Forum EOC all'USI Sempre più persone si ammalano di tumore, ma sempre meno muoiono

SwissTXT/Red

13.5.2022

Immagine illustrativa/foto d'archivio.
Immagine illustrativa/foto d'archivio.
© Ti-Press / Benedetto Galli

Il campus dell'USI ospita – questi giovedì e venerdì – il forum dei centri oncologici specialistici dell'Ente ospedaliero cantonale, in cui hanno luogo incontri e interventi sulle novità nella cura dei tumori, dato che anche negli ultimi 10 anni in Ticino le diagnosi sono decisamente aumentate.

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Tuttavia la buona notizia è che – come riporta la RSI – la mortalità è diminuita. Infatti sulle 40'000 diagnosi di tumore fatte ogni anno in Svizzera sopravvive il 70% dei pazienti.

I centri oncologici specialistici ticinesi sono nati negli scorsi anni per gestire al meglio le tipologie di tumore più frequenti, tra cui rientrano il cancro al seno, ai polmoni, alla prostata, ma anche quello al retto o al colon.

Questi centri sono però chiamati ad affrontare una nuova sfida: ci sono più persone che si ammalano e meno che muoiono, ma quelle che sopravvivono sono da seguire dopo la guarigione. Succede così che i medici si trovano a dover seguire molte più persone.

Una tavola rotonda

In realtà le competenze sono rimaste le stesse, però sono state riorganizzate. Si è capito che la prossimità è un concetto fondamentale per riuscire a essere sempre vicini al paziente e quindi che un ammalato può andare in ospedale a Lugano, Mendrisio piuttosto che a Locarno, ma deve però ricevere lo stesso tipo di trattamento.

E questo è possibile perché gli specialisti di tutti i team multidisciplinari ora si riuniscono ogni settimana e discutono ogni caso singolarmente. Questa tavola rotonda diventa sempre più efficiente, ma anche più complessa, perché alla chemioterapia e alla radioterapia si sono aggiunte molte altre possibilità di cura. E qui si parla di chirurgia robotica, nuove terapie come l'immunoterapia o anche di intelligenza artificiale.

Dall'esperienza alla scrittura

Al campus USI la RSI ha intervistato Corinne Amrain Negri che, nel suo libro intitolato «Surreale», racconta come ha accompagnato il padre malato di un tumore causato dall'esposizione all'amianto, avvenuta in Ticino, nell'ambito della sua professione: «Ho raccontato in questo mio libro l'ultima estate che ho passato con mio padre. Gli ultimi passi, insomma, che ha mosso sulla Terra».

La diagnosi ha lasciato poche speranze: «Il tumore ai polmoni di mio padre non era operabile. Il suo epilogo era già scritto. Quindi ho smesso di nutrire la speranza e ho impiegato queste energie a nutrire la rassegnazione. Questo è stato il punto di svolta. Rassegnarsi non vuol dire fermarsi e aspettare la fine. Rassegnarsi significa non sperare inutilmente, ma utilizzare queste energie per vivere in momenti preziosi e belli, anche in una situazione così tragica», racconta Corinne.

«Io e mio padre a parole non ci siamo mai detti "ti voglio bene". Io ci ho pensato tante volte in quell'estate se dovevo dirglielo, perché da lì a poco non ci sarebbe più stato mio padre. E la cosa che ricordo con grande affetto è stata una cosa semplicissima. Ho chiesto a mio padre dove voleva stare, se preferiva sedersi sul divano, andare in cucina a fare qualcos'altro. E lui mi ha risposto: "Io voglio stare dove ci sei tu". E per me quello è stato un "ti voglio bene"». Questo uno dei ricordi condivisi da Corinne alla RSI.

«Saper cogliere i momenti belli»

Il padre di Corinne – così almeno secondo il medico – ha sviluppato questo tumore dopo che negli anni '70 durante il suo lavoro è stato esposto per 15 giorni all'amianto.

Purtroppo però Corinne, nonostante si sia presa cura di lui, non ha diritto a nessun risarcimento: «Io non ho diritto a niente perché non vivevo sotto lo stesso tetto di mio padre. Abito a un minuto da casa sua, ma non ho diritto a niente. Io ho preso un congedo dal mio lavoro, un congedo non pagato di quattro mesi. Ho rinunciato al mio stipendio perché ho ritenuto importante seguire mio padre».

Corinne conclude dicendo che il messaggio del suo libro è dare l'opportunità di vivere un'esperienza drammatica attraverso uno sguardo diverso, «cioè il saper cogliere i momenti belli».