Olimpiadi, storie dimenticate La ginnasta più grande di sempre che sfidò Brezhnev e conobbe una tragica fine

bfi

28.7.2024

Vera Caslavska alle Olimpiadi di Città del Messico nel 1968 
Vera Caslavska alle Olimpiadi di Città del Messico nel 1968 
KEYSTONE

La storia delle Olimpiadi è ricca di personaggi che hanno scritto la storia dello sport. Quella di Vera Caslavska racconta di grazia e perfezione, oltre che di coraggio e tragedia.

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Hai fretta? blue News riassume per te

  • Vera Caslavska partecipò da campionessa alle Olimpiadi Città del Messico nel 1968.
  • La ginnasta dell'allora Cecoslovacchia vinse in quell'occasione 4 medaglie d'oro e 2 d'argento.
  • La Caslavska si schierò apertamente contro l'Unione Sovietica, che due mesi prima aveva invaso il suo Paese.
  • Al suo ritorno in patria non le rimase altro che lavorare come donna delle pulizie.
  • A oggi  è l'unica ginnasta, uomo o donna, ad aver vinto il titolo olimpico in ogni disciplina individuale.
  • Solo nel 1989, con la caduta del comunismo in Unione Sovietica, fu riabilitata e lavorò per il comitato olimpico del suo Paese.
  • Nel 1993 suo figlio uccise in una lite il padre ed ex marito della campionessa.
  • Da quel giorno Caslavska non si riprese più e terminò i suoi giorni ritirata e affetta da depressione.

Era il 1968 e le Olimpiadi estive si svolgevano per la prima volta a Città del Messico. Giochi ricordati soprattutto per il saluto sfidante al potere bianco statunitense da parte di Tommie Smith. Quel pugno chiuso che simboleggerà, anche con Nelson Mandela, il diritto alla libertà, la sfida all'ideologia razzista.

Gli statunitensi  Tommie Smith (al centro) John Carlos (destra) alzano il pugno nero durante la premiazione ai Giochi di Città del Messico del 1968.
Gli statunitensi  Tommie Smith (al centro) John Carlos (destra) alzano il pugno nero durante la premiazione ai Giochi di Città del Messico del 1968.
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Ma, in quei Giochi, ci fu un'altra sfida, dimenticata, ma altrettanto coraggiosa di quella inscenata dai velocisti afroamericani.

Si tratta della storia della ginnasta cecoslovacca Vera Caslavska, che protestò con grande coraggio all'invasione del suo Paese da parte dei sovietici due mesi prima dei Giochi.

Superstar della ginnastica

La ginnasta ceca era già una superstar prima dei Giochi messicani, avendo vinto tre medaglie d'oro alle Olimpiadi di Tokyo del 1964, compreso il titolo individuale all-around.

Le sue possibilità di ripetere tale dominio subirono però un duro colpo nel periodo precedente alle Olimpiadi, quando fu costretta a nascondersi dopo l'invasione della Cecoslovacchia da parte dei sovietici nell'agosto del 1968. La ginnasta, da subito e apertamente, si rivelò una strenua oppositrice del regime sovietico. Temendo per la sua incolumità si ritirò in un remoto nascondiglio nella foresta, a due mesi dai Giochi.

Invece di usufruire di una palestra fu costretta a prepararsi per la gara più importante della sua vita usando un tronco come trave d'equilibrio e spalando carbone per irrobustire le mani.

A Città del Messico non ebbe rivali...

Arrivata in Messico non le ci volle molto per prendersi il palcoscenico: una vera regina, capace di coinvolgere il pubblico locale anche grazie alla scelta delle musiche, sorridente, regale nel portamento, divina.

Così mentre le ginnaste dell'Unione Sovietica venivano spesso fischiate dal pubblico di casa, la cecoslovacca li lasciò a bocca aperta, ammaliati da cotanta grazia e perfezione.

...ma i giudici ebbero paura

I giudici però, in occasione della prova a corpo libero, ebbero un'interpretazione diversa: Caslavska fu costretta a dividere l'oro dopo che i punteggi originali furono rivisti, mentre alla trave non riuscì a conquistare il primo posto.

In entrambi gli attrezzi, facile indovinare, fu un'atleta sovietica a beneficiarne: Natalia Kuchinskaya alla trave e Larisa Petrik al corpo libero. 

La bandiera dell'allora Cecoslovacchia sul pennone più altro, a pari altezza di quella dell'Unione Sovietica. Un giudizio falsato dai giudici, che non poterono far altro che decretare un ex-equo, tale fu la supremazia della Caslavska. 
La bandiera dell'allora Cecoslovacchia sul pennone più altro, a pari altezza di quella dell'Unione Sovietica. Un giudizio falsato dai giudici, che non poterono far altro che decretare un ex-equo, tale fu la supremazia della Caslavska. 
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«Quella volta c'era una maggioranza di giudici dell'Europa dell'Est. Non credo che Vera abbia avuto da ridire del punteggio. Sono sicura che il resto della squadra ceca invece si fosse lamentata», ha raccontato alla «BBC» l'ex ginnasta inglese Mary Prestidge.

Perché la cecoslovacca lo aveva dichiarato: l'obiettivo era «sudare sangue per sconfiggere i rappresentanti degli invasori». Nulla poté contro la paura di alcuni giudici.

La sfida all'URSS in diretta mondiale

Poi, ci fu il momento della premiazione: lei e la russa Petrik salirono insieme sul gradino più alto del podio, una accanto all'altra mentre suonavano gli inni nazionali.

La superstar usurpata fece un gesto molto chiaro - meno sfidante del pugno di Smith: girò la testa dall'altra parte.

Se Smith usò il pugno destro alzato per esprimere con forza il suo punto di vista, la Caslavska (sinistra) fu più discreta: sul podio voltò la testa alla bandiera di quelli che definì i «rappresentanti degli invasori», l'Unione Sovietica.
Se Smith usò il pugno destro alzato per esprimere con forza il suo punto di vista, la Caslavska (sinistra) fu più discreta: sul podio voltò la testa alla bandiera di quelli che definì i «rappresentanti degli invasori», l'Unione Sovietica.
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Superstar da record - ancora imbattuto - costretta a fare la donna delle pulizie 

Nonostante sia stata sette volte medaglia d'oro olimpica e sia tuttora l'unica ginnasta, uomo o donna, ad aver vinto il titolo olimpico in ogni disciplina individuale, i suoi gesti di sfida le costarono molto, tornata in patria.

Mentre l'americano Smith fu bandito dalle competizioni internazionali, lei si ritirò, ma fu costretta a lavorare come donna delle pulizie e spesso le fu impedito di allenare i bambini.

Solo nel 1989, dopo la «Rivoluzione di Velluto» e la caduta del comunismo, l'ex campionessa fu riabilitata per quello che aveva raggiunto in precedenza: lavorò come presidente del comitato olimpico nazionale, ma, quattro anni più tardi il suo mondo crollò di nuovo, stavolta irrimediabilmente.

Vera Caslavska e il compagno - diventato poi marito - Josef Odlozil, prima di lasciare Città del Messico al termine delle Olimpiadi. La tragedia famigliare era ancora lontana.
Vera Caslavska e il compagno - diventato poi marito - Josef Odlozil, prima di lasciare Città del Messico al termine delle Olimpiadi. La tragedia famigliare era ancora lontana.
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Il tragico epilogo 

Dopo i Giochi del 1968 la campionessa sposò il compagno olimpionico e corridore dei 1'500 metri Josef Odlozil. I due divorziarono nel 1987, ma fu nel 1993 che la famiglia fu colpita da una tragedia: Josef morì dopo una lite avvenuta in un bar con il figlio adolescente.

La coraggiosa donna, che sfidò il poter rosso decenni prima, non si riprese più: trascorse gran parte della sua vita schiva, reclusa, in depressione, morendo nel 2016.

Un'esibizione inscenata a Praga nel 2016, in seguito alla morte di Vera Caslavska, la più grande ginnasta di sempre e donna che lottò contro l'invasione russa del 1968.
Un'esibizione inscenata a Praga nel 2016, in seguito alla morte di Vera Caslavska, la più grande ginnasta di sempre e donna che lottò contro l'invasione russa del 1968.
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