Gran Bretagna Boris Johnson: «Controlli soft in Irlanda»

ATS

1.10.2019 - 20:13

Il primo ministro Boris Johnson
Il primo ministro Boris Johnson
Source: KEYSTONE/EPA/NEIL HALL

Fuochi d'artificio metaforici, ma anche tensioni reali fino alla rissa nella penultima giornata del congresso del Partito Conservatore britannico di Boris Johnson in corso a Manchester.

In attesa del suo discorso di chiusura, il premier Tory ha preannunciato oggi, in un'intervista alla Bbc, l'ufficializzazione ormai imminente delle sue proposte dell'undicesima ora all'Ue sulla Brexit: ultima chance per un nuovo accordo di divorzio entro la scadenza del 31 ottobre che, a dispetto di una legge pro rinvio imposta dalle opposizioni in Parlamento, egli continua a proclamare invalicabile. Anche a costo d'un ipotetico, temutissimo no deal.

Johnson si è mostrato dialogante e ottimista

Nella versione Bbc, Johnson si è mostrato dialogante e ottimista, evocando «proposte molto costruttive e di ampia portata» per un'intesa depurata secondo i suoi desiderata in particolare dalla clausola «antidemocratica» del backstop a garanzia di un confine senza barriere fra Irlanda del Nord e Irlanda.

Proposte che arriveranno nel dettaglio a Bruxelles in settimana (domani, scrive il Financial Times), ma su cui il primo ministro ha già dato delle anticipazioni: evocando alcuni controlli doganali al confine irlandese alla stregua di «una realtà» inevitabile, non appena il Regno sarà fuori – come lui ha promesso – tanto dall'Ue quanto da unione doganale e mercato unico, «ma assolutamente minimi» e senza «nuove infrastrutture».

Incalzato sulle prime reazioni negative del governo di Dublino di fronte a indiscrezioni – solo in parte smentite – che ipotizzano questi controlli come una rete di checkpoint sparpagliati fra le 300 strade di una frontiera lunga oltre 500 chilometri, e semplicemente allontanati dalla linea di confine di 5-10 miglia sui due lati, BoJo ha poi affermato di avere «grande rispetto per tutti coloro che sono in ansia, specialmente in Irlanda».

Un'ultima fase di «negoziati duri»

E tuttavia s'è detto fiducioso che le sue imminenti offerte, prese nel loro complesso, siano giudicate «buone e creative», degne di una risposta almeno possibilista dai 27. Seppure non senza riconoscere che da sole non basteranno a chiudere la partita e dando anzi per scontata fin d'ora un'ultima fase di «negoziati duri» sulla loro base.

Una fase di tensione che del resto si ripercuote con forza sulla scena interna britannica. Accusato (oltre le polemiche sulle presunte scivolate private) di voler deliberatamente incendiare i toni con una retorica avvelenata per puro tornaconto elettorale, Johnson ha negato tutto. Glissando sui riferimenti bellicosi alla «resa», se non al tradimento, rivolti anche in questi giorni agli oppositori, dal leader laburista Jeremy Corbyn in giù. E dicendosi invece convinto che «le passioni scemeranno» una volta che la Brexit sarà «attuata il 31 ottobre», nel rispetto del risultato del referendum del 2016.

L'atmosfera resta in effetti rovente

Ma l'atmosfera permane in effetti rovente. Come conferma l'episodio che a Londra ha visto protagonista un giovane, bloccato appena in tempo dalla polizia dinanzi a Westminster dopo essersi cosparso con un liquido e aver minacciato di darsi fuoco con accanto un cartello pro Brexit: 'We Voted Leave'.

O ancora, a Manchester, nel complesso congressuale dell'ex stazione ferroviaria ottocentesca che ospita la conferenza annuale Tory, la lite ai limiti della zuffa scatenatasi fra un deputato di lungo corso, il 66enne sir Geoffrey Clifton-Brown, e un addetto alla sicurezza reo solo d'aver cercato di fermarlo poiché non aveva con sé il pass. Parapiglia sfociato in un'allerta generale – con lockdown e intervento in forze dei poliziotti – e concluso con l'espulsione dall'assise di sir Geoffrey.

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