Russia O morti o in carcere, ecco il destino dei nemici di Putin

SDA

24.8.2023 - 10:25

Il presidente russo Vladimir Putin
Il presidente russo Vladimir Putin
KEYSTONE/AP/Alexei Danichev

Gli avversari di Vladimir Putin finiti sotto la scure dello zar sono diversi: da quando è diventato presidente, questa è la sorte che attende chi non è d'accordo con lui o, peggio ancora, gli si oppone.

Una morte violenta toccò anche a Boris Nemtsov, ex vice primo ministro, ucciso a 55 anni nel 2015 con un colpo di pistola mentre camminava su un ponte di Mosca proprio nei pressi del Cremlino. Nemtsov pagò a caro prezzo le critiche all'annessione unilaterale della Crimea nel 2014. Per la sua morte venne accusato di connivenza anche il leader ceceno Ramzan Kadyrov, che ovviamente negò le accuse.

Nel 2006 venne avvelenato invece Alexander Litvinenko, ex ufficiale del Kgb diventato cittadino britannico e oppositore del presidente russo. Fu utilizzato il polonio per ucciderlo in un hotel di Londra dove aveva incontrato due uomini: l'ex spia morì settimane dopo tra atroci sofferenze.

Ma non ci sono solo oppositori politici o ex spie tra le vittime del Cremlino. Nella lista figurano anche giornalisti. Il 7 ottobre del 2006 fu il capolavoro 'La Russia di Putin' a segnare la condanna a morte della reporter di Novaya Gazeta Anna Politkovskaya, uccisa di fronte alla sua casa di Mosca proprio nel giorno del compleanno del leader russo. La sua colpa fu di criticare la gestione russa della situazione in Cecenia.

La magistratura russa indagò Boris Berezovsky: il 23 marzo 2013 l'oligarca fu trovato impiccato nella sua casa di Sunninghill (Regno Unito), ma i giudici inglesi non riuscirono a stabilire se effettivamente si trattasse di suicidio. Dopo Politkovskaya il Cremlino silenziò anche un'altra reporter collaboratrice di Novaya Gazeta, Anastasia Baburova, assassinata nel gennaio 2009 insieme all'avvocato difensore dei diritti umani Stanislav Markelov mentre si trovavano per le strade di Mosca.

Il caso Navalny e gli altri «superstiti»

C'è poi chi il Cremlino non sarebbe riuscito a uccidere. Come Alexei Navalny, rinchiuso in carcere da due anni e da poco condannato a scontarne diciannove per «estremismo». Navalny è stato avvelenato una prima volta nel 2020 con l'agente nervino novichok – le intelligence occidentali hanno puntato il dito contro i servizi russi – ma suoi fedelissimi giurano che ora stia subendo lo stesso trattamento dietro le sbarre attraverso una sostanza a lento rilascio inserita nel cibo.

Chi non è in carcere o non è stato ucciso è fuggito o si è autoesiliato all'estero. L'ex magnate del petrolio Mikhail Khodorkovsky e il presentatore televisivo Maxim Galkin sono tra questi. Khodorkovsky abita a Londra dopo aver scontato 10 anni di prigione e ora finanzia progetti mediatici critici nei confronti del Cremlino. Galkin, marito dell'icona pop russa Alla Pugacheva, vive invece in Israele ed è diventato una delle voci contro l'offensiva ucraina sui social media. È considerato da Mosca «un agente straniero», come tutti coloro che non la pensano come il Cremlino.

Se l'abbattimento dell'areo di Yevgney Prigozhin e la sua morte venissero confermanti, vorrebbe dire che questa volta Putin ha deciso di mostrare tutta la sua potenza per liberarsi dell'ennesimo nemico interno. Una dimostrazione di forza per tagliare la testa alla milizia che più, in questi mesi, ha insidiato il potere del Cremlino raccogliendo spesso molti consensi.