Giustizia Aggressione alla Manor, condannata l'accoltellatrice

pv, ats

19.9.2022 - 11:26

La Manor di Lugano poche ore dopo l'attacco nel novembre 2020.
La Manor di Lugano poche ore dopo l'attacco nel novembre 2020.
Keystone

Nove anni: è la condanna inflitta dal Tribunale penale federale (TPF) di Bellinzona all'autrice dell'aggressione di matrice jihadista avvenuta ai danni di due donne il 24 novembre 2020 alla Manor di Lugano. La donna andrà in un istituto di cura e non in carcere.

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La donna, cittadina svizzera di 30 anni, è stata riconosciuta colpevole di tentato assassinio e di violazione della legge federale che vieta i gruppi «Al-Qaïda» e «Stato islamico» nonché le organizzazioni associate. Era anche chiamata a rispondere di esercizio illecito della prostituzione.

L'accusa non aveva dubbi: quello verificatosi a Lugano «è stato un attentato terroristico». Per questo motivo, e in virtù del fatto che l'autrice dell'atto «non ha mai mostrato un briciolo di pentimento», la procuratrice federale aveva chiesto una condanna a 14 anni di reclusione, di cui 11 per tentato assassinio e tre per adesione a gruppi Al Qaïda, Stato islamico e associati, sospesi a favore di un trattamento stazionario in una struttura chiusa. Aveva anche chiesto 200 franchi di multa per ripetuto esercizio illecito della prostituzione. La difesa aveva negato la matrice jihadista dell'accaduto.

La donna, che vive in Ticino, si era fatta consigliare un coltello da pane affilato da una commessa del reparto casalinghi dei grandi magazzini Manor di Lugano prima di commettere il reato. Con esso aveva poi accoltellato due donne scelte a caso. La lama del coltello da pane seghettato era lunga 21 centimetri.

Alla prima vittima, la 30enne aveva inferto una ferita al collo profonda almeno dieci centimetri e altre lesioni al viso, agli avambracci, ai polsi e alle mani. La seconda vittima era stata ferita alla mano destra: era riuscita, insieme ad altre persone presenti sul posto, a fermare l'assalitrice e a trattenerla fino all'arrivo della polizia.

La vittima ferita più gravemente si è costituita parte civile nel processo: ha presentato una richiesta di risarcimento per 440'000 franchi.

Durante l'aggressione con il coltello, la donna aveva gridato «Allah u Akbar» – «Dio è il più grande» e «Sono qui per l'Isis». Secondo informazioni dell'Ufficio federale di polizia (fedpol), cinque anni prima l'accusata aveva avuto contatti con un combattente jihadista, del quale si era innamorata tramite i social media. Nel 2017 aveva cercato di recarsi in Siria, ma era stata fermata al confine turco-siriano e rimandata in Svizzera dalle autorità turche.

La donna ha sofferto di problemi psichiatrici ed era stata ricoverata in un istituto psichiatrico al suo ritorno in Svizzera. Tuttavia, dal 2017 non è comparsa in nessuna indagine a sfondo terroristico presso la fedpol.