USA 2024 Ombre russe sulle presidenziali, Kamala Harris nel mirino della campagna di fake news

SDA

18.9.2024 - 20:05

La vicepresidente Kamala Harris è entrata nel mirino della campagna di disinformazione dell'intelligence moscovita contro la candidata democratica alla presidenza (foto d'archivio).
La vicepresidente Kamala Harris è entrata nel mirino della campagna di disinformazione dell'intelligence moscovita contro la candidata democratica alla presidenza (foto d'archivio).
KEYSTONE

Una giovane donna nera sulla sedia a rotelle che accusa Kamala Harris di averla investita e lasciata paralizzata in un incidente a San Francisco tredici anni fa. Il video, uscito il 2 settembre e visto da milioni di persone, è uno degli esempi più inquietanti della campagna di disinformazione e fake news che la Russia ha lanciato contro la candidata democratica, secondo l'ultimo rapporto di Microsoft sulle minacce e rischi di infiltrazione digitale.

L'analisi del colosso della tecnologia, pubblicata martedì, descrive in dettaglio come gli agenti del Cremlino che all'inizio hanno faticato ad adattarsi al ritiro dalla corsa alla Casa Bianca di Joe Biden, ora si sono lanciati al cento per cento in una nuova strategia contro Harris e i democratici.

Oltre ai metodi classici dell'interferenza elettorale, secondo il rapporto, l'intelligence di Mosca sta anche collaborando con «cyber hacktivisti» filo-russi per diffondere materiali presumibilmente hackerati al fine di minare la fiducia degli americani nei risultati di novembre.

Assieme al video della giovane in sedia a rotelle, alla fine di agosto il gruppo russo Storm-1516 ne ha creato e diffuso un altro per screditare la vicepresidente nel quale si mostravano alcuni suoi sostenitori che attaccavano un presunto partecipante a un raduno di Donald Trump.

Un attacco alla democrazia

«È chiaro che gli americani non hanno imparato la lezione dell'attacco russo alla nostra democrazia nel 2016», sostiene l'ex procuratore speciale per il Russiagate Robert Mueller in un nuovo libro dal titolo «Interference: The Inside Story of Trump, Russia and the Mueller Investigation».

«Non eravamo preparati allora e, nonostante gli sforzi di molte persone nel governo, non lo siamo adesso. Questa minaccia merita l'attenzione di ogni americano. La Russia ci ha attaccato in passato e lo farà ancora», avverte.

All'epoca Mueller non riuscì a provare la collaborazione tra Trump e Mosca, ma avviò un procedimento penale contro tre entità russe e 34 persone, tra cui un responsabile della sua campagna, Paul Manafort, che è stato incarcerato.

Il procuratore trovò anche dieci casi di possibile ostruzione alla giustizia da parte dell'allora presidente, ma non lo incriminò citando la politica del dipartimento di Giustizia riguardo ai commander-in-chief in carica.

La stretta californiana sui deepfake politici

Intanto, la California lancia la stretta sui deepfake politici con la legge più dura d'America contro i video ritoccati. La misura, firmata dal governatore Gavin Newsom, è stata subito criticata da Elon Musk, che lo scorso luglio aveva condiviso un video ritoccato di Harris definendolo «una parodia».

Il miliardario ha attaccato Newsom bollandolo come il «Joker in carica» e postando una foto del governatore della California vicino al cattivo di Batman.

Harris in vantaggio su Trump in Pennsylvania e Michigan

Mentre Harris e Trump procedono con i loro impegni elettorali – la vicepresidente è intervenuta al Caucus ispanico a Washington e il tycoon a Long Island, nel primo comizio all'aperto dall'attentato di domenica –, secondo l'ultimo sondaggio di Quinnipiac la democratica è in vantaggio sul repubblicano in Pennsylvania e Michigan, due Stati in bilico.

Nel primo Harris ha il 52% delle preferenze contro il 45% dell'ex presidente, nel secondo ha il 50% a fronte del 45% di Trump e in Wisconsin è praticamente testa a testa, con Harris al 48% e Trump al 47%. La vicepresidente ha anche incassato l'appoggio di oltre 100 ex funzionari per la sicurezza nazionale repubblicani di Camera e Senato.

In un lettera aperta hanno spiegato questa scelta sostenendo di non potersi fidare di Trump nella gestione delle minacce e delle relazioni degli Stati Uniti con alleati e avversari.

L'ex presidente «ha promosso il caos nel governo, ha elogiato i nostri nemici, politicizzato l'esercito e denigrato i nostri veterani», affermano nella lettera che vede fra i firmatari anche John Negroponte, il direttore dell'intelligence durante la presidenza di George W. Bush.

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