Ecco perché Giorgio Armani ripercorre il suo passato: «Non riesco più a dormire»

Covermedia

19.1.2024 - 11:10

Giorgio Armani
Giorgio Armani

Intervistato da Vanity Fair, l’iconico stilista si racconta: dall’infanzia trascorsa nel periodo del fascismo, fino alla morte del suo amato socio Sergio Galeotti.

19.1.2024 - 11:10

Giorgio Armani ha segnato il mondo della moda con la sua cifra artistica unica: 90 anni a luglio, l’iconico stilista si è raccontato nell’intervista a Vanity Fair.

Una retrospettiva intensa dei suoi 50 anni di carriera con un accenno ai giorni d’oggi: «Non riesco più a dormire. Ogni notte, nel letto, ricordo il mio passato. Tutto il mio passato. E quando mi addormento, faccio sogni micidiali», dice il guru del fashion business, consapevole dell’impermanenza della vita.

«È cambiato che il tempo passa, come passano le decadi. E di fronte a tutto questo non ho potuto che fare un passo indietro. Il mio fisico. Il mio modo di presentarmi. Il sorriso che a volte è spento. Ho dovuto imparare a stare al gioco del tempo. Non puoi fare altro».

Cresciuto a Piacenza, l’infanzia di Armani è stata segnata dal fascismo: «Mia madre (Maria, ndr) ha vissuto in un momento non proprio facile. Era appena finita la guerra, c’era davvero poco di cui godere. Un amico di mio padre aveva una macchina, non ricordo il modello, ma i particolari: ruote chiodate e sedili di cuoio. Ho questa sensazione chiara nella memoria: il profumo della frittata (che cucinava la madre, ndr) insieme all’odore del cuoio».

Nonostante i mirabili traguardi professionali, c’è una ferita che resta aperta e riguarda la morte per leucemia del suo socio Sergio Galeotti, co-fondatore della Giorgio Armani S.p.A..

«Guardi, se c’è una cosa che ho capito della vita è che il problema non sono le cose che si aggiustano ma quelle che non si aggiustano. L’unica vicenda che non è andata bene è stata quello che è successo a Sergio Galeotti, la sua malattia. Mi scontrai con una realtà molto diversa allora. Una realtà di fronte alla quale non potevo fare nulla. Ho ancora nelle orecchie le frasi di Sergio: «Giorgio, ti prego, fai qualcosa». E io non potevo fare nulla. (Ho vissuto quella perdita, ndr) Con dolore. Con disperazione. E con la certezza che puoi essere il più bravo, il migliore, il più intelligente. Ma di fronte a certe situazioni, non varrai mai nulla».

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