Guerra in Medio Oriente Israele avrebbe sparato sulla folla in attesa degli aiuti, almeno 20 morti

SDA

25.1.2024 - 21:40

Una veduta del campo profughi di Al Bureij nel sud della Striscia di Gaza.
Una veduta del campo profughi di Al Bureij nel sud della Striscia di Gaza.
KEYSTONE

Nella cronologia della guerra di Gaza, condotta senza esclusione di colpi, entra un nuovo episodio buio, anche se ancora controverso. La denuncia è arrivata da Hamas, secondo cui Israele avrebbe sparato sulla folla in attesa di aiuti umanitari a Gaza City provocando una strage, almeno 20 morti e 150 feriti.

«Stiamo verificando», è stata la prima cauta risposta fatta filtrare dall'esercito, che più volte in questo conflitto è stato accusato di non fare abbastanza per proteggere i civili. Critiche dure, anche degli Stati Uniti, che allo stesso tempo non rinunciano alla speranza di una tregua.

Nei prossimi giorni ci proverà il capo della CIA William Burns, inviato sul campo dal presidente Joe Biden per facilitare il rilascio di tutti gli ostaggi ancora detenuti.

«L'occupazione israeliana ha commesso un nuovo massacro contro migliaia di bocche affamate che aspettavano aiuti umanitari alla rotonda del Kuwait», alla periferia di Gaza City, «provocando 20 martiri e 150 feriti», ha affermato il portavoce del ministero della Sanità controllato da Hamas. Che in una dichiarazione successiva ha parlato di attacco «deliberato» su un «raduno di cittadini».

Israele non conferma né smentisce

Testimoni ascoltati dai giornalisti stranieri sul posto hanno assicurato di essere stati presi di mira dagli israeliani, mentre numerose vittime sono state portate negli ospedali di al-Shifa e al-Ahli.

La CNN ha anche fatto riferimento ad un video in cui si vedono decine di persone in fuga, con il rumore di spari in lontananza, nella stessa area dove si sarebbe verificato l'attacco israeliano. Lo Stato ebraico non ha confermato né smentito, salvo l'indicazione dell'esercito che si stavano verificando le accuse.

Le notizie arrivate da Gaza City hanno riportato comunque ad un altro episodio che mercoledì aveva visto coinvolti civili: un rifugio dell'UNHCR a Khan Yunis colpito da due colpi di carro armato, con un bilancio aggiornato di 12 morti e 75 feriti.

Un attacco su cui ha espresso «preoccupazione» la Casa Bianca, ricordando a Israele che «mantiene la responsabilità di proteggere i civili, compreso il personale e i siti umanitari».

Lo Stato ebraico torna a scagliarsi contro l'ONU

Lo Stato ebraico invece è tornato a scagliarsi contro l'ONU, in particolare l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS). Accusata di «ignorare le prove» che i miliziani utilizzino gli ospedali della Striscia «per fini terroristici».

Un altro effetto del protrarsi della guerra è l'aumento delle proteste della popolazione, sia israeliana che palestinese. A Khan Yunis centinaia di persone hanno marciato con bandiere bianche chiedendo la pace e mostrando taniche d'acqua vuote. Anche Hamas è nel mirino, perché lucrerebbe sugli aiuti internazionali.

Sul lato israeliano, al valico di Kerem Shalom, il transito dei convogli umanitari è stato bloccato per il secondo giorno consecutivo dai familiari degli ostaggi, che chiedono il rilascio dei loro familiari.

Il dossier è ora nelle mani del capo della CIA

Proprio per sbloccare questa impasse Biden ha deciso di affidare il dossier nelle mani di Burns. Il capo della CIA, secondo fonti del Washington Post, andrà in Europa nei prossimi giorni per incontrare i capi dell'intelligence israeliano e egiziano e il primo ministro del Qatar.

L'obiettivo, arrivare ad un accordo tra Hamas e Israele che includerebbe il rilascio di tutti i restanti ostaggi e due mesi di cessate il fuoco: la più lunga pausa delle ostilità da quando è iniziata la guerra a Gaza.

Per il capo dell'intelligence americana la strada si annuncia in salita, perché i rapporti tra Israele e i Paesi arabi più impegnati nella mediazione appaiono gelidi. Come dimostrano le recenti tensioni tra Benyamin Netanyahu e il governo di Doha.

Per il premier israeliano si prospetta poi un'altra giornata sulla graticola. Domani infatti si attende un primo pronunciamento della Corte internazionale di giustizia dopo la causa per genocidio intentata dal Sudafrica. L'Aja non si esprimerà ancora su questo ma potrebbe ingiungere un cessate il fuoco, da sottoporre in seguito al voto del Consiglio di sicurezza dell'ONU.

Hamas ha già fatto sapere che rispetterà un'eventuale tregua, ma solo se lo farà anche Israele. Lo Stato ebraico, nel frattempo, ha ostentato sicurezza: «Ci aspettiamo che la Corte respinga le false accuse».

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