Le proteste in Georgia Durante il quinto giorno di caos, Mosca avverte: «C'è il tentativo di realizzare un nuovo Maidan»

SDA

2.12.2024 - 22:19

Prosegue la repressione dei manifestanti pro-Ue.  
Prosegue la repressione dei manifestanti pro-Ue.  
KEYSTONE

Dopo quattro giorni di proteste, scontri e arresti di massa, la Georgia è sull'orlo del baratro. Nel Paese caucasico, alla luce della contestatissima vittoria alle elezioni dei filo-russi di Sogno Georgiano e, soprattutto, con l'annuncio dello stop al percorso di adesione all'Ue, l'ira della piazza appare irrefrenabile.

La giornata di lunedì ha visto svilupparsi il quinto giorno di manifestazioni.

In decine di migliaia sono scesi per le strade della capitale e non solo, affrontando una repressione che si fa via via più violenta. Mentre, da Mosca, è arrivato un lugubre avvertimento: «C'è il tentativo di realizzare un nuovo Maidan, una nuova rivoluzione arancione», ha avvertito il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov tracciando un parallelo tra le proteste di Tbilisi e quanto è avvenuto a Kiev tra la fine del 2013 e il febbraio del 2014.

«Trattamenti inumani»

La scure della repressione ha il volto soprattutto delle cosiddette forze speciali: i loro membri non sono identificabili e agiscono con il volto totalmente coperto da caschi. Il ricorso all'uso della forza è esteso e va dai manganelli ai gas lacrimogeni, fino agli idranti. Nelle ultime ore, sono cominciati a fioccare arresti e feriti.

Tra i fermati figurano diversi giornalisti e uno dei leader del partito di opposizione Coalizione per il cambiamento, Zurab Japaridze. «Ho visto tante proteste durante il periodo sovietico. Ma una tale aggressività – verso gli anziani, verso i ragazzi più giovani, verso le donne – è incredibile», ha raccontato un testimone alla «Cnn», laddove la gran parte degli arrestati ha affermato di aver subito «violenze e trattamenti inumani».

Anche le scuole in sciopero

Lunedì sera, però, i manifestanti filo-Ue ("l'80% della popolazione, secondo i sondaggi commissionati da alcune Ong indipendenti") sono tornati a marciare in direzione del Parlamento georgiano a Tbilisi ma anche in altre città del Paese, come Zugdidi o Zestaponi.

E dopo le dimissioni di decine di diplomatici georgiani in segno di protesta, il dissenso ha coinvolto anche le scuole: centinaia di studenti a Tbilisi, Kutaisi e in altri centri hanno abbandonato le aule durante gli orari di lezione e sono scesi in piazza. A loro, subito dopo, si sono uniti i professori.

Lo scontro finale si avvicina, ma l'esito si sa già

Le proteste stanno portando alla paralisi politica. Il premier filo-russo Irakli Khobadidze ha accusato i manifestanti di aver attaccato le sedi di Sogno Georgiano e di volere «una guerra civile».

«La protesta è finanziata dall'estero», ha sostenuto il capo del governo riprendendo le fila di un racconto caro al Cremlino. Dall'altro lato la presidente europeista Salomé Zurabishvili si prepara allo scontro finale.

Il 29 dicembre, le ha intimato Khobadidze, dovrà lasciare l'incarico visto che, il 14, il Parlamento georgiano sceglierà un nuovo presidente, usufruendo di un sistema elettorale che di fatto blinda la vittoria di un esponente filo-governativo.

Ne discuterà l'Ue

Il caos georgiano è destinato a finire sul tavolo dell'Ue nei prossimi giorni. I Paesi baltici spingono per la messa a punto di estese sanzioni, la Commissione per ora prende tempo, limitandosi a condannare le violenze contro i manifestanti.

Il 16 dicembre il dossier sarà discusso dai ministri degli Esteri dei 27.

«Serve che l'Ue passi dalle parole ai fatti, serve un chiaro sostegno morale e politico», è stato l'appello lanciato da Zurabishvili, secondo la quale c'è un filo rosso che lega la vittoria risicatissima degli europeisti in Moldavia, il boom dell'estrema destra filo-russa in Romania e quanto avviene a Tbilisi: la «propaganda e la strategia ibrida» di Mosca, la stessa che, all'interno dell'Ue, punta a minare il sostegno all'Ucraina.

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