Medio OrienteNetanyahu respinge lo Stato palestinese, dubbi sul destino di Sinwar, leader di Hamas
SDA
18.2.2024 - 20:36
Le prospettive di una nuova tregua tra Israele e Hamas sono sempre più tenui e allo stesso modo non si registrano passi avanti sulla strada di una pace duratura in Medio Oriente.
18.02.2024, 20:36
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Su quest'ultimo fronte Benyamin Netanyahu ha mostrato ancora una volta la sua intransigenza, ottenendo il «sì» del suo governo alla richiesta di respingere «ogni tentativo di imporre uno Stato palestinese in modo unilaterale».
Il premier ha poi ingaggiato un durissimo scontro con Lula, che ha accusato gli israeliani di commettere «un genocidio» a Gaza, evocando persino un paragone con Hitler.
Frasi bollate come «vergognose» e costate la convocazione dell'ambasciatore brasiliano.
Soluzione a due Stati? La posizione di Israele rimane la stessa
La crescente pressione internazionale per una soluzione a due Stati finora non ha scalfito i piani di Netanyahu su Gaza per il breve e medio periodo. Il premier ha sottoposto al voto dei suoi ministri una dichiarazione in cui ribadisce l'opposizione di Israele ad ogni «diktat» esterno.
Un eventuale accordo con i palestinesi deve scaturire da trattative bilaterali, mentre al contrario «un riconoscimento unilaterale dello Stato palestinese, dopo il massacro del 7 ottobre, elargirebbe un premio enorme al terrorismo ed impedirebbe qualsiasi accordo di pace in futuro», è la posizione del capo del governo, che ha incassato anche il sostegno dei ministri del partito centrista guidato da Benny Gantz.
Il messaggio ad Europa e soprattutto Stati Uniti non poteva essere più chiaro.
Tregua? Negoziati falliti, il conflitto continua
Anche su una possibile tregua nella Striscia si è rimasti ad un punto morto. Il Qatar ha ammesso che i negoziati non sono promettenti e gli Usa hanno minacciato il veto ad una proposta di risoluzione dell'Algeria al Consiglio di sicurezza dell'Onu per un cessate il fuoco umanitario immediato (con un voto previsto martedì).
Washington ha spiegato che l'unica strada per fermare temporaneamente le ostilità resta quella di un accordo tra le parti sulla liberazione del resto degli ostaggi.
Il risultato di questo stallo complessivo è che la guerra continua, avvicinandosi sempre di più verso Rafah, con fonti palestinesi che hanno riferito di attacchi israeliani sempre più vicini alla città di frontiera con l'Egitto.
Le operazioni militari continuano anche a Khan Yunis, dove l'Idf ha fatto sapere di aver condotto «raid mirati su infrastrutture terroristiche».
Situazione disperata all'ospedale Nasser
Il ministro della Difesa Yoav Gallant ha evocato una situazione di grave difficoltà per Hamas, affermando che il movimento starebbe cercando un sostituto del suo leader nella Striscia, Yahya Sinwar, di cui da tempo si sono perse le tracce.
Sempre a Khan Yunis non si allenta la morsa sull'ospedale di Nasser, anch'esso un covo di terroristi secondo gli israeliani, ma l'Oms ha denunciato una situazione disperata: la struttura «non è più funzionante dopo l'assedio e i raid» nonostante ospiti ancora «200 pazienti», ha affermato Tedros Ghebreyesus, aggiungendo che «al nostro team non è stato consentito l'accesso».
Scontro frontale tra Israele e Brasile
Sul fronte diplomatico si è registrato un colloquio tra Emmanuel Macron e Abdel Fattah al Sisi in cui i presidenti di Francia ed Egitto hanno espresso la loro «ferma opposizione» ad un'offensiva israeliana a Rafah, così come «a qualsiasi spostamento forzato» di civili verso sud.
Ma a far decisamente più rumore è stato lo scontro tra Israele e Brasile. La miccia è stata accesa da Lula: «Quello che sta accadendo nella Striscia di Gaza non è una guerra, ma un genocidio», come «quando Hitler decise di uccidere gli ebrei», è stato il suo affondo durante una conferenza stampa in Etiopia.
«Frasi vergognose e gravi che sminuiscono la Shoah e rappresentano un tentativo di colpire il popolo ebraico ed il diritto di Israele alla difesa», la replica di Netanyahu, secondo cui «il paragone con i nazisti» equivale a «varcare una linea rossa».
La protesta è stata formalizzata al rappresentante diplomatico di Brasilia.