Domande e risposte Berna blocca le consegne di armi a Kiev, ma cresce la pressione dall'estero 

tmxh / SDA

2.6.2022

Immagine d'illustrazione
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KEYSTONE/GIAN EHRENZELLER

La Svizzera ha bloccato le consegne di armi danesi all'Ucraina, citando la legge sul materiale bellico e la neutralità. Ma la pressione dall'estero è in aumento. Ecco le domande e le risposte più importanti.

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Non appena l'Occidente fornirà armi pesanti, l'esercito ucraino inizierà la liberazione dei territori occupati dalla Russia, ha annunciato Volodymyr Zelensky in un incontro con il presidente slovacco. Armi e munizioni hanno «priorità assoluta» per Kiev. Il presidente ucraino aveva già ribadito la richiesta di armi in un videomessaggio una settimana fa.

Alcuni Paesi europei si sono quindi messi in modo per dare seguito a tali richieste. Il governo danese, ad esempio, aveva previsto di sostenere le forze armate ucraine con 20 carri armati. Ma ciò non accadrà, almeno per il momento, a causa della Svizzera: la Seco ha infatti nuovamente bloccato la consegna di armi all'Ucraina.

Ecco le domande e le risposte più importanti in merito ai motivi e alle conseguenze del rifiuto.

1. Quali armi sono coinvolte esattamente?

Il governo danese voleva fornire all'Ucraina 20 dei suoi veicoli da combattimento di fanteria su ruote del tipo «Piranha III» per scopi di difesa. Questi veicoli militari pesantemente corazzati dovrebbero fornire copertura ai soldati in combattimento. Essi provengono dalla Svizzera, più precisamente dal produttore Mowag di Kreuzlingen. Si era già speculato sulla consegna di questi e altri carri armati all'inizio di maggio.

Poiché si tratta di carri armati di fabbricazione svizzera, la Danimarca ha dovuto chiedere il permesso alle autorità locali ai sensi della legge svizzera sul materiale bellico. Il Paese si era impegnato in questo al momento dell'acquisto. E ora ha ricevuto un rifiuto dalla Segreteria di Stato dell'economia (SECO).

La richiesta «da parte di un'autorità danese riguardante i veicoli blindati su ruote Piranha III» e il suo rifiuto sono stati confermati anche a blue News.

2. Perché la Svizzera ha respinto la domanda?

La legge svizzera sul materiale bellico richiede generalmente una dichiarazione di non riesportazione di materiale bellico verso Paesi terzi. Il Paese destinatario si impegna pertanto a non trasmettere il materiale senza il previo consenso della Svizzera. Le esportazioni verso i Paesi in cui imperversa la guerra – tra cui l'Ucraina – non sono consentite.

Questi criteri di rifiuto sono «obbligatori», ha detto un portavoce della SECO a blue News. A giustificare il «no» elvetico vi è anche la neutralità svizzera.

3. Ci sono stati casi simili?

Due domande provenienti dalla Germania erano già state respinte in aprile per gli stessi motivi. Uno di questi riguardava le munizioni svizzere da 35 millimetri per carri armati antiaerei del tipo «Gepard» destinate all'Ucraina, il secondo munizioni non specifiche da 12,7 millimetri.

In quell'occasaione, il ministro tedesco dell'economia, Robert Habeck, aveva chiesto in un incontro con i consiglieri federali in Svizzera se fosse possibile consegnare all'Ucraina munizioni di fabbricazione svizzera per i carri armati Gepard. Anche lui ha ricevuto un rifiuto. Finora le autorità elvetiche hanno ricevuto un totale di tre richieste.

«Tutte e tre le richieste di informazioni riguardavano la possibilità di trasmettere all'Ucraina il materiale bellico ricevuto dalla Svizzera», ci ha specificato ancora la SECO. A questi è stata data «una risposta negativa in riferimento alla neutralità della Svizzera e ai criteri di rifiuto obbligatorio della legislazione svizzera sul materiale bellico».

4. Come stanno reagendo i paesi stranieri?

Le pressioni dall'estero sembrano aumentare, soprattutto dalla Germania. Solo la settimana scorsa, il vicecancelliere tedesco Robert Habeck ha chiesto il «massimo sostegno» per l'Ucraina al Forum economico mondiale di Davos. «Dobbiamo misurare la nostra posizione con la realtà», ha detto Habeck riferendosi al suo partito, Die Grünen, che ha cambiato idea sulle esportazioni di armi nelle zone di guerra.

E il governo tedesco non si arrende sulla questione delle forniture di armi. Secondo il «Rundschau», l'Esecutivo tedesco ha chiesto al Consiglio federale di riconsiderare il suo rifiuto alle esportazioni di munizioni.

5. Il Consiglio federale potrebbe cambiare idea?

Secondo le indagini del «Rundschau», venerdì prossimo potrebbe essere chiaro se il governo cambierà di nuovo la sua decisione. Poi il Consiglio federale dovrà decidere sulla nuova richiesta della Germania.

Se l'esportazione di munizioni tedesche dovesse essere approvata, ciò avrebbe probabilmente conseguenze anche per i danesi, che potrebbero vedere riesaminate le loro esportazioni di carri armati.

6. Un permesso sarebbe lecito?

Secondo la SRF, alcuni esperti del Parlamento e dell'amministrazione vedono nella legge sul materiale bellico la possibilità di consentire l'esportazione di armi e munizioni prodotte in Svizzera. Si tratterebbe di un'interpretazione più generosa della legge a determinate condizioni.

Tiana Angelina Moser, capo del gruppo parlamentare verde-liberale, chiede un cambiamento di rotta. Secondo la SRF, non si tratta di esportazioni dirette di armi, ma di armi già vendute a democrazie amiche. Queste sarebbero «passate a un Paese che si difende da un aggressore».

L'UDC e i Verdi, invece, sostengono che il Consiglio federale non dovrebbe discostarsi dalla sua prassi attuale, secondo quanto riportato sempre dalla SRF. «La pratica attuale è ampiamente supportata. Il Consiglio federale non deve discostarsene dietro le quinte senza interpellare il Parlamento», ha dichiarato il leader dei Verdi Balthasar Glättli, che vede la neutralità svizzera in pericolo.