Freno manomesso Mottarone: svolta decisiva nelle indagini, tre fermi nella notte

SDA

26.5.2021 - 07:47

La carcassa della funivia
La carcassa della funivia
Keystone

La svolta è arrivata quasi all'alba, dopo una notte di interrogatori serrati e, a tratti, anche tesi e drammatici: il freno della cabina è stato «disattivato» volontariamente su ordine dei vertici aziendali.

A tre giorni dalla tragedia del Mottarone, il crollo della cabina della funivia in cui sono morte quattordici persone, tra cui due bimbi, ci sono tre fermati. Si tratta di Luigi Nerini, proprietario della società che gestisce l'impianto, la Ferrovie Mottarone srl, il direttore e il capo operativo del servizio.

A disporre il fermo è stato il procuratore della Repubblica di Verbania, Olimpia Bossi, che con il pm Laura Carrera coordinano le indagini dei carabinieri, in seguito all'analisi della cabina precipitata e agli interrogatori. Un confronto di oltre dodici ore con dipendenti e tecnici dell'impianto convocati nella caserma dell'Arma, a Stresa, dal pomeriggio di ieri.

Persone informate sui fatti, in un primo momento, ma già ieri sera, con l'arrivo dei primi avvocati, è stato chiaro che la posizione di alcuni di loro era cambiata. Dopo mezzanotte è arrivato anche Nerini, raggiunto in seguito anche dal suo difensore, l'avvocato Pasquale Pantano.

Un gesto volontario

Nei confronti dei tre fermati, per i quali la procura di Verbania chiederà nelle prossime ore la convalida del fermo e la misura cautelare, è stato raccolto quello che il procuratore Olimpia Bossi definisce «un quadro fortemente indiziario».

L'analisi dei reperti ha infatti permesso di accertare che «la cabina precipitata presentava il sistema di emergenza dei freni manomesso». Per gli inquirenti, il 'forchettone', ovvero il divaricatore che tiene distanti le ganasce dei freni che dovrebbero bloccare il cavo portante in caso di rottura del cavo trainane, non è stato rimosso.

Un «gesto materialmente consapevole», per «evitare disservizi e blocchi della funivia», che da quando aveva ripreso servizio, presentava «anomalie».

Da più giorni senza i freni

Entrata in funzione da circa un mese, dopo lo stop a causa della pandemia, la funivia del Mottarone «era da più giorni che viaggiava in quel modo e aveva fatto diversi viaggi», precisa il procuratore Olimpia Bossi. Interventi tecnici, per rimediare ai disservizi, erano stati «richiesti ed effettuati», uno il 3 maggio, ma «non erano stati risolutivi e si è pensato di rimediare».

Così, «nella convinzione che mai si sarebbe potuta verificare una rottura del cavo, si è corso il rischio che ha purtroppo poi determinato l'esito fatale», sottolinea il magistrato, che parla di «uno sviluppo consequenziale, molto grave e inquietante, agli accertamenti svolti».

Hanno deciso i vertici aziendali

Il comandante dei carabinieri di Verbania, tenente colonnello Alberto Cicognani ha risposto a un giornalista, che gli chiedeva se il freno della funivia non era stato attivato volontariamente, che i tre indagati «lo hanno ammesso».

L’ufficiale ha parlato ai microfoni di RAI3, precisando che la decisione fu presa dai vertici aziendali per problemi tecnici irrisolti all’impianto.

Cicognani ha spiegato che «c'erano malfunzionamenti nella funivia, è stata chiamata la manutenzione, che non ha risolto il problema, o lo ha risolto in parte. Per evitare ulteriori interruzioni del servizio hanno scelto di lasciare la forchetta che impedisce al freno d'emergenza di attivarsi».

Le indagini continuano

Le indagini non sono finite. E non solo perché, con l'intervento dei tecnici, sarà necessario confermare quanto emerso dai primi accertamenti.

La procura di Verbania intende infatti «valutare eventuali posizioni di altre persone». «Si è tutto accelerato nel corso del pomeriggio e di questa notte – conclude il procuratore lasciando la caserma -. Nelle prossime ore cercheremo di verificare, con riscontri di carattere più specifico, quello che ci è stato riferito», conclude parlando di «un quadro fortemente indiziario» nei confronti dei fermati.

Persone che avevano, «dal punto di vista giuridico ed economico, la possibilità di intervenire. Coloro che prendevano le decisioni». E che, secondo gli sviluppi dell'inchiesta, non l'hanno fatto.

Primi segnali di risveglio del bimbo sopravvissuto

Intanto, ieri in serata ci sono stati i primi segnali di risveglio del bimbo di 5 anni sopravvissuto. «Il risveglio è partito, la risposta è positiva. Comincia a dare i primi segnali con colpi di tosse e alcuni momenti di respiro spontaneo. Ma in termine precauzionali stiamo andando con più calma e attenzione proprio perché la situazione del bambino è critica, seppur abbiamo dei segnali positivi».

Lo ha indicato il direttore generale dell'azienda ospedaliero-universitaria Città della Salute e della Scienza di Torino, Giovanni La Valle, dopo che il Eitan è stato risvegliato dal coma indotto dai medici dell'ospedale Regina Margherita di Torino dov'è ricoverato.

«La situazione clinica resta critica e la prognosi resta riservata. Il bambino è ancora intubato. Se andiamo avanti in questa maniera e resta stabile l'auspicio è che riusciamo a instubarlo mercoledì mattina. Procediamo con cautela perché la situazione complessiva di politrauma rende l'attenzione all'evoluzione anche del risveglio più attenta e accorta», aggiunge La Valle.