Guerra in UcrainaVon der Leyen torna a Kiev e in dono porta un prestito da 35 miliardi di euro e un piano d'emergenza
SDA
20.9.2024 - 21:30
Ursula von der Leyen, dopo aver passato la boa della presentazione della nuova squadra, si è concessa l'ottava visita a Kiev per incontrare il presidente Volodymyr Zelensky e coordinare le prossime mosse, data la centralità dell'Ucraina per le sorti dell'Unione Europea.
20.09.2024, 21:30
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In dono, questa volta, Ursula ha portato un prestito da 35 miliardi di euro potenziali e un piano d'emergenza per sostenere l'infrastruttura energetica del Paese, martellata incessantemente dai russi.
Fatih Birol, direttore esecutivo dell'Agenzia Internazionale dell'Energia (AIE), alla vigilia del viaggio di von der Leyen, aveva lanciato l'allarme: «Per l'Ucraina rischia di essere l'inverno più difficile».
Vediamo per prima cosa la questione del prestito. La cornice è quella dell'accordo raggiunto al G7 pugliese, in cui i leader si erano impegnati a fornire all'Ucraina 50 miliardi di dollari con, a garanzia, i profitti degli asset della Banca Centrale russa immobilizzati in Europa.
Bene. Peccato che gli USA, poi, abbiano sollevato obiezioni al metodo usato dagli europei per applicare le sanzioni ai circa 200 miliardi presenti nei conti della belga Euroclear: la conferma ogni sei mesi. Servirebbe, sostiene Washington, un orizzonte più lungo.
L'alto rappresentante Josep Borrell dunque presenterà a breve un regolamento per far sì che, solo ed unicamente su questo aspetto, le sanzioni durino 36 mesi. Ma c'è un problema. Budapest (sempre lei) si dice in disaccordo. Sarebbe bene aspettare le elezioni presidenziali, sai mai che poi vince Donald Trump e tutto cambia. E siccome per questo passaggio serve l'unanimità, regna l'incertezza.
Un meccanismo di cooperazione per i prestiti all'Ucraina
La Commissione però ha trovato una soluzione. Innanzitutto propone d'istituire «un meccanismo di cooperazione per i prestiti all'Ucraina», che sosterrà l'UE e i partner del G7 nell'erogazione di prestiti fino a 45 miliardi di euro (ovvero i famosi 50 miliardi di dollari) garantiti dagli asset russi.
Una scatola, insomma. Dopo, per riempirla, sempre l'esecutivo UE chiede agli Stati membri di approvare un altro prestito ancorato al bilancio europeo (come fatto in passato), in modo da schivare il veto ungherese, dato che in questo caso serve solo la maggioranza qualificata.
«Noi facciamo la nostra parte e sono certa che altri faranno la loro», ha detto von der Leyen a Kiev, riferendosi chiaramente agli USA e ai partner restanti del G7 (Canada, Regno Unito e Giappone, in teoria responsabili di 10 miliardi).
Non è poco. L'UE, di fatto, davanti alle incertezze degli USA anticipa i quattrini. Cosa che potrebbe fare anche Washington, garantendo con un pagherò del Tesoro nel caso in cui l'articolato schema vada a rotoli. «Tanto più che sono stati proprio gli americani a spingere per dare a Kiev questi 50 miliardi», nota un alto funzionario europeo.
Per carità, il razionale non fa una grinza: l'Ucraina ha bisogno subito di molti fondi, non tanti pagamenti diluiti nel tempo. Von der Leyen ha infatti chiarito che Kiev potrà spendere i soldi come vuole, anche in armi.
Zelensky sul punto è stato chiarissimo. «È fondamentale – ha detto – che noi possiamo usare i fondi del Fondo Europeo per la Pace e del Fondo per l'Ucraina per sostenere le nostre forze armate: questi fondi non devono essere bloccati perché questo avrebbe un impatto sulla nostra capacità di sostenere i nostri militari al fronte».
E poi c'è anche il fronte dell'energia
Ma, come anticipato, c'è anche il fronte dell'energia. «Non vi lasceremo al buio», ha promesso von der Leyen. Dall'inizio della guerra, infatti, metà dell'infrastruttura energetica del Paese è stata distrutta, eliminando una capacità di produzione pari a 9 GW.
Ecco, l'UE – tra esportazione di elettricità e ripristino della generazione in loco, con investimenti mirati da 160 milioni di euro – punta a recuperare «4,5 GW». Naturalmente la prossima tappa è il viaggio di Zelensky a Washington, dove presenterà il suo piano per chiudere la guerra «in modo sostenibile». Perché ormai è chiaro che, Trump o non Trump, il conflitto non può protrarsi all'infinito.