Ecco per quali reati Giorgia Meloni e due suoi ministri denunciati nel caso del generale Almasri rimpatriato in Libia

SDA

28.1.2025 - 21:21

Oltre alla premier Meloni sono indagati i ministri Piantedosi e Nordio, così come il sottosegretario Mantovano. La bufera per il rilascio da parte dell'Italia del generale libico Najeem Osama Almasri Habish, accusato dalla Corte Penale Internazionale (CPI) delle violenze nel carcere di Mittiga per «34 omicidi e un bimbo violentato», non si placa, anzi, si rafforza.

Giorgia Meloni in una foto sul finire del 2022.
Giorgia Meloni in una foto sul finire del 2022.
KEYSTONE

SDA / Paolo Beretta

La premier italiana Giorgia Meloni è indagata per favoreggiamento e peculato nella vicenda del comandante della polizia giudiziaria libica Najeem Osama Almasri Habish, scarcerato e poi rimpatriato dall’Italia con un volo organizzato dallo Stato italiano.

Il procedimento che ha portato la Procura di Roma all'iscrizione nel registro degli indagati della premier Giorgia Meloni, i ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi e il sottosegretario Alfredo Mantovano, nasce da un esposto presentato dall'avvocato Luigi Li Gotti.

Gli gli atti sono stati inoltrati al Tribunale dei Ministri. Nell'esposto si ipotizzano i reati di favoreggiamento e peculato in relazione alla vicenda del rimpatrio del generale libico Almasri.

Nella denuncia si chiede ai pm di piazzale Clodio che vengano «svolte indagini sulle decisioni adottate e favoreggiatrici di Almasri, nonché sulla decisione di utilizzare un aereo di Stato per prelevare il catturato (e liberato) a Torino e condurlo in Libia».

Insomma si denuncia la premier e i ministri in relazione «alla liberazione di Osama Almasri, catturato su mandato della Corte Penale Internazionale, con l'accusa di tortura, assassinio, violenza sessuale, minaccia, lavori forzati, lesioni in danno di un numero imprecisato di vittime detenute in centri di detenzione libiche».

La procura deve fare le sue valutazioni

«Io ho fatto una denuncia ipotizzando dei reati e ora come atto dovuto, non è certo un fatto anomalo, la Procura di Roma ha iscritto nel registro la premier e i ministri.» afferma all'ANSA l'avvocato Luigi Li Gotti.

«Ora la Procura dovrà fare le sue valutazioni e decidere come proseguire, se individuare altre fattispecie o inviare tutto al tribunale dei Ministri. Io mi sono limitato a presentare una denuncia»,

«In relazione all'indicato procedimento gli atti sono stati inoltrati al Collegio per i reati ministeriali del Tribunale dei Ministri», si legge nella comunicazione di «iscrizione nel registro delle notizie di reato», firmato dal procuratore Francesco Lo Voi.

L'iscrizione nel registro è un atto dovuto

In una nota l'Associazione nazionale magistrati ha specificato che non si tratta di avvisi di garanzia, come invece ha annunciato sui suoi social la premier Meloni. 

I giudici specificano: «Si segnala, al fine di fare chiarezza, il totale fraintendimento da parte di numerosi esponenti politici dell'attività svolta dalla procura di Roma, la quale non ha emesso, come è stato detto da più parti impropriamente, un avviso di garanzia nei confronti della presidente Meloni e dei ministri Nordio e Piantedosi ma una comunicazione di iscrizione che è in sé un atto dovuto perché previsto» dalla legge.

«La disposizione impone al procuratore della Repubblica, ricevuta la denuncia nei confronti di un ministro, ed omessa ogni indagine, di trasmettere, entro il termine di quindici giorni, gli atti al Tribunale dei ministri, dandone immediata comunicazione ai soggetti interessati affinché questi possano presentare memorie al collegio o chiedere di essere ascoltati. Si tratta, dunque, di un atto dovuto».

È la stessa Meloni ad aver parlato di avviso di garanzia

La Meloni in precedenza ha diffuso un video sui suoi canali social: «La notizia di oggi è questa: il procuratore della Repubblica Francesco Lo Voi, lo stesso del fallimentare processo a Matteo Salvini per sequestro di persona, mi ha appena inviato un avviso di garanzia per i reati di favoreggiamento e peculato in relazione alla vicenda del rimpatrio del cittadino Almasri; avviso di garanzia inviato anche al ministro Carlo Nordio, Matteo Piantedosi e Alfredo Mantovano».

La premier è poi passata all’attacco dichiarando: «Presumo al seguito di una denuncia che è stata presentata dall’avvocato Luigi Li Gotti, ex politico di sinistra molto vicino a Romano Prodi, conosciuto per avere difeso pentiti del calibro di Buscetta, Brusca e altri mafiosi».

Cosa chiedeva la CPI? Ecco gli orrori commessi dal generale

La Corte penale internazionale (CPI), lo scorso 18 gennaio aveva notificato - a maggioranza - il mandato di arresto per il generale libico bloccato in Italia il 19 e poi scarcerato.

La scarcerazione aveva scatenato le reazioni delle opposizioni contro il governo Meloni: accusano l’esecutivo di aver liberato «un torturatore» mandandolo a casa con un volo di Stato.

Nel dispositivo della pre-trial Chamber della CPI si legge che nel carcere libico di Mittiga (Tripoli), diretto da Osama Njeem Almasri, dal febbraio 2015 sono stati uccisi almeno 34 detenuti e che 22 persone, compreso un bimbo di 5 anni, hanno subito violenze sessuali dalle guardie.

Almasri, secondo i giudici dell’Aja, «ha picchiato, torturato, sparato, aggredito sessualmente e ucciso personalmente detenuti, nonché ha ordinato alle guardie di picchiarli e torturarli».

Gli orrori compiuti a Mittiga sono molti

I crimini di guerra e contro l’umanità sono stati commessi da membri della Rada, le Forze speciali di deterrenza, una milizia nata per combattere l'esercito del colonello Gheddafi e che nel 2012 ha iniziato a costruire un centro di detenzione presso la base di Mittiga, dove c’è pure l’aeroporto.

Il sito è diventato la più grande prigione della Libia occidentale: almeno 5’140 persone sono state incarcerate tra febbraio 2015 e marzo 2024, rileva la CPI.

Mentre alcuni sono stati detenuti su basi legali, le informazioni in possesso della CPI mostrano che molti sono stati imprigionati per motivi religiosi (erano cristiani o atei), per il sospetto di «comportamento immorale» o per essere omosessuali, per essere affiliati all’esercito di Khalifa Haftar, l’uomo forte della Cirenaica.

Gli uomini della Rada hanno sottoposto i detenuti a «interrogatori brutali e torture». La violenza è stata esercitata a colpi di bastoni, pugni, colpi d’arma da fuoco, elettrocuzione, confino in cubi di metallo.

Le informazioni verificate indicano che almeno sei detenuti sono stati stuprati a Mittiga.

Secondo il materiale a disposizione della CPI, almeno quattro detenuti sono morti a causa di colpi d'arma da fuoco, 12 per comportamenti equiparabili a tortura o altri maltrattamenti gravi, 16 per mancanza di cure mediche adeguate e almeno due perché costretti a dormire nel cortile della prigione nonostante la temperatura gelida.

Almeno 36 persone sono state ridotte in schiavitù, incluso un bambino di 9 anni.

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