Hawaii Uno svizzero che vive a Maui: «L'inferno, in strada persone morte e animali domestici carbonizzati»

Di Cyrill Treptow e Gil Bieler

19.8.2023

L'inferno di Maui
L'inferno di Maui
red

Un catastrofico incendio ha portato distruzione e sofferenza alle Hawaii. Lo zurighese Mike Jucker vive a Maui. In un'intervista a blue News ci parla dell'inferno che ha vissuto, di quello che è rimasto sull'isola e delle sue speranze per il futuro.

Di Cyrill Treptow e Gil Bieler

Hai fretta? blue News riassume per te

  • Dall'8 agosto devastanti incendi boschivi hanno distrutto la gran parte delle città delle isole hawaiane di Maui e Big Island. Oltre 100 persone hanno perso la vita.
  • Mike Jucker, nato a Zurigo, vive da anni a Maui, vicino alla cittadina di Lahaina, che è stata particolarmente colpita dalle fiamme.
  • «C'erano alcuni morti per strada, animali domestici carbonizzati», racconta Jucker a blue News, dopo essere tornato per la prima volta in città.
  • La vita quotidiana degli abitanti dell'isola è ancora piena di ostacoli e difficoltà.

«È un'esperienza davvero dura, che non auguro a nessuno di vivere», ci dice Mike Jucker. «Ora bisogna ricostruire un'intera città». Sta parlando di quello che hanno causato i devastanti incendi che hanno letteralmente travolto Lahaina. Più di 100 persone sono state uccise e la distruzione sia a Maui che sulla Big Island è enorme.

Originario di Zurigo, Jucker vive con la moglie e i tre figli a Maui, vicino a Lahaina, dove ha un negozio di skate. La piccola città di 13.000 abitanti è stata colpita duramente. 

Il surfista per hobby, che lavora anche part-time in un hotel, è emigrato circa 25 anni fa, dopo un viaggio iniziato un po' per caso. Il «sogno dell'estate eterna» lo ha poi condotto alle Hawaii. Per l'appassionato di snowboard e skateboard, il salto sulla tavola da surf era scontato.

La catastrofe degli incendi a Maui lo ha lasciato sconcertato. Purtroppo già in passato l'isola è stata confrontata con roghi di questo tipo, anche se su scala minore. «Qui ci sono molti roghi di boscaglia e le infrastrutture sono in uno stato desolante», racconta ancora Jucker a blue News. «Le linee telefoniche ed elettriche passano semplicemente su pali di legno».

La tempesta di Föhn una cattiva premonizione

Ricorda ancora chiaramente quell'8 agosto. «Era una bella giornata, con un cielo di un bellissimo blu». Ma all'improvviso si è alzato un vento fortissimo. «Una vera tempesta di Föhn, con raffiche fino a 80-90 km/h». Questo ha fatto sì che alcune persone si sentissero addirittura male.

Jucker e sua moglie sono rimasti a casa, a circa dieci chilometri dalla città. Erano già senza elettricità.

«Ma non sono riuscito a trattenermi e nel pomeriggio sono andato in spiaggia con la tavola da surf. È stato allora che ho visto alzarsi del fumo nero». Sapeva che non era un buon segno. «Dovevano esserci delle case in fiamme», spiega Jucker. Si è quindi recato all'aeroporto, che si trova in una zona sopraelevata, da cui aveva una vista migliore sulla città.

Era sbalordito e sospettava che sarebbe successo qualcosa di brutto: molti edifici di Lahaina erano infatti strutture in legno degli anni Cinquanta e Sessanta. «Se una casa prende fuoco, brucia tutto il quartiere. Ed è quello che è successo».

«Lahaina era un infermo»

La sera i Jucker sono andati a dormire con una sensazione di nausea. La mattina dopo un'amica si è presentata alla loro porta. «Ci disse che aveva passato la notte in un parcheggio. E ha chiesto se poteva usare il nostro bagno».

I Jucker si sono recati immediatamente al parcheggio in questione, un grande spazio della città situato tra i negozi. «Lì erano radunate centinaia di persone, tutte costrette a fuggire dalle fiamme», ricorda. Naturalmente, tutti ipotizzavano quanto fosse grave la situazione in città.

L'incertezza attanagliava anche Mike Jucker. Non è riuscito a trattenersi a lungo: verso l'ora di pranzo è quindi andato a vedere come stava il suo negozio che vende skate. Con un amico, ha guidato per le strade di campagna fino alla città. Con grande sollievo, ha potuto constatare che la struttura era ancora in piedi. Il motivo? «Perché per mia fortuna si trova in un quartiere di edifici in cemento».

Ma naturalmente i due volevano anche vedere come stavano le case dei loro amici e conoscenti. E lì hanno trovato un quadro completamente diverso. «Lahaina era un inferno. C'erano persone morte che giacevano per strada, animali domestici carbonizzati», riferisce Jucker. Uno shock. «Per noi era troppo, abbiamo dovuto ripartire in macchina».

«Qui non è tutto così ben organizzato come in Svizzera»

I pompieri non hanno potuto fare molto dato che c'erano venti molto forti, commenta l'espatriato a proposito del lavoro di spegnimento degli incendi. Inoltre, le squadre di emergenza si sono concentrate su altri fronti, poiché Maui è considerata relativamente sicura.

L'organizzazione delle forze per gestire quanto stava succedendo ha richiesto alcuni giorni: «Qui non è tutto così ben strutturato come in Svizzera». La gestione dell'accesso alla città è stata inizialmente piuttosto caotica, sebbene esistesse solo una vera via per arrivarci e una specie di strada di passaggio.

Per molto tempo, solo i locali hanno potuto entrare e uscire dalla città. Solo negli scorsi giorni la strada è stata completamente riaperta. Ma rimane il fatto che l'incendio ha sconvolto la vita sull'isola. Jucker spiega che l'accesso a Internet è solo sporadico, tanto che blue News è riuscito a raggiungere lo svizzero espatriato solo dopo diversi giorni. Comunicare con il mondo esterno è quindi molto difficile.

Anche la vita quotidiana della famiglia è in uno stato di emergenza. La scuola pubblica, dove i figli gemelli di Jucker frequentano la seconda media, ha consigliato di mandare i bambini in un'altra scuola. I Jucker sono quindi tornati a studiare a casa, come durante la pandemia. Grazie alle borse di studio e ai buoni voti, la figlia frequenta invece una scuola privata.

Con degli appelli alle donazioni, si sta ora cercando di garantire che anche altri studenti possano frequentare questa scuola privata per un anno. «Vivono molte persone a Maui», spiega Jucker. È speranzoso sul fatto che saranno raccolti abbastanza soldi. 

«Non ce la faremo senza il turismo»

Il paradiso delle vacanze è quindi stato scosso nelle sue fondamenta, le immagini delle fiamme hanno fatto il giro del mondo. Jucker sa che la ricostruzione richiederà molto tempo. «E non ce la faremo senza il turismo».

Questo ramo dell'economia è troppo importante per la popolazione locale. Le strutture alberghiere sono state risparmiate dalle fiamme, ma non le case dei dipendenti «che hanno perso il loro tetto» e molti vengono quindi accolti dagli hotel dove lavorano.

«Questo disastro è diverso da quello che ha causato il Covid, quando c'erano ancora i soldi dello Stato», commenta Jucker. Presto i turisti dovranno riportare i soldi a Maui. Questo non è importante solo per la sopravvivenza degli hotel, ma anche per far ripartire la sua attività. Jucker è convinto che si possa fare: «Spero che gli ospiti in vacanza partecipino alla ricostruzione».

Anche Jucker vuole contribuire. A tal fine, ha lanciato una campagna di raccolta fondi. Il denaro raccolto sarà destinato alle «famiglie locali che stanno ricostruendo le loro case e le loro vite».

Con il suo «Stand Up Magazine», Jucker documenterà la ricostruzione: «Fino all'ultima casa».

In collaborazione con Jan-Niklas Jäger.

Qui l'intervista video, in tedesco, a Mike Jucker:

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