Svizzera Casse malati che si rifiutano di rimborsare i farmaci per i malati terminali

Philipp Fischer

5.9.2024

Degli importanti antidolorifici usati per le cure palliative di malati terminali, che sono curati al proprio domicilio, non sono coperti dalle casse malati (immagine illustrativa).
Degli importanti antidolorifici usati per le cure palliative di malati terminali, che sono curati al proprio domicilio, non sono coperti dalle casse malati (immagine illustrativa).
Imago/Sven Simon

Molte persone, come è ovvio che sia, preferiscono morire a casa. E ci sono dei medici specializzati nelle cure palliative che accompagnano i malati terminali nel loro ultimo viaggio. Ma questi dottori lamentano il fatto che degli importanti farmaci antidolorifici non sono coperti dalle casse malati.

Philipp Fischer

Hai fretta? blue News riassume per te

  • La maggior parte dei malati terminali vuole morire in casa.
  • I medici specializzati nelle cure palliative curano le esigenze di questi pazienti durante il loro ultimo viaggio.
  • I palliativisti somministrano farmaci forti per evitare che le persone soffrano.
  • Tuttavia, degli importanti medicamenti per alleviare il dolore non sono rimborsati dalle casse malati.

La maggior parte dei pazienti gravemente malati desidera morire a casa, nel proprio ambiente familiare, anche se questo non è un percorso facile per i parenti. Ma ci sono dei medici specializzati in cure palliative che sostengono le persone nell'ultima fase della loro vita.

La palliativista Monika Jaquenod-Linder fa tutto il possibile per esaudire l'ultimo desiderio dei suoi pazienti. Proprio per questo la dottoressa ha voluto raccontare alla «NZZ am Sonntag» le sue continue battaglie con le casse malati che non vogliono rimborsare gli antidolorifici.

«Abbiamo un enorme carico amministrativo e, nel peggiore dei casi, siamo costretti a sostenere i costi», afferma Jaquenod-Linder.

Degli ostacoli assurdi

La dottoressa racconta di una paziente di 50 anni che ha accompagnato alla morte l'anno scorso. La donna aveva un tumore che le cresceva sulla lingua. La figlia la curava amorevolmente a casa, ma man mano che il tumore si diffondeva sempre più verso la gola e il collo, la paziente non riusciva più a deglutire.

Il forte timore di soffocamento ha gettato la donna nel panico. In questo caso, la palliativista ha somministrato il potente antidolorifico «Palladon» per via endovenosa. Il farmaco, di provata efficacia, allevia il dolore in modo affidabile.

«Per me questo era un caso chiarissimo. Non c'erano alternative e non potevo più restare a guardare la paziente soffrire», afferma Jaquenod-Linder.

Sebbene il «Palladon» sia nell'elenco delle specialità dell'Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP), la cassa malati «Atupri» si è rifiutata di rimborsare il farmaco. Tutti i medicamenti di questo elenco sono coperti dall'assicurazione sanitaria obbligatoria.

Una giustificazione inconsistente

La ragione addotta da «Atupri» è che il farmaco è presente nell'elenco dell'UFSP solo sotto forma di compresse, mentre la forma endovenosa non c'è.

Jaquenod-Linder avrebbe voluto somministrare il «Palladon» alla sua paziente in compresse, ma chiaramente il tumore alla lingua della donna malata terminale non le consentiva di inghiottire il medicamento, che le ha quindi iniettato. «Questo è un farmaco autorizzato e testato da Swissmedic. Non è presente nell'elenco delle specialità semplicemente come fiala», spiega la dottoressa.

Eppure la forma endovenosa di «Palladon» è uno strumento importante nel lavoro quotidiano dei palliativisti. In questi casi, i dottori devono sempre presentare una domanda di rimborso individuale.

Se la cassa malati rifiuta la richiesta, la famiglia o addirittura il medico specializzato in cure palliative devono coprire autonomamente i costi. Se la domanda viene presentata più volte, le spese possono ammontare a diverse migliaia di franchi.

La donna è morta prima che la richiesta fosse evasa

Nel caso della paziente assistita da Jaquenod-Linder, la cassa malati ha respinto la domanda. In una dichiarazione alla «NZZ am Sonntag», l'assicuratore ha scritto di essere pronto a collaborare con le autorità per migliorare la situazione delle persone sottoposte a cure palliative.

«Atupri» comprende le preoccupazioni dei medici e dei pazienti interessati, ha aggiunto l'ufficio stampa. Ma un'altra dichiarazione dell'assicurazione è particolarmente incomprensibile a Jaquenod-Linder. Secondo Atupri, la dottoressa avrebbe dovuto presentare la richiesta di rimborso alla cassa malati prima di somministrare il «Palladon» per via endovenosa.

Un'affermazione tristemente ironica: ci sono voluti 19 giorni perché «Atupri» rispondesse alla richiesta del medico. Nel frattempo, la sua paziente era già morta da diversi giorni.

Non è un caso isolato

Il caso del farmaco endovenoso descritto sopra non è un caso isolato nel campo della terapia del dolore da parte dei palliativisti.

Già nel 2022, l'associazione ha presentato alla Confederazione un'intera lista di forti antidolorifici e tranquillanti, per i quali ci sono sempre problemi di rimborso da parte delle casse malati e che spesso non vengono pagati dagli stessi assicuratori.

È incomprensibile che questi farmaci vengano pagati senza problemi quando sono utilizzati in ospedale, attraverso una tariffa forfettaria. Nel caso di malati terminali in case di cura o a domicilio, invece, il rimborso è spesso bloccato dagli assicuratori.

Le principali vittime sono tutte le persone che ricevono cure palliative al di fuori di un ospedale e i loro parenti, che devono coprire i costi. La Confederazione risparmia una cifra notevole sui costi per chi è assistito tra le proprie mura di casa. Dopo tutto, è molto più costoso morire in ospedale.