Maxim Lapierre non cerca scuse ma decide di guardare avanti, nella consapevolezza che Lugano è una grande città di hockey e che i suoi compagni di squadra sono veramente dei bravi ragazzi.
Il suo Lugano è uscito di scena molto presto e le conseguenze si sono fatte sentire fin da subito con il mancato rinnovo di contratto a Greg Ireland e l’interruzione del rapporto di lavoro con il direttore sportivo Roland Habisreutinger.
È stata una stagione travagliata quella dei bianconeri, che mai veramente hanno dato l’impressione di riuscire a ripetere le tre bellissime stagioni precedenti (2 finali e una semifinale).
A stagione finita, tra la delusione e la rabbia di alcuni, sui banchi degli imputati sono finiti anche gli stranieri, che solo a sprazzi hanno saputo portare quel qualcosa in più che ci si aspetta da loro.
Maxim Lapierre e uno di loro. Il canadese nei playoff della scorsa stagione si era caricato sulle spalle una squadra decimata dagli infortuni, mostrando tutte le doti da leader. Oggi, ha risposto ad alcune domande in esclusiva per noi.
- Maxim, credi che la sconfitta subita l’anno scorso in gara 7 della finale abbia lasciato delle ferite aperte che non si sono mai più rimarginate nel corso della stagione?
- Non credo possiamo usare quella sconfitta come una scusa, ma certamente ha accorciato il nostro programma di allenamento estivo, lasciandoci anche meno tempo per riprenderci. Forse le scorie di quella sconfitta si sono sentite ad inizio stagione, ma assolutamente, non può essere una scusante.
- Il Lugano è stata la squadra che ha segnato più di tutte nella Regular Season, subendo anche molte reti (4 peggior squadra per reti subite). Come analizzi questa situazione per certi versi paradossale?
- Per quel che riguarda le reti subite non possiamo certo dare la colpa ad una sola persona. Noi avevamo il miglior portiere in Svizzera, una reparto difensivo molto buono. Certo, abbiamo subito molte reti in box-play, non è stato molto efficace quest’anno; questa è una fase di gioco sulla quale lavorare. Credo però che con nuove idee e un nuovo focus anche questo aspetto si potrà aggiustare velocemente.
- I fans del Lugano sono ovviamente delusi di questa stagione, per voi appena terminata. Non bisogna dimenticare però che le tre stagioni precedenti sono state giocate da veri protagonisti del campionato.
- I nostri fans sono molto passionali ed emotivi, e questo aspetto rende Lugano una grande città hockeystica. È normale che si sentano delusi, ma nell’hockey come nella vita, bisogna focalizzarsi sul futuro e imparare dal passato. Un nuovo anno rappresenta sempre una nuova avventura. Vedrete.
- In questi anni sei stato dipinto dalla stampa in vari modi: leader, "bad guy", giocatore emotivo.... Ti ritrovi in queste definizioni – seppur riduttive -?
- Posso solo dire che sono molto appassionato di hockey e che amo questo sport. Lascio agli altri questi giudizi, da parte mia posso dire che quando scendo sul ghiaccio do sempre il meglio di me stesso, partita dopo partita.
- Riva, Fazzini, Sannitz, Bertaggia, Romanenghi sono tutti prodotti del vivaio del Lugano. Tu hai molta esperienza di hockey – oltre 700 partite in NHL -: ci sono dei tratti particolari che riconosci in questi giocatori cresciuti sportivamente tra le fila dell’HCL?
- Comincio con il dire che sono tutti degli eccellenti giocatori e dei ragazzi che ti fanno sentire subito bene accolto nel gruppo. Giocare per il Lugano è speciale anche perché ci sono loro. Hanno molto rispetto dei compagni di squadra e portano quell’energia tipica di chi gioca per la squadra della sua città. Ho molto rispetto per loro.
- Tu hai avuto il piacere e l’onore di giocare i ‘derby’ di NHL tra i Canadiens e i Maple Leafs e qui in Svizzera tra Lugano e Ambrì. Come ha vissute il Maxim giocatore queste sfide particolari?
- Già, sono veramente delle partite molto divertenti, ed è bellissimo farne parte. Le emozioni che senti quando giochi un partita di un derby, in Canada o in Ticino, non possono essere ridate in parole. Questo è un altro motivo per cui amo l’hockey.
Grazie Maxim e auguri per l’imminente inizio di preparazione, senza sapere chi sarà il vostro nuovo coach e nemmeno il nuovo direttore sportivo.