Guerra Sale la tensione in Medio Oriente, Israele punta a rispondere a Hezbollah

SDA

28.7.2024 - 21:31

Israele sta preparando la sua risposta all'attacco mortale dal Libano che a Mjdal Shams sul Golan ha ucciso 12 bambini e adolescenti drusi in un campo di calcio.

Benjamin Netanyahu in un'immagine d'archivio.
Benjamin Netanyahu in un'immagine d'archivio.
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Una prima reazione militare israeliana, con la tensione ormai alle stelle, c'è stata la notte scorsa ma non è stata sicuramente quella definitiva. A deciderne il momento e l'ampiezza è il Gabinetto di sicurezza politico convocato al complesso della difesa a Tel Aviv dal premier Benyamin Netanyahu appena sbarcato dall'aereo che lo ha riportato dagli Usa. Allo stesso tavolo il ministro della difesa Yoav Gallant e i vertici militari.

Fonti diplomatiche a Washington e a Beirut hanno dato per «certa» la risposta anche se – hanno aggiunto – si sta lavorando «per limitare l'attacco in termini di dimensioni e luoghi, evitando le grandi città densamente popolate, inclusa Beirut». Obiettivo è quello di non scatenare – con la contro-reazione degli Hezbollah – una guerra aperta.

Intanto il capo di stato maggiore dell'Idf Herzi Halevi ha tenuto «una riunione di valutazione e di approvazione dei piani operativi per il Fronte del nord». Piani sul tavolo del Gabinetto di sicurezza che stabiliscono le modalità e le zone interessate dall'azione.

Hezbollah teme la reazione

Hezbollah sabato ha negato ma anche secondo la Casa Bianca dietro il razzo che ha ucciso in Golan c'è la sua responsabilità. E ora teme la reazione e si sta preparando: secondo fonti della sicurezza libanese ha già sguarnito alcune postazioni chiave del proprio schieramento militare nel sud del Libano e nella parte est della Valle della Bekaa.

Mentre anche tutto il Libano è in allerta con una compagnia aerea che ha rinviato a lunedì l'arrivo di sei voli schedulati in serata. E il ministro degli esteri libanese Abdallah Bou Habib avrebbe chiesto agli Usa di fare pressione su Israele per limitare l'attacco.

Il mondo vuole evitare la guerra totale

Il mondo intanto si muove per evitare la guerra totale con Washington che «sta lavorando a una soluzione diplomatica lungo la Blue Line» per porre «fine a tutti gli attacchi una volta per tutte e consentire ai cittadini su entrambi i lati del confine di tornare a casa in sicurezza».

Anche l'Italia si è mossa con il ministro Tajani, in coordinamento con Crosetto, che sta seguendo l'evoluzione della crisi in contatto con i governi ebraico e libanese, per «evitare un'ulteriore escalation negli scontri militari nella regione. Una fase che potrebbe finire fuori controllo e provocare altri danni e lutti dolorosi in un'area colpita da un conflitto che andrebbe al contrario totalmente disinnescato».

La notte dopo l'attacco in Golan l'aviazione israeliana – in una prima reazione al missile Falaq-1 di oltre 50 chili di derivazione iraniana – «ha colpito una serie di obiettivi terroristici di Hezbollah sia in profondità nel territorio libanese che nel sud del Libano».

«Compresi – ha aggiunto il portavoce militare – i depositi di armi e le infrastrutture terroristiche nelle aree di Chabriha, Borj El Chmali, Beqaa, Kfarkela, Rab El Thalathine, Khiam e Tayr Harfa». Un raid ampio ma non ancora decisivo. Non si fermano però i lanci di razzi dal Libano, cominciati l'8 ottobre scorso in solidarietà con Hamas.

Il giorno dopo Majdal Shams – dove si sono svolti gli strazianti funerali delle vittime e i ministri israeliani sono stati contestati – Hezbollah ha rivendicato di aver lanciato due attacchi nel nord di Israele in risposta a quelli in Libano. In soccorso degli alleati Hezbollah è sceso in campo l'Iran che ha messo in guardia sulle conseguenze di «qualsiasi nuovo avventurismo di Israele, con il pretesto di rappresaglia per gli attacchi missilistici sulle alture del Golan».

Nessuna svolta nei negoziati

E mentre a Roma non c'è stata nessuna svolta sull'accordo per la tregua e gli ostaggi nella riunione tra Cia, Mossad, Qatar e 007 egiziani (esaminata la nuova proposta israeliana si è rinviato, ancora una volta, a successivi colloqui), è tornato a parlare su Telegram il leader politico di Hamas Ismail Haniyeh.

Ha indetto per il 3 agosto una giornata «nazionale e internazionale di sostegno a Gaza e ai prigionieri» sottolineando «l'importanza e la necessità di un'effettiva partecipazione popolare nazionale, araba, islamica e internazionale, e la continuità di tutte le forme di manifestazioni e marce e la loro continuazione dopo il 3 agosto, finché l'occupazione sionista non sarà costretta a fermare la sua aggressione a Gaza».