Guerra in Medio Oriente Una marea umana blocca Tel Aviv per protesta contro il Governo, Netanyahu furibondo

SDA

2.9.2024 - 21:25

Una marea umana blocca Tel Aviv.
Una marea umana blocca Tel Aviv.
KEYSTONE

Centinaia di migliaia di persone in piazza, autostrade bloccate, traffico immobile, l'aeroporto internazionale di Tel Aviv fermo per ore, uffici pubblici, scuole, asili chiusi, grandi aziende vuote, comprese le vitali company dell'high tech israeliano. Lo sciopero generale contro il governo Netanyahu e a favore dell'accordo sulla liberazione degli ostaggi è pienamente riuscito.

Il Paese, come aveva annunciato il Forum delle famiglie dei rapiti, lunedì è rimasto paralizzato dalle proteste. Facendo letteralmente infuriare il primo ministro che, durante la riunione di governo ha sbottato: «Lo sciopero è una vergogna. State dicendo a Sinwar: avete ucciso sei persone, qui noi vi sosteniamo».

Nella prima dichiarazione dopo la proclamazione dello sciopero generale, Netanyahu ha attaccato duramente i dimostranti.

E, per essere ancora più chiaro, ha detto di opporsi alla richiesta del ministro della Difesa Yoav Gallant di annullare la decisione di giovedì scorso secondo cui l'Idf resterà nel Corridoio Filadelfia. Uno dei nodi su cui si sono arenati i colloqui per l'accordo con Hamas.

Forti pressioni del Governo

Le proteste sarebbero continuate fino a tarda sera se alle 12.30 non fosse piombata sui cortei la decisione del tribunale del lavoro: con l'ordine di interrompere l'astensione alle 14.30 (le 13.30 in Svizzera), «dopo avere ascoltato le posizioni delle parti».

L'ingiunzione è arrivata dopo le forti pressioni del governo per non bloccare il Paese e un ricorso presentato d'urgenza ai giudici.

Due giorni prima, un ministro del Likud – lo stesso partito del premier – che ha mantenuto l'anonimato ha riferito i forti timori di Netanyahu per l'entità delle proteste contro il governo. Nel frattempo, i parenti dei rapiti che non sono interessati alle sentenze hanno chiesto alla popolazione di continuare a scendere in strada finché gli ostaggi non torneranno a casa.

Proteste esplose dopo la conferma che i corpi trovati in un tunnel di Gaza erano di sei giovani ostaggi

Le proteste sono esplose dopo che le forze di difesa israeliane hanno confermato domenica mattina che i corpi trovati in un tunnel di Gaza erano di sei giovani ostaggi, giustiziati con diversi colpi alla testa e in altre parti del corpo.

A suscitare ulteriore sdegno e frustrazione in Israele è stato l'annuncio di Hamas di aver pubblicato lunedì un video con i sei giovani assassinati. Non è chiaro quando sia stato girato il filmato, ma i miliziani islamisti di Gaza hanno dichiarato che si trattava del promo di una clip più lunga che «verrà postata a breve». I media israeliani si sono rifiutati di pubblicare le immagini.

Ma a nessuno sfugge il tempismo macabro e l'attitudine sadica nei confronti di un intero Paese e, soprattutto, verso le famiglie piegate dalla perdita. Sentimento ben visibile durante i funerali a Gerusalemme di uno dei ragazzi uccisi tra giovedì e venerdì insieme con altri 5 ostaggi.

Il presidente Isaac Herzog ha tenuto l'elogio funebre per il 23enne israelo-americano Hersh Goldberg-Polin, rapito al festival Nova il 7 ottobre: «Hersh, chiedo perdono a nome dello Stato di Israele per non essere riusciti a riportarti in patria sano e salvo e non aver saputo proteggerti», ha detto il capo dello Stato. E il padre John: «Faremo di tutto affinché la tua morte e quella di tutti i soldati che hanno perso la vita non siano state vane».

Hamas mantiene la sua linea

Mentre il mondo crolla in Israele, per il dolore e una popolazione drammaticamente spaccata tra pro e contro Bibi, Hamas mantiene la sua linea: «Gli ostaggi trovati morti a Gaza sarebbero ancora vivi se Netanyahu avesse accettato un accordo di cessate il fuoco», ha detto in un'intervista ad al Jazeera il vicepresidente dell'Ufficio politico e capo negoziatore di Hamas Khalil al-Hayya.

Senza aggiungere che i raid dell'Idf nella Striscia hanno colpito duramente i miliziani, specie quelli che sono usciti dai tunnel e si nascondono negli edifici e nelle scuole-rifugio per colpire le truppe.

Ma al-Hayya non vive a Gaza, parla da Doha, dove il direttore del Mossad David Barnea è arrivato lunedì sera per discutere dei tentativi di accordo con il primo ministro del Qatar Mohammed bin Abdulrahman Al Thani, proprio in un momento di intensi sforzi degli Stati Uniti per raggiungere la tregua e il rilascio dei rapiti.