Guerra Scontro in UE sulle armi a Kiev, Budapest attacca Borrell

SDA

29.8.2024 - 21:22

L'Alto rappresentante europeo dell'Unione per gli affari esteri Josep Borrell e il ministro degli esteri ucraino Dmytro Kuleba
L'Alto rappresentante europeo dell'Unione per gli affari esteri Josep Borrell e il ministro degli esteri ucraino Dmytro Kuleba
KEYSTONE

L'Unione europea riparte dopo la pausa estiva – perlomeno in termini d'incontri ufficiali – e subito s'incarta sull'ormai caldissima questione delle restrizioni all'uso delle armi fornite all'Ucraina. Il dibattito, per la verità, dura da mesi ma la sortita nel Kursk da parte di Kiev ha cambiato la prospettiva.

«Ci troviamo in uno scenario nuovo adesso», ha evidenziato il ministro degli esteri ucraino Dmytro Kuleba, invitato a Bruxelles dall'Alto rappresentante per la politica estera dell'UE Josep Borrell appositamente per perorare la causa davanti ai 27 riuniti in Consiglio esteri.

«L'Ucraina deve poter usare le armi in pieno, altrimenti sono inutili», ha rimarcato Borrell. Suscitando subito l'ira di Budapest: «Queste sono proposte folli, va fermato».

Il punto, come al solito, è che sono i singoli paesi a decidere come l'Ucraina debba usare le armi. Alcuni hanno rimosso ogni tabù fin da subito, altri sono più cauti.

Ma perché l'operazione di Kursk rappresenterebbe un salto di qualità? «Abbiamo dimostrato che possiamo battere Mosca se siamo appropriatamente equipaggiati e che le linee rosse della Russia sono vuote, non c'è il rischio di un'escalation», ha spiegato Kuleba.

«Ma dobbiamo poter colpire gli obiettivi militari legittimi, come gli aeroporti da dove partono gli attacchi alle nostre infrastrutture».

«Ci sono troppi ritardi tra gli annunci e le effettive consegne»

Il ministro ucraino ha poi lanciato una delle critiche più forti agli alleati dall'inizio della guerra. «Ci sono troppi ritardi tra gli annunci sugli aiuti militari e le effettive consegne: sono ritardi che paghiamo con vite umane».

Un'analisi condivisa dal collega lituano Gabrielius Landsbergis. «Da giugno – ha rivelato – l'Ucraina non riceve munizioni, i Patriots promessi non sono stati ancora consegnati. Allora io mi domando: non siamo anche noi parte del problema?».

Una ricostruzione però contestata da Borrell, secondo il quale nelle ultime settimane le consegne di munizioni da parte dell'Europa «sono aumentate».

Il dibattito, ad ogni modo, nasconde una realtà ben più complessa (e amara). Da qualche settimana iniziano a girare cifre su quanti finanziamenti servirebbero davvero per permettere a Kiev di fermare la Russia di Vladimir Putin e ribaltare il corso del conflitto ed è una forchetta compresa tra i 400 e i 900 miliardi di euro.

Ecco perché i principali sostenitori dell'Ucraina – Usa e Germania – iniziano ad essere restii a prolungare quello che ormai pare uno sforzo inutile.

L'appello di Borrell e Kuleba non ha portato frutti

Da qui la necessità di trovare una strategia d'uscita. «Il ritardo nella consegna degli aiuti militari può essere facilmente percepito dagli ucraini come una spinta verso i negoziati con la Russia, perché i soldi stanno finendo», spiega all'ANSA un'alta fonte diplomatica europea.

«Ma l'Ucraina vuole una chiusura alle sue condizioni. Ecco allora spiegata l'offensiva di Kursk: vuole avere qualcosa da negoziare con Mosca, visto che potrebbe essere costretta ad avviare le trattative prima delle elezioni americane».

L'appello di Borrell e Kuleba non ha portato frutti. «Nel corso del Consiglio abbiamo affrontato la questione della rimozione delle limitazioni alle armi ma questa alla fine è una decisione nazionale ed è stata la volontà degli Stati membri che rimanga così, quindi non una decisione al livello europeo», ha dovuto concedere Borrell.

Gli animi si stanno surriscaldando

Domani sarà però la volta dei ministri della difesa, riuniti sempre a Bruxelles, e la questione tornerà probabilmente sul tavolo (Francia, Olanda, Lettonia e Polonia, ad esempio, erano a favore).

Ma gli animi si stanno indubbiamente surriscaldando. «La pericolosa furia dell'Alto rappresentante deve essere fermata: non vogliamo altre armi in Ucraina, non vogliamo altri morti, non vogliamo un'escalation della guerra», ha stigmatizzato il ministro degli esteri ungherese Péter Szijjártó.

Con Budapest ormai è scontro aperto. D'altra parte Borrell gli ha sfilato la passerella, visto che questo Consiglio si sarebbe dovuto tenere nella capitale ungherese.

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