Cuore bianconero Sabbatini: «Ho scelto Lugano, ma avrei potuto guadagnare di più»

bfi

9.5.2023

Jonathan Sabbatini 
Jonathan Sabbatini 
IMAGO/Sports Press Photo

Il 35enne capitano del Lugano non ha ancora voglia di smettere di giocare e la società lo vuole ancora tra le sue fila. A noi di blue Sport Jonathan Sabbatini, con onestà, ha parlato di Lugano, della 'garra' dei suoi connazionali e di tanto altro ancora.

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9.5.2023

Hai fretta? blue News riassume per te:

  • Jonathan Sabbatini svela di non voler ancora smettere di giocare.
  • Il capitano si sente ancora in forma e dice di voler terminare la sua carriera a Lugano.
  • Al club ticinese ha dato una fedeltà che dura da 11 anni, durante i quali ha rinunciato ad offerte davvero allettanti.
  • L'uruguaiano parla del rapporto con i tifosi, con la città e delle differenze tra il calcio del suo Paese e quello svizzero. 

Cosa significa essere giocatore di calcio professionista a Lugano?

Lugano è speciale, in quanto tu come giocatore senti tutto, dalla voce diretta dei tifosi. Noi entriamo e usciamo dallo stadio dove passano i tifosi e dunque a volte li incontri. Non siamo delle superstar che vivono in una bolla. La gente ci rispetta, e questo mi permette di vivere Lugano come qualsiasi altro. Mi piace molto questo aspetto, che credo importante anche per la mia famiglia.

Il capitano ha un figlio di sette anni che gioca a calcio.

È molto più appassionato di me, anche pensando a quando ero piccolo. A volte lo porto a giocare anche con bambini più grandi di lui: vorrebbe giocare sempre, anche in inverno.

È orgoglioso del suo papà giocatore?

Lui mi parla sempre dei miei compagni di squadra, delle loro giocate ... non delle mie. Vuole le magliette con i loro nomi. Io, credo, che per lui sono papà, e va benissimo così. 

Come vivi la pressione, in campo, magari anche prima delle grandi sfide, come nel caso della prossima finale di Coppa Svizzera?

A noi giocatori piace la pressione, ci piace essere riconosciuti dalla gente, venir complimentati. Chi ti dice il contrario non la racconta giusta. Noi giochiamo per la gente. Da bambino si crea tanto entusiasmo intorno a te e questo ti carica, ti dà la forza di proseguire. Ne hai bisogno, e molto positivo sentire il calore del pubblico. 

Complimenti sì, ma anche critiche e contestazioni.

Certo, le contestazioni non piacciono a nessuno. E su questo ho un’idea ben precisa: secondo me durante la partita non dovresti mai fischiare la tua squadra, lo fai dopo semmai. Quando si gioca, il giocatore ha bisogno di sentire il sostegno del pubblico. In fin dei conti siam lì per lo stesso obiettivo e sono dunque convinto che dobbiamo aiutarci a vicenda.

Obiettivo per il campionato in corso?

Arrivare il più in alto possibile. Sarebbe bello arrivare secondi. Avresti accesso ai preliminari di Champions, fantastico. Purtroppo c’è chi pensa che a quel livello perderemmo tutte le partite. Lo reputo un atteggiamento di partenza sbagliato. Uno deve rimanere positivo, non deve pensare allo scenario peggiore: altrimenti per cosa giochiamo? Anzi, credo che è proprio quando ti metti a fare calcoli che le cose van male.

Il Lugano ti aveva proposto un posizione come scout-talent. Con il contratto in scadenza è giunta ora di smettere?

La società, con quella proposta, mi ha fatto capire di volermi anche al termine della carriera da calciatore. Ciò mi fa piacere, so di aver dato tanto, ma io, al momento, mi sento ancora giocatore. La discussione sul mio futuro prossimo è in corso.

Dunque a 35 anni non si è giunti a fine carriera.

Ce ne sono molti, che a 35 anni, ad alti livelli, continuano ancora. Io sono ancora quello che corre di più, mi sento in salute. Inoltre, e la società lo sa, io non do il massimo solo in campo, ma anche negli spogliatoi, a pranzo, cerco di essere di esempio per i giovani, di mantenere un atteggiamento molto positivo e dare una mano dove posso: anche ciò è molto importante per un gruppo.

Il futuro da ex giocatore è perciò ancora troppo lontano …

Mi piacerebbe ancora giocare per due, cinque anni. Un giocatore lo sente fino a dove può spingersi. Se tu non riesci più a competere a questo livello è meglio smettere. Io spero di finire la mia carriera a Lugano. Un giorno potrei immaginarmi di fare lo scopritore di talenti.

La 'garra' di Jonathan Sabbatini (sinistra) quando arrivò a Lugano nel 2012 
La 'garra' di Jonathan Sabbatini (sinistra) quando arrivò a Lugano nel 2012 
KEYSTONE

Sei a Lugano da 11 anni, una seconda casa.

Io mi sono fatto un nome a Lugano, sono molto riconoscente di questo e per questo vorrei smettere qui. Nel corso della mia carriera mi sono state fatte diverse offerte, anche vantaggiose da un punto di vista economico, da altri club svizzeri, ma con mia moglie abbiamo scelto di rimanere qui. Restare a Lugano ha significato anche non chiedere le cifre che mi avrebbero dato da altre parti. Lugano è casa mia.

La famiglia Sabbatini non tornerà dunque in Uruguay.

La nostra intenzione è di rimanere qua, anche per i nostri figli, che sono nati qui in Ticino.

Tu sei cresciuto in Uruguay, lì hai imparato a giocare a calcio. Cosa distingue quel calcio dal nostro?

Direi che è quella cosa conosciuta come 'garra', quella fame che in Sudamerica ti spinge a cercare i successo nel calcio in quanto la società e l'economia non possono promettere quello che dà la Svizzera. Io vedo tanti ragazzi di talento qui, ma devi capire che ho amici che in Uruguay hanno studiato legge e oggi si trovano a fare i taxisti, perché guadagnano di più. Qua è diverso.

Per le strade di Montevideo (Uruguay) la gente chiede migliori salari, educazione e un sistema sanitario più efficiente per tutti. L'Uruguay non è più la 'Svizzera del Sudamerica'. 
Per le strade di Montevideo (Uruguay) la gente chiede migliori salari, educazione e un sistema sanitario più efficiente per tutti. L'Uruguay non è più la 'Svizzera del Sudamerica'. 
KEYSTONE

Messi o Maradona?

Messi

Pasta o fagioli?

Pasta

Cavani o Suarez?

Cavani

Birra o vino?

Birra

Paysandu o Lugano?

Lugano

Tre oggeti ai quali non rinunceresti se ti dovessero mandare solo su di un isola deserta.

Un pallone, una porta e una birra (e ride di gusto).