Guerra Mosca è pronta a usare le bombe a grappolo se lo farà Kiev

SDA

16.7.2023 - 20:43

Il presidente russo Vladimir Putin.
Il presidente russo Vladimir Putin.
KEYSTONE

Se Kiev sgancerà le bombe a grappolo sui soldati russi, «ci riserviamo il diritto di usarle come misura reciproca»: il presidente russo Vladimir Putin promette rappresaglia per l'arrivo in Ucraina delle controverse cluster bomb, che nonostante il bando dagli eserciti di oltre 120 Paesi fanno il loro ingresso – ora ufficiale – nel conflitto.

«Se non l'ha ancora fatto, l'Ucraina userà le bombe a grappolo nelle prossime ore e giorni», ha assicurato Jake Sullivan, consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti che gliele hanno fornite. Secondo Kiev sono armi necessarie per dare slancio alla controffensiva che, se a sud rivendica progressi, trova difficoltà a est per ammissione dello stesso ministero della Difesa di Kiev.

Mentre Putin dichiara che le operazioni ucraine «non hanno successo», per poi lanciare l'ennesimo affondo contro l'Occidente: se gli Stati Uniti chiedessero ai leader europei di impiccarsi, loro lo farebbero, è l'attacco del capo del Cremlino.

Putin nega di aver già usato le bombe a grappolo

La fornitura delle munizioni a grappolo e il loro utilizzo da parte di Kiev «devono essere considerati un crimine», ha affermato lo zar in un'intervista per Rossiya-1, sottolineando che «la stessa amministrazione statunitense attraverso il suo staff aveva dato questa stessa opinione tempo fa».

Ora l'obiettivo di Mosca è rispondere a tono: «Abbiamo una riserva sufficiente di vari tipi di munizioni a grappolo. Finora non l'abbiamo fatto, non le abbiamo utilizzate e non ne abbiamo avuto bisogno», ha aggiunto il leader russo.

Parole che di certo contraddicono le denunce delle ong, prima tra tutte Human Rights Watch, secondo cui le temibili bombe a grappolo – russe ma anche ucraine – da tempo imbrattano di sangue il teatro di guerra.

Le truppe russe «si stanno comportando in modo eroico»

Facendo un bilancio sugli attuali sviluppi del conflitto, lo zar ha al contrario valutato «positivamente» le operazioni russe al fronte. Mentre «tutti i tentativi del nemico di sfondare le nostre difese non hanno avuto successo», le truppe di Mosca «si stanno comportando in modo eroico» e «in alcune zone passano all'offensiva», secondo il capo del Cremlino.

Affermazioni che sembrano trovare un parziale riscontro in alcune ammissioni della viceministra della Difesa ucraina Hanna Malyar, che sul fronte est ha delineato un quadro in chiaroscuro per le truppe ucraine: «A oriente la situazione è leggermente peggiorata. Il nemico ha avanzato attivamente per due giorni consecutivi in direzione di Kupyansk nella regione di Kharkiv. Siamo sulla difensiva. Ci sono feroci battaglie», ha detto la funzionaria di Kiev, sottolineando tuttavia che «nella direzione di Bakhmut stiamo gradualmente andando avanti», in particolare sul fianco meridionale dove «c'è un'avanzata quotidiana». A sud, inoltre, gli ucraini rivendicano un'avanzata di un chilometro in direzione di Berdyask.

La pace resta lontana

Lo scontro continua sul terreno, la pace resta lontana nel giorno 508 della guerra, iniziato con una pioggia di bombe su Kharkiv senza tuttavia causare vittime. Esplosioni sono state segnalate a Lugansk, Berdyansk e Mariupol, mentre i filorussi hanno denunciato che dieci droni di Kiev sono stati abbattuti in Crimea. In Russia, il governatore della regione di Belgorod ha affermato che una donna è rimasta uccisa in un raid ucraino sulla città di Shebekino.

Un bilancio di sangue che sale per una tragedia che «si ripete oggi» come 80 anni fa, ha commentato Papa Francesco nell'Angelus ricordando i bombardamenti su Roma e il quartiere di San Lorenzo del 19 luglio del '43. «Com'è possibile? Abbiamo perso la memoria? Il Signore abbia pietà di noi e liberi la famiglia umana dal flagello della guerra», ha affermato il pontefice tornando a rivolgere le sue preghiere «al caro popolo ucraino, che soffre tanto».

Ma nonostante gli appelli, la diplomazia non sembra trovare spiragli. E ora si concentra sull'imminente scadenza dell'accordo sul grano: l'ultima nave a cui è stato concesso un passaggio sicuro nel quadro dell'intesa mediata dalla Turchia ha lasciato il porto di Odessa. Manca ancora l'ok di Mosca, ma ormai è questione di ore per arrivare a un rinnovo considerato cruciale per scongiurare una crisi alimentare mondiale.

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