Inondazioni Uno studio ambizioso suggerisce di arginare il mar del Nord

phi

27.2.2020

Un progetto stravagante: chiudere il mar del Nord e il mar Baltico con delle dighe.
Un progetto stravagante: chiudere il mar del Nord e il mar Baltico con delle dighe.
Groeskamp

Se il livello del mare dovesse salire, i 15 paesi dell’Unione Europea che si affacciano sul mar del Nord e sul mar Baltico dovranno unire le loro forze nella prevenzione delle inondazioni, suggerisce uno studio, che propone di erigere diverse centinaia di chilometri di dighe nel mar del Nord.

È certo che il livello del mare sta aumentando: l’unico dubbio è ormai sapere di quanti metri salirà l’acqua. Se il suo livello dovesse aumentare, la massa continentale europea avrà poco margine di manovra: la metà della zona costiera tedesca, che si estende per dieci chilometri in fiordi e piane umide, si trova infatti a meno di cinque metri al di sopra del livello del mare.

Nei Paesi Bassi e in Belgio, il fenomeno riguarda l’85% della zona costiera, mentre le percentuali si attestano al 30% in Danimarca e al 22% in Polonia. I 15 paesi europei che si affacciano su questi mari sono obbligati ad agire: che il mare risalga di un metro, di tre metri o di sei metri, la prevenzione delle inondazioni dovrà giocare un ruolo importante. Sono da preventivare ovviamente ingenti spese per la costruzione di costose dighe.

Tuttavia, stando al parere di un ricercatore olandese e di uno svedese, gli europei non devono lavorare ciascuno per conto proprio, ma ragionare in larga scala e impiegare imponenti mezzi. I due studiosi propongono di chiudere il mar del Nord con l’aiuto di enormi dighe per regolare la quantità d’acqua qui contenuta, e di fare lo stesso lavoro per il mar Baltico.

Tre dighe al posto di 15 soluzioni isolate

Il loro studio pubblicato nel «Bulletin of the American Meteorological Society» mostra inoltre l'aspetto concreto che potrebbe avere il progetto: da una parte, il mare del Nord dovrebbe essere chiuso a sud tra la Bretagna e la Cornovaglia per una lunghezza di 161 chilometri. D’altra parte, gli scienziati immaginano una barriera tra la Scozia e la Norvegia, che sarebbe composta da uno sbarramento di 145 chilometri di lunghezza tra la punta nord delle isole britanniche e le isole Shetland, oltre che da una diga di 331 chilometri fino al litorale norvegese.

La diga meridionale dovrebbe essere costruita nella manica, tra la Cornovaglia e la Bretagna.
La diga meridionale dovrebbe essere costruita nella manica, tra la Cornovaglia e la Bretagna.
Google Maps

Questo potenziale cantiere del secolo è stato battezzato «North European Enclosure Dam» (NEED) dai suoi progettisti, l’oceanografo olandese Sjoerd Groeskamp e l’esperto climatico svedese Joakim Kjellsson. Il suo costo: tra i 265 e i 530 miliardi di franchi. I padri del progetto non desiderano necessariamente incaricarsi della sua messa in opera.

Lo sbarramento settentrionale, molto più lungo, collegherebbe il continente scozzese alle isole Shetland (al centro) e partirebbe poi verso est fino al litorale norvegese.
Lo sbarramento settentrionale, molto più lungo, collegherebbe il continente scozzese alle isole Shetland (al centro) e partirebbe poi verso est fino al litorale norvegese.
Google Maps

Alla ricerca di pionieri

In effetti, la chiusura del Mar del Nord e del mar Baltico avrebbe conseguenze considerevoli in diversi ambiti – dalla fauna selvaggia ai settori della pesca e del trasporto marittimo – spiega a «Spiegel Online» Joakim Kjellsson, del centro di ricerca Geomar stabilito a Kiel.

Innanzitutto, si dovrebbe far fronte a una serie di sfide tecniche: le pompe più potenti in questo momento hanno una portata di 500 metri cubi al secondo. Tuttavia, per gestire l’acqua portata nel mar del Nord dai fiumi, sarebbero necessarie delle pompe capaci di gestire 40’000 metri cubi al secondo.

L’incisione su rame intitolata «Die erschreckliche Wasser-Fluth» mostra l’orrore dell’inondazione causata dalla tempesta Buchardi, sopraggiunta nel XVII secolo.
L’incisione su rame intitolata «Die erschreckliche Wasser-Fluth» mostra l’orrore dell’inondazione causata dalla tempesta Buchardi, sopraggiunta nel XVII secolo.
Gemeinfrei

La principale ragione nel non concretizzare questo cantiere è tuttavia assolutamente diversa, sottolinea Joakim Kjellsson: «La migliore opzione resta quella di lottare contro il cambiamento climatico e di impedire che una tale soluzione diventi necessaria.»

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