Germania Il cancelliere tedesco Scholz è stato sfiduciato, il Paese torna alle urne

SDA

16.12.2024 - 20:22

Olaf Scholz è stato sfiduciato dal Bundestag e i tedeschi torneranno alle urne il 23 febbraio.
Olaf Scholz è stato sfiduciato dal Bundestag e i tedeschi torneranno alle urne il 23 febbraio.
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Olaf Scholz è stato sfiduciato dal Bundestag e i tedeschi torneranno alle urne il 23 febbraio. Un durissimo dibattito parlamentare, quasi una caccia al colpevole con rinfacci incrociati sulla crisi economica in cui è sprofondata la locomotiva d'Europa, ha aperto la strada alla pronuncia dell'aula che ha chiuso l'esperienza del governo del cancelliere, con un voto nettamente a sfavore.

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Ma alla fine tutto è filato liscio, proprio secondo i suoi calcoli: tanto che il Kanzler, preso atto dei 394 voti contrari e dei 116 astenuti (207 quelli che lo hanno sostenuto), ha stretto la mano compiaciuto al suo vice, il verde Robert Habeck, e con visibile sollievo si è diretto dal presidente della Repubblica Frank-Walter Steinmeier, per chiedere lo scioglimento della Camera. L'inquilino di Bellevue dovrà decidere adesso entro 21 giorni se si voterà nei prossimi due mesi. E il suo assenso è dato per certo.

«È la sesta volta che un cancelliere chiede la fiducia in parlamento», ha esordito Scholz, prendendo la parola davanti ai parlamentari, dove ad accompagnarlo c'era anche la moglie, Britta Ernst.

E ricordando che in tre casi prima di lui, Willy Brandt, Helmut Kohl e Gerhard Schoerder lo hanno fatto per andare alla elezioni anticipate, ha aggiunto: «Questo è anche il mio obiettivo».

Poi ha sferrato un attacco agli ex alleati, buttati fuori dal governo di fatto, col licenziamento del ministro delle Finanze Christian Lindner: «Governare non è un gioco e serve la necessaria maturità morale per farlo», ha scandito con parole suonate ancora una volta troppo dure alle orecchie dell'opposizione.

«Lei ha avuto la sua chance e non merita la fiducia»

Ma anche col cancelliere gli avversari non ci sono andati leggeri: «Lei ha avuto la sua chance e non merita la fiducia, signor Scholz», ha dichiarato il leader della CDU Friedrich Merz, che ha liquidato come «mera spudoratezza» le dichiarazioni di intenti del suo avversario, ricordandogli di aver fatto parte anche dei precedenti governi e addossandogli l'intera responsabilità della crisi in cui versa il Paese.

«Lei non sa cosa dicono in Europa in sua assenza», ha incalzato il leader conservatore, che stando ai sondaggi ha molte più probabilità di diventare cancelliere (per l'istituto Forsa la CDU è data al 31%, l'SPD al 17%).

Lo scontro in aula, un assaggio della campagna elettorale dei prossimi due mesi, è stato completamente assorbito dalla crisi. «Una delle peggiori», secondo Merz, che vorrebbe cambiare marcia e insiste sul fatto che i tedeschi lavorino troppo poco.

La Germania verso degli investimenti pubblici?

Scholz ha un'altra ricetta: vuole riformare il freno al debito e ha attaccato stavolta senza mezzi termini la linea dell'austerity. «Tutti consigliano di fare investimenti pubblici. Sbagliano tutti? Se c'è un paese al mondo che può permettersi di investire nel futuro, quello siamo noi», ha detto.

Fino a sottolineare esplicitamente: «Gli altri Paesi dei G7 hanno un debito di oltre il 100% del Pil, noi siamo al 60%. Questa leva va girata e adesso». Una questione su cui gli ha replicato il solito Lindner, per il quale la Germania deve fare da modello in UE: «Se violerà le regole di bilancio nel resto dell'Unione si apriranno gli argini ai debiti» mentre «la stabilità della moneta comune deve avere priorità nella nostra politica».

Scholz ha promesso anche un ulteriore aumento del salario minimo, «ho mantenuto la promessa di portarlo a 12 euro, mi batterò per alzarlo a 15».

Ed è tornato anche sull'Ucraina: la Germania resterà il maggior sostenitore in Europa, «ma con me cancelliere non saranno inviati soldati tedeschi», ha sottolineato ribadendo anche la sua contrarietà all'invio dei missili Taurus. Una linea condivisa anche dai partiti populisti, tanto che tre deputati di AFD oggi hanno votato perché il Kanzler restasse.