelato giusto oggi dal progressista Guardian.

Dati che – in barba alle proteste degli ambientalisti e alla «rivolta globale» contro gli aeroporti invocata in queste ore da attivisti ultrà di «Just Stop Oil» e di «Last Generation», dalla Gran Bretagna alla Germania – fanno svettare l'isola al secondo posto in Occidente nel 2023: alle spalle solo degli Usa dell'amministrazione di Joe Biden.

SDA