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Viaggiare L’Islanda vuole gestire il turismo di massa
dpa/gbi
26.11.2019
Molti amanti della natura sono entusiasti dell’Islanda. Secondo loro, si tratta del più bel posto del mondo. Il numero di turisti è in effetti aumentato vertiginosamente. Ciò rappresenta un pericolo? Gli islandesi non hanno intenzione di farsi trovare impreparati.
Il Paese è stato visitato dal cantante Justin Bieber. Prima di lui, vi ha fatto tappa la celebrità hollywoodiana Angelina Jolie e vi è stato perfino girato un film di James Bond. In questo momento, sul posto c’è una coppia di cinesi: Zhongda He e Nannan Li, intenti ad osservare il lago glaciale Jökulsárlón. I due innamorati vengono da Pechino e Shanghai. Solcano le acque gelide a bordo di un veicolo anfibio.
In compagnia di altri turisti, attraversano il bacino passando accanto ad iceberg di un metro di altezza staccatisi qualche giorno fa dall’immenso ghiacciaio che si sgretola all’orizzonte, il Vatnajökull. Li fissa il mastodonte di ghiaccio con il suo binocolo. Resta immobile. Poi, con un filo di voce, mormora: «È fantastico».
Questa coppia rappresenta il prototipo del turista che si reca in Islanda. L’entusiasmo per l’osservazione dei gayser, delle cascate e dei ghiacciai è come una calamita per chi visita l’isola, rivolta verso il Grande Nord: l’Islanda racchiude in sé la promessa di una natura incontaminata.
Un’eruzione vulcanica «pubblicitaria»
La popolarità dell’Islanda tra i turisti è cresciuta esponenzialmente negli ultimi anni. Un evento, in particolare, ha inciso fortemente: la drammatica eruzione del vulcano situato sul ghiacciaio Eyjafjallajökull, nel 2010, con la conseguente fuoriuscita di una gigantesca nuvola di cenere. In un primo momento, questo fenomeno ha generato inquietudine. Per alcune settimane, ha paralizzato il traffico aereo internazionale e reso celebre l’isola, ben al di là delle frontiere della Scandinavia.
In seguito, il numero di turisti è letteralmente esploso: nel 2010, sono state circa 489mila persone ad atterrare in Islanda. Nel 2018, il totale è cresciuto a 2,34 milioni, con un aumento del 500% in soli otto anni.
Tale quantitativo di visitatori è pari a più del sestuplo della popolazione totale dell’isola, nella quale vivono circa 350mila persone: meno degli abitanti della sola città di Zurigo, dove risiedono 431mila persone.
Troppo turismo uccide il turismo
Gudny Valberg fa parte di coloro che sono riusciti a trarre dei vantaggi da tale ondata. Una foto della fattoria che gestisce assieme al marito Ólafur Eggertsson è finita sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo quando il vulcano Eyjafjallajökull ha sputato le sue ceneri proprio dietro all’edificio.
«Questo semplice evento ha rappresentato senza dubbio un’enorme campagna pubblicitaria per l’Islanda», ricorda Valberg. Sono arrivati migliaia di turisti e la coppia ha aperto un centro per accoglierli ai piedi del ghiacciaio.
Poi, però, è arrivato un fulmine a ciel sereno. I due hanno chiuso il centro, all’inizio del 2018: alcuni dei figli che li aiutavano avevano deciso di traslocare. Da soli, i genitori non riuscivano a soddisfare più la sete di informazioni dei turisti, effettuando al contempo i lavori agricoli quotidiani.
Sulla bocca di tutti
L’eruzione vulcanica del 2010 si era trasformata in una calamita turistica. Nella capitale Reykjavik, situata circa 140 chilometri a nord-ovest dell’Eyjafjallajökull, la direttrice dell’ufficio turistico Visit Iceland, Inga Hlín Pálsdóttir, è dello stesso avviso: «Improvvisamente, i viaggiatori hanno realizzato che c’era un’isola in mezzo all’Atlantico», racconta. Prima, la maggior parte delle persone non sapevano neppure indicare dove si trovasse esattamente l’Islanda sul planisfero.
Oggi, invece, sanno anche che il viaggio per raggiungerla non è così lungo: il volo non supera le quattro ore da Zurigo. Senza dimenticare le performance degli islandesi agli Europei di calcio del 2016 e alla Coppa del mondo del 2018, che hanno rafforzato la popolarità dell’isola.
Sulle tracce di Angelina Jolie
Ma non è tutto. Esiste un altro fenomeno che attira i turisti: i film, le serie e i videoclip. L’attore Ben Stiller ha percorso il villaggio di Stykkishólmur e altri luoghi islandesi in «I sogni segreti di Walter Mitty». Alcune scene di «Il trono di spade» sono state girate sull’isola, così come delle sequenze di «James Bond – La morte può attendere» e di «Star Wars: Rogue One». La ragione è semplice: l’isola è fotogenica e ciò per Hollywood conta molto.
Ci si chiede se la popolarità dell’Islanda arriverà ad eguagliare quelle di piazza San Marco a Venezia, della passeggiata delle Ramblas a Barcellona o del Nyhavn di Copenaghen, dove i turisti sbarcano in massa e saturano le attrazioni. Se ciò si verificasse, dall'altro lato, gli abitanti dell'isola rischierebbero di arrivare a patire il sovraffollamento come quelli di Berlino e Monaco.
Durante i mesi estivi, infatti, alcuni islandesi non nascondono una certa irritazione. In un caffè di Reykjavik, però, uno di loro sottolinea che il turismo ha salvato il Paese dalla recessione dopo la crisi finanziaria del 2008. Tuttavia, il denaro dei turisti oggi non sarebbe più così necessario: di ricchezza ce ne sarebbe a sufficienza.
Inoltre, i gesti avventati di numerosi viaggiatori, sulle strade di città come in campagna, pongono a volte dei problemi: alcuni si impantanano nei letti dei fiumi, altri scavalcano le barriere per avvicinarsi alle falesie o ai geyser per scattare un selfie.
Giacche variopinte
Alle nove e mezzo del mattino, il parcheggio di Reynisfjara, la spiaggia nera nelle vicinanze di Vix che è possibile ammirare nel film «Star Wars - Rogue One», è già stracolma. Curiosi con giacche variopinte si affollano di fronte ad una formazione rocciosa che spunta dalla sabbia, che è davvero nera come la pece. Fotografando il mare, una giovane giapponese evita per un soffio una doccia, riuscendo a schivare una grande onda. Un cinese, nel 2018, era stato trascinato via dal mare ed era morto.
Stamattina, anche alla cascata di Skogafoss il parcheggio era strapieno. La stessa scena si ripete ovunque: giacche gialle, rosse e blu alla spettacolare cascata di Gullfoss; giacche gialle, rosse e blu nei pressi del Grande Geyser (che ha dato il proprio nome a tutti gli altri fenomeni di tale genere del mondo).
Una giovane polacca osserva il tumulto. Partecipa ad un’escursione di un giorno al Circolo d’Oro, circuito turistico che comprende in particolare le attrazioni Geysir e Gullfoss: «Che cosa possiamo farci?», si chiede la ragazza di 21 anni osservando la folla. «In Islanda si possono osservare in un colpo solo tutti questi fenomeni…». Riflette brevemente e poi aggiunge: «E forse è anche possibile trovare un angolino tranquillo, meno frequentato».
È infatti soprattutto nel sud dell’isola che si concentra l’invasione turistica. Ma va detto che anche la strada che percorre in cerchio il Paese ha sofferto molto il problema. È stato necessario riparare l’asfalto in numerosi punti. Inoltre, gli islandesi devono fare i conti con qualcosa che finora non avevano mai visto. Lo chiamano «umferdarhnútur»: gli imbottigliamenti in auto.
Incentivare le visite in bassa stagione e ai siti secondari
Al fine di rispondere al problema, l’Islanda vuole adottare una politica turistica sostenibile e duratura: l’obiettivo è di far scoprire ai visitatori regioni che finora sono state trascurate e rendere la bassa stagione più attraente rispetto al più mite periodo estivo.
Se infatti 90'000 turisti si sono recati nell’isola nel mese di luglio, sono soltanto 30'000 quelli che sono arrivati durante l’inverno, secondo i calcoli di Inga Hlín Pálsdóttir, direttrice di Visit Iceland. La distanza tra alta e bassa stagione è tuttavia già migliorato nettamente: la crescita più elevata è stata registrata proprio durante i mesi freddi.
Oggi si cerca di porre l’accento soprattutto sulla promozione di altre aree del Paese, poiché la maggior parte dei turisti si reca a Reykjavik, nel sud e nel Circolo d’Oro: «È la nostra Torre Eiffel», spiega Pálsdóttir. Che insiste sull’importanza di far sì che l’Islanda resti meta di un turismo sostenibile: «Facciamo attenzione a fare in modo che anche gli islandesi siano contenti».
La popolazione locale sostiene fortemente il fondo di protezione delle attrazioni turistiche. Si tratta di somme che possono essere stanziate per la costruzione di strade, servizi igienici ed altre opere. «L’obiettivo è di proteggere la natura», precisa Pálsdóttir. Il governo esamina inoltre l’incidenza del turismo sull’economia, sulle infrastrutture e la società, al fine di affrontare eventuali problemi. «I primi risultati mostrano che disponiamo ancora di un margine di manovra», aggiunge la dirigente.
Reykjavik impone regole
Reykjavik, grazie all’aeroporto internazionale Keflavik, resta la porta d’ingresso principale per l’isola. Quasi tutti i turisti - fino al 96% - visitano la capitale durante le loro vacanze. «Si tratta al contempo di una buona e di una cattiva cosa», osserva Karen María Jónsdóttir, direttrice dell’ufficio del turismo locale Visit Reykjavik.
Illustrando l’impatto dell’esplosione del turismo sulla propria città, le torna in mente la propria infanzia: «Ricordo la strada della scuola e quelle vuote del centro di Reykjavik». Rispetto ad allora, non soltanto la Laugavegur, la via commerciale del centro, pullula di persone, ma anche gli altri quartieri della città sono sovrappopolati.
La panacea di Reykjavik è rappresentata dalle regole: l’ingresso dei grandi pullman è stato vietato nel centro della città su richiesta degli abitanti. Chi affitta delle camere tramite Airbnb è autorizzato a farlo per non più di 90 giorni all’anno. La municipalità vigila affinché non aprano troppi ristoranti e pub in determinate strade per evitare che i residenti vengano disturbati. I musei, le gallerie d’arte e i bar occupano principalmente il centro, ma anche altri quartieri, come quello del vecchio porto.
Oggi, la maggioranza delle persone ritiene che il turismo migliori la qualità della vita, sostiene Jónsdóttir: «La gente è soddisfatta dell’offerta, sia qualitativamente che quantitativamente».
Nel 2019, tuttavia, si sta producendo un fenomeno mai osservato da un decennio: la crescita appare congelata. Secondo Pálsdóttir, ciò può essere attribuito al fallimento della compagnia aerea low cost Wow Air e ai problemi degli aerei Boeing 737 Max: «Tuttavia, per ora non siamo preoccupati».
Una questione di prospettiva
L’Islanda è ancora lontana dal patire i problemi di Venezia, osserva la dirigente. E la percezione del sovrappopolamento resta qualcosa di soggettivo: per i cinesi He e Li, ad esempio, il problema non esiste. «Qui è estremamente diverso dalla Cina – confessa Nannan Li -. Siamo talmente abituati a zone ad altissima densità abitativa che l’Islanda ci sembra vuota e selvaggia. Per noi è un paradiso».
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