Locarno Film Festival «Reinas» di Klaudia Reynicke, una storia corale ambientata in Perù

sifo, ats

10.8.2024 - 10:00

La regista Klaudia Reynicke, al centro, con a sinistra, l'attore Gonzalo Molina e l'attrice Abril Gjurinovic.
La regista Klaudia Reynicke, al centro, con a sinistra, l'attore Gonzalo Molina e l'attrice Abril Gjurinovic.
Keystone

In «Reinas», presentato giovedì in Piazza Grande, la regista svizzero-peruviana Klaudia Reynicke racconta una storia di legami familiari ambientata in un Perù nel pieno della crisi economica degli anni 1990. Keystone-ATS l'ha incontrata.

«Reinas» (in italiano regine, ndr), è così che Carlos, un padre di famiglia assente, si rivolge alle due figlie Aurora, 14 anni, e Lucia, 10 anni. Forse un modo per riconquistare la loro fiducia e riavvicinarsi a loro prima che emigrino con la mamma negli Stati Uniti per scappare da un Perù travolto dalla crisi economica.

«Quelle età portano a sguardi molto diversi: la piccola vuole essere con la madre e la grande con gli amici, e usa la minore a suo vantaggio», spiega Klaudia Reynicke in un'intervista a Keystone-ATS.

«Mi piaceva l'idea di creare questo racconto con queste età diverse, inclusa la madre, che ha una quarantina di anni e che è pronta per andare via», aggiunge. Si tratta di «una storia corale ma in cui ogni protagonista ha il proprio sguardo».

Un po' di storia personale

Il film ricalca in parte la storia della stessa regista: «Sono partita da Lima quando avevo 10 anni con mia madre e mio patrigno, che è svizzero», spiega. «Sono figlia unica ma è vero che conosco bene i sentimenti che può avere una bambina sul fatto di dover partire», dice.

La regista condivide con le due sorelle protagoniste anche «un padre biologico che non c'è stato veramente», spiega. «Era anche lui un po' creativo», aggiunge, facendo riferimento al fatto che Carlos, il «protagonista del cuore del film», inventa bugie per ricrearsi una vita più dignitosa agli occhi delle figlie.

«Penso che sia un uomo che subisce il fatto di non sentirsi all'altezza di dare quello di cui queste bambine hanno bisogno», spiega la regista. «Non sa come essere un padre. Il contesto di crisi di certo non aiuta: non ha un lavoro stabile, c'è tanto caos attorno. Il fatto che inizi a mentire è anche perché non riesce a raccontare chi è veramente perché si vergogna», aggiunge.

Crisi economica

«È stato difficile, avevo molta paura di tornare in Perù, un Paese che alla fine non conosco più», spiega. «Ho lasciato i bimbi in Svizzera per la prima volta in vita mia», aggiunge. «Ma una volta che ho iniziato a lavorare con tutta l'équipe c'è stato un effetto adrenalinico», afferma.

A fare da sfondo al film c'è una situazione politica ed economica di forte tensione durata un ventennio «dove il governo e diversi gruppi ribelli hanno avuto conflitti», spiega la regista. Nella pellicola si assiste al coprifuoco notturno e alla presenza di militari nelle strade.

Il periodo nel «film è uno dei momenti peggiori nel quale l'economia crolla», afferma la regista. «Reinas» si apre infatti con un estratto video da un telegiornale che annuncia l'inflazione con i prezzi del cibo raddoppiati se non triplicati.

Un periodo vissuto in parte anche dalla famiglia della regista che in seguito a questa crisi è emigrata negli Stati Uniti, proprio come la prospettiva della mamma nel film. «Per mia madre è stata una scelta del futuro», è partita prima che tutto crollasse, spiega.

Sundance, Berlinale e Locarno

«Reinas» vanta già un curricolo niente male: è stato presentato a Sundance, rinomato festival del cinema indipendente in Nordamerica e alla Berlinale, dove si è aggiudicato il «Grand Prix of the International Jury for the Best Film» nella sezione Generation Kplus. È stata «un'esperienza pazzesca», afferma Reynicke.

«Questo è il primo film svizzero di finzione ad essere stato in concorso a Sundance, ciò segna qualcosa di importante: all'America è piaciuto questo film, e anche al resto della mia famiglia – mia madre, mia nonna e le mie cugine – che abitano negli Stati Uniti e mi hanno raggiunta lì per vedere il film con me».

Giovedì la pellicola è stata presentata in Piazza Grande, «è stato bellissimo, intenso, una delle più belle esperienze professionali». «Conoscendo Locarno da tantissimi anni sono stata al posto degli spettatori tantissime volte», dice. «Sono ancora su una nuvola», afferma ridendo.

La regista è rimasta con tutta l'équipe in Piazza a guardare il film, alcune persone della crew lo hanno visto per la prima volta lì. In quel giorno ricorreva anche il 15esimo anniversario dell'incontro con suo marito, «ero sulla Piazza e l'ho detto a tutti e lo hanno filmato», dice ridendo.

L'importanza del montaggio

«Il montaggio è la fase più importante della nascita di un film secondo me», spiega la regista. «Con il montaggio finalmente si inizia a creare la poesia, la magia, a creare i personaggi. A vedere come il ritmo, la musica, i tempi stanno creando questa storia», precisa.

«Lavoro con Paola Freddi a tutti i miei progetti e abbiamo una relazione professionale molto buona, il che aiuta molto. Lei capisce l'essenza della mia visione e io capisco quello che porta lei come montatrice», spiega Reynicke. «Mi aiuta sempre a lottare per la mia visione», aggiunge.

Reynicke, che ha studiato sociologia all'Università di Losanna e cinema all'Ecole cantonale d'art (ECAL) sempre nella capitale vodese, vive da una quindicina di anni in Ticino, a Lugano. Il film è stato coprodotto dalla ginevrina Alva Film e dalla RTS, assieme a Spagna e Perù.

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