Banche CPI: naufragio CS; colpa della direzione, carenze da autorità

mp, ats

20.12.2024 - 16:59

La Commissione parlamentare d'inchiesta (CPI), con al centro la sua presidente Isabelle Chassot, ha presentato oggi il rapporto finale di oltre 500 pagine.
La Commissione parlamentare d'inchiesta (CPI), con al centro la sua presidente Isabelle Chassot, ha presentato oggi il rapporto finale di oltre 500 pagine.
Keystone

Gli anni di cattiva gestione di Credit Suisse (CS) sono stati all'origine del suo tracollo nel marzo 2023. Le autorità federali non hanno colpe, ma hanno accumulato carenze a tutti i livelli, ha sostenuto oggi la Commissione parlamentare d'inchiesta (CPI).

Keystone-SDA, mp, ats

Nel rapporto finale – di oltre 500 pagine – la CPI non si dichiara sorpresa del naufragio di CS. «Dopo anni di cattiva gestione, non ci voleva molto per destabilizzare l'istituto», ha ricordato in una conferenza stampa a Berna il «senatore» e membro della CPI Matthias Michel (PLR/ZG). Il consiglio di amministrazione e la direzione del CS sono responsabili della crisi esistenziale di quella che era allora la seconda banca svizzera.

I vertici sono stati reticenti ai numerosi interventi dell'Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari (FINMA), ha dichiarato la sua collega e presidente della CPI, Isabelle Chassot (Centro/FR).

La commissione d'inchiesta non ha riscontrato alcun comportamento scorretto da parte delle autorità federali, anche se queste ultime hanno accumulato lacune a tutti i livelli, ha sostenuto la «senatrice» friburghese. La commissione ritiene che alcune decisioni siano state prese troppo tardi. «È ora indispensabile trarre insegnamenti dalla gestione della crisi».

È già la seconda volta che lo Stato deve intervenire per evitare il fallimento di una banca di rilevanza sistemica, e la Svizzera dispone ora di una sola banca «too big to fail» (troppo grande per fallire), secondo la CPI, che ha presentato numerose raccomandazioni e depositato diversi interventi parlamentari in merito.

Decisioni ritardate

Sebbene la Confederazione sia stata leader nella regolamentazione bancaria fino al 2015, dopo tale data gli strumenti hanno iniziato a scarseggiare, ha deplorato il consigliere nazionale Thomas Matter (UDC/ZH).

Il Consiglio federale e il parlamento hanno accordato insufficiente importanza ai requisiti delle banche sistemiche nell'ambito del regolamentazione «too big to fail». Le scadenze sono state prorogate e gli adeguamenti agli standard internazionali sono stati ritardati.

Il governo si è dimostrato troppo esitante, soprattutto quando si è trattato di introdurre un meccanismo di garanzia statale della liquidità (Public Liquidity Backstop, PLB). Mentre la FINMA e la Banca nazionale svizzera (BNS) chiedevano l'introduzione di questo sistema entro il 2018, il Consiglio federale ha definito le tappe solo nel 2022 e ha dovuto agire tramite il diritto di necessità durante la crisi, ha sottolineato Matter.

Con il loro intervento, le autorità politiche hanno comunque evitato, seppure in extremis, una crisi finanziaria globale.

Avvertimenti senza effetti

Nel suo rapporto, la CPI critica inoltre la parziale inefficacia della FINMA. La sua vigilanza ha avuto un effetto limitato. E nonostante gli avvertimenti, Credit Suisse ha accumulato gli scandali.

La commissione si è rammaricata che, all'epoca, la FINMA non abbia pronunciato il ritiro dell'attestato di attività irreprensibile per il CS. Anzi, ha concesso ampi alleggerimenti in materia di fondi propri alla banca, il che ha avuto un impatto sul suo patrimonio.

Secondo Matter, «il filtro normativo accordato ha nascosto la reale situazione finanziaria della grande banca». Senza questo filtro, Credit Suisse non avrebbe più rispettato i requisiti di adeguatezza patrimoniale già nel 2021.

Tuttavia, la FINMA ha intensificato la sua sorveglianza della banca a partire dall'estate 2022 e ha fatto pressione affinché migliori le misure di emergenza. In ottobre è stato poi elaborato un piano di risanamento, a seguito dei massicci deflussi di capitale.

Dal canto suo, il consigliere nazionale Roger Nordmann (PS/VD) ha messo in guardia dal dare la colpa solo alla FINMA. «È stata attiva quasi ininterrottamente e ha anche dovuto lavorare all'interno del quadro deciso dal parlamento».

Mancanza di informazioni

Anche la BNS aveva constatato la delicata situazione di Credit Suisse. Ma non ha potuto imporre alcuna misura, pur intensificando i preparativi per un'assistenza straordinaria.

Secondo la CPI, la situazione del CS ha ricevuto scarsa attenzione nelle discussioni tra la FINMA, l'Autorità federale di sorveglianza dei revisori (ASR), la BNS e il Consiglio federale. Di conseguenza, non tutte le autorità coinvolte hanno avuto lo stesso livello di informazione, è stato precisato.

Le prime informazioni sommarie sono giunte al Consiglio federale nell'agosto 2022. L'ex capo del Dipartimento federale delle finanze (DFF), Ueli Maurer, ha tardato a informare il governo della situazione critica della banca, ha dichiarato Nordmann. Inoltre, le informazioni sono state fornite solo oralmente. Maurer ha giustificato la sua posizione con il timore di fughe di notizie.

Il socialista vodese ha inoltre affermato che il cambio di responsabilità all'interno del dipartimento non ha funzionato bene. Dal canto suo, la presidente della CPI Chassot ha tuttavia sottolineato che non spetta alla commissione designare un consigliere federale più responsabile di un altro.

Un lavoro preliminare essenziale

Nel suo rapporto, la CPI ha comunque lodato il lavoro preliminare svolto per analizzare i vari scenari di superamento della crisi. In particolare, a dicembre la FINMA ha esortato il Credit Suisse a prepararsi a una vendita d'emergenza all'inizio di gennaio, segnatamente a UBS.

Sebbene le autorità federali siano state colte di sorpresa dalla crisi bancaria negli Stati Uniti, hanno avuto a disposizione un'opzione realistica durante la fase acuta della crisi a marzo. Riunite in una cellula di crisi al Bernerhof, sono state in grado di mantenere la solvibilità di Credit Suisse nei pochi giorni tra il 15 marzo e l'acquisizione da parte di UBS il 19 marzo, evitando così una crisi più globale.

Quando è emerso lo scenario di un'acquisizione da parte di UBS, le posizioni delle due banche nei negoziati erano molto distanti. A quel punto, le autorità hanno svolto un ruolo di mediazione importante e «in qualche misura hanno sostituito il dialogo diretto» tra i due istituti, ha osservato Franziska Ryser (Verdi/SG), vicepresidente della CPI.

Il governo – che oggi ha preso atto con soddisfazione del ponderoso rapporto – ha ora la possibilità di elaborare una presa di posizione entro la prossima sessione. Il documento verrà poi esaminato dalle Camere federali nella sessione primaverile del 2025.