Morto a 68 anni Alessandro Haber ricorda Francesco Nuti: «Si chiudeva in se stesso e nell’alcol»

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13.6.2023 - 13:00

Francesco Nuti in una foto del 1991
Francesco Nuti in una foto del 1991
IMAGO/United Archives

L'attore toscano è spirato lunedì mattina a Roma: aveva 68 anni.

13.6.2023 - 13:00

Il mondo del cinema piange Francesco Nuti, morto a 68 anni nella capitale a causa delle complicazioni legate a una lunga malattia.

La figlia Ginevra Nuti ha comunicato il decesso, dopo essere stata per anni sua tutrice legale. A ricordarlo con affetto in un’intervista rilasciata al Corriere è l’amico Alessandro Haber, che ha interpretato suo fratello nella pellicola «Willy Signori e vengo da lontano».

«Ci siamo frequentati per tanti anni, ho vissuto il suo periodo più difficile. Beveva tanto, troppo. Beveva e noi amici lo sapevamo, ma beveva anche a nostra insaputa. Cercavamo di aiutarlo a uscire dalla sua dipendenza, io, il fratello Giovanni, il suo produttore Gianfranco Piccioli e anche lui se n’è andato pochi mesi fa», spiega Haber che provava un profondo affetto per l’attore.

«Ho avuto questa fortuna, di essergli amico. Di voler bene a un artista fuori dai canoni, tutti. Un autore di cinema molto personale, curioso. Un uomo stravagante, difficile, ma con una specie di poesia che si riconosceva come una firma in ogni film», continua Haber che negli ultimi tempi non è riuscito a frequentarlo quanto avrebbe desiderato.

«Aveva difficoltà a rapportarsi con gli altri»

«Era difficile anche solo incontrarlo, così disarmonico, si chiudeva in se stesso e nell’alcol e in quelle birre avvolte in sacchetti di plastica. Eppure quel suo sorriso e quella fossetta e gli occhi malinconici, l’egocentrismo e il fascino, tenerezza e dolcezza, erano gli stessi, e quando ti sorrideva ti si piegava il cuore. Sapeva coinvolgere tutti, soprattutto le donne».

Un problema, quello dell'alcolismo che ha condizionato la vita di Nuti in modo permanente.

«Me ne sono accorto sul set di «Occhio Pinocchio»: non riusciva più a gestire il film, le persone, la sua stessa testa. Un ragazzo dalla grande fortuna, ma quel demone dell’alcol da cui non c’era ritorno…», continua Haber.

«Aveva difficoltà a rapportarsi con gli altri. Stava sempre ai margini, senza riuscire a confrontarsi. Se lo avesse fatto coi suoi coetanei Troisi, Verdone e Benigni, forse si sarebbe anche salvato, non lo so. Ma le cose grandi che ha fatto resteranno».

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