Politica Il «contratto» di Farage, è sfida a Tory e Labour in Gran Bretagna

SDA

17.6.2024 - 19:06

Sono gli obiettivi dichiarati da Nigel Farage, già tribuno della Brexit e redivivo leader di Reform UK nel programma elettorale illustrato oggi in Galles.
Sono gli obiettivi dichiarati da Nigel Farage, già tribuno della Brexit e redivivo leader di Reform UK nel programma elettorale illustrato oggi in Galles.
KEYSTONE

Una spallata ai conservatori in declino di Rishi Sunak alle elezioni del 4 luglio per ridisegnare gli equilibri secolari della politica britannica; e l'ambizione di diventare dopo il voto del 2029 il nuovo asse portante della destra d'oltre Manica.

17.6.2024 - 19:06

Sono gli obiettivi dichiarati da Nigel Farage, già tribuno della Brexit e redivivo leader di Reform UK (forza emergente descritta come populista dai detrattori), nel programma elettorale illustrato oggi in Galles: «Non un manifesto», per differenziarsi dai partiti tradizionali, ma «un contratto» con i britannici che richiama alla memoria – almeno nell'etichetta – quello offerto da Silvio Berlusconi agli elettori italiani 23 anni fa.

Un'occasione d'oro per rinfrescare la sua retorica ultrà, divisiva quanto efficace sugli umori e i malumori di certi strati profondi della popolazione isolana.

E per lanciare una doppia sfida: quella immediata alla malmessa imbarcazione Tory, incamminata sondaggi alla mano verso una disfatta potenzialmente epocale alle urne dopo 14 anni di caotico ciclo di potere.

E quella di più lungo periodo contro il Labour neomoderato di sir Keir Starmer, destinato quasi per inerzia al trionfo a luglio grazie più al logoramento del partito di Sunak che non alle proprie proposte (caute quanto vaghe).

Reform in ascesa nei sondaggi più recenti

Scenario nel quale Reform appare oggi la sola formazione in ascesa in tutti i sondaggi più recenti. Fino addirittura a essere indicata – dal solo istituto YouGov, per ora – come in grado addirittura di superare i Tories già a questo giro a livello di consensi percentuali (19% contro il 18, con i laburisti dati al 37%), sebbene non certo di ripartizione dei seggi.

Per cavalcare l'onda, il 60enne Farage ha evocato un «contratto» infarcito di rilanci sulle promesse altrui, consapevole che nella prossima legislatura non gli toccherà comunque governare né affrontare la prova dei fatti.

Con esenzioni fiscali a pioggia (niente tasse fino a 20'000 sterline di reddito annuo), congelamento a quota zero dell'immigrazione (con uscita del Regno Unito dalla giurisdizione della Corte Europea dei Diritti Umani e «stop agli sbarchi in 100 giorni» d'ipotetico governo), riforma del servizio sanitario nazionale pubblico (Nhs), annacquamento degli impegni sulla costosa transizione green, revisione degli accordi post Brexit faticosamente raggiunti con l'Ue in anni di negoziati dopo il referendum del 2016.

Una demagogia a buon mercato secondo gli avversari

Demagogia a buon mercato, secondo gli avversari, ma in grado di solleticare la sua platea di riferimento, riunita questa volta a Merthyr Tydfil: scelta non casuale, in Galles, unica nazione del Regno già governata localmente dal partito di sir Keir (e alle prese con crisi e scandali) «per mostrare a tutti cosa succede dove il Labour è al potere».

Da parte sua, Farage parla di «proposte radicali che rappresentano un modo di pensare nuovo, fuori dagli schemi», rinfacciando a Sunak di aver trascinato il Paese verso «il declino» e Starmer di volerlo portare «alla bancarotta».

Non senza ribadire di essere convinto in ogni modo che i Tories abbiano già perso le elezioni di luglio e rivendicare apertamente a Reform UK il ruolo di «vera forza di opposizione» al Labour del futuro.

Non una sconfitta, ma una debacle devastante

Un traguardo tutto da raggiungere, forse velleitario (come in passato), ma che neppure gli analisti più mainstream si sentono ora di escludere del tutto.

Mentre fra gli stessi ministri di Sunak lo spettro non pare più quello d'una mera sconfitta, ma quello (evocato pubblicamente da più d'un notabile) di una debacle talmente devastante da regalare ai laburisti «una super maggioranza» senza precedenti di oltre 450 seggi: con l'attuale partito di governo ridotto secondo i calcoli di più pessimistici persino sotto i 100 deputati (contro i 365 conquistati nel 2019 da Boris Johnson) e non in grado di coprire nemmeno i banchi riservati all'opposizione alla Camera dei Comuni.

Qualcosa di mai accaduto in quasi due secoli di alternanza al potere costante al vecchio Tory Party: fin da quando Robert Peel lo fondò nel lontano 1834.

SDA