BielorussiaLukashenko verso la rielezione per un settimo mandato
SDA
26.1.2025 - 19:48
Ignorando gli attacchi dell'opposizione e le sanzioni dell'Ue, Alexander Lukashenko si fa incoronare presidente della Bielorussia per un settimo mandato, per rimanere al potere fino al 2030 e garantire l'alleanza di ferro con Vladimir Putin, che fino allo stesso anno dovrebbe rimanere al Cremlino. I risultati di un exit poll diffusi subito dopo la chiusura dei seggi, danno il capo di Stato uscente vincitore nelle presidenziali con l'87,6% dei voti e un'affluenza superiore all'80%.
Keystone-SDA
26.01.2025, 19:48
26.01.2025, 19:49
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In Bielorussia vige una «democrazia brutale», aveva affermato in mattinata Lukashenko, nella traduzione della Afp, parlando ai giornalisti subito dopo aver deposto la scheda nell'urna. Un modello di «democrazia» che lo vede al potere dal 1994 e che gli ha consentito di rinsaldare il suo controllo sul Paese dopo la vasta repressione delle proteste seguite alle precedenti elezioni parlamentari, nel 2020, che ha portato in carcere attivisti dell'opposizione, giornalisti, membri di organizzazioni non governative e manifestanti.
Secondo l'Onu, oltre 300.000 persone hanno preso la via dell'esilio, su una popolazione di 9 milioni. Mentre secondo le organizzazioni per la difesa dei diritti umani sono attualmente oltre 1.200 i prigionieri politici. Tra questi il Premio Nobel per la Pace Ales Bialiatski e Serghei Tikhanovsky, marito della leader dell'opposizione, Svetlana Tikhanovskaya, riparata all'estero.
Manifestazione a Varsavia
In una manifestazione tenuta domenica a Varsavia, Tikhanovskaya ha definito Lukashenko «un criminale che ha preso il potere» e ha denunciato come «una farsa» le elezioni, alle quali sono stati ammessi insieme con lui quattro candidati semisconosciuti.
La leader dell'opposizione è attesa domani al Consiglio Affari Esteri a Bruxelles, dove il dossier Bielorussia sarà sul tavolo dei 27. Dopo avere affermato che Lukashenko «non ha alcuna legittimità», la responsabile della politica estera dell'Unione europea, Kaja Kallas, ha annunciato che l'Unione «continuerà a imporre misure restrittive e mirate contro il regime».
«La democrazia esige elezioni libere, eque e trasparenti, e questo non è il caso della Bielorussia», ha insistito Kallas.
Lukashenko non apre il dialogo
Ma Lukashenko ha risposto che non ha alcuna intenzione di aprire un dialogo con Tikhanovskaya, che nelle elezioni del 2020 aveva corso come candidata contro di lui. Chi è andato in esilio ha già fatto la sua scelta, ha chiarito l'uomo forte della Bielorussia: «Non abbiamo spinto nessuno a lasciare il Paese», ha aggiunto.
Ai commenti di Bruxelles, poi, la risposta è stata sprezzante. «Credetemi, per me non fa alcuna differenza se riconoscono le elezioni o no», ha detto. «Siamo pronti – ha aggiunto il presidente – a dialogare con l'Unione europea, anche con coloro che hanno perseguito una politica aggressiva contro di noi. Siamo sempre stati pronti. Ma voi non lo volete. E quindi, dobbiamo inchinarci o strisciare sulle nostre ginocchia?».
Confermata l'alleanza con Putin
Lukashenko ha invece confermato l'alleanza con Putin, che si è andata rafforzando dopo la repressione del 2020 e con l'avvio dell'operazione militare russa in Ucraina, nel febbraio del 2022, quando una parte delle truppe d'invasione di Mosca varcarono il confine dal territorio bielorusso.
Rispondendo a una domanda dell'Afp, il presidente ha detto di non essersi pentito di quella decisione. Lo scorso anno Mosca ha anche dichiarato di avere schierato armi nucleari tattiche in Bielorussia, e Lukashenko ha fatto sapere ora che «entro pochi giorni» dovrebbe essere installato sul territorio del suo Paese anche un sistema di lancio del nuovo missile balistico ipersonico russo Oreshnik, con una gittata di migliaia di chilometri.
L'alleanza di Minsk con Mosca appare dunque sempre più solida, così come la presa sul potere di Lukashenko, in questo Paese stretto fra l'Unione europea, la Russia e l'Ucraina.
Ma colui che i media occidentali hanno definito «l'ultimo dittatore d'Europa» respinge i sospetti di chi pensa che, giunto ai 70 anni, stia preparando il passaggio del potere a uno dei tre figli. Quello più giovane, Nikolai, «non lo contempla nemmeno nel suo peggiore incubo», e comunque «nessuno dei miei figli» lo vorrebbe, ha assicurato.