Guerra in Medio Oriente Israele spegne Al Jazeera, fumata nera sulla tregua a Gaza

SDA

5.5.2024 - 20:36

Dei soldati israeliani guidano un carro armato in una zona di sosta vicino al confine con la Striscia di Gaza.
Dei soldati israeliani guidano un carro armato in una zona di sosta vicino al confine con la Striscia di Gaza.
KEYSTONE

Israele spegne Al Jazeera nel Paese mentre una nuova fumata nera al Cairo allontana l'agognata tregua a Gaza, nonostante l'ottimismo dei giorni scorsi, e avvicina invece l'operazione a Rafah, nel sud della Striscia.

5.5.2024 - 20:36

Da oggi l'emittente del Qatar non è più visibile in Israele. Il governo Netanyahu ha infatti votato la chiusura delle attività e la confisca delle attrezzature della tv, accusata di essere «il megafono» di Hamas a Gaza e di «istigare» contro Israele. Una decisione respinta da Al Jazeera, che l'ha definita «criminale».

L'approvazione da parte del governo è avvenuta all'unanimità, con qualche mal di pancia – per la concomitanza con le trattative in Egitto – dei ministri centristi del gabinetto di guerra, Benny Gantz e Gadi Eisenkot. Lo scorso primo aprile la Knesset ha varato una legge per bandire le «emittenti straniere che danneggiano la sicurezza dello stato».

Il ministro delle Comunicazioni Shlomo Karhi ha quindi firmato i provvedimenti che comprendono «la chiusura degli uffici, la confisca delle attrezzature del canale, compresi possibilmente i cellulari, e il blocco dell'accesso al sito web della tv».

Il capo del network in Israele e nei Territori Walid Omary ha preannunciato un possibile ricorso in tribunale. Hamas ha accusato Israele di voler così «nascondere la verità» sulla guerra, mentre l'Onu ha chiesto che il provvedimento sia ritirato.

Le trattative per la tregua un muro contro muro

Frattanto la trattativa tra Israele e Hamas si è consumata in un muro contro muro, sebbene sul tavolo – secondo una fonte araba – ci fosse «la migliore bozza di accordo» elaborata finora.

I colloqui in serata sono stati dichiarati conclusi e la delegazione di Hamas – dopo aver fornito la sua riposta ai mediatori di Egitto e Qatar – è tornata a Doha «per consultazioni con la leadership» del movimento.

Secondo i media egiziani, tornerà però martedì prossimo al Cairo per riprendere i negoziati mentre a Doha è arrivato in tutta fretta il direttore della Cia William Burns per spingere di nuovo alla ricerca di un'intesa prima che tutto «collassi».

Le posizioni continuano tuttavia a rimanere lontanissime. Il nodo è sempre lo stesso: Hamas insiste sulla fine definitiva del conflitto nella Striscia e il ritiro «totale» dell'Idf da Gaza. Condizioni che il premier Benyamin Netanyahu ha seccamente bocciato, liquidandole come diktat inaccettabili.

«Hamas vuole  un'intesa globale che ponga fine alla guerra»

È stato lo stesso leader della fazione islamica palestinese Ismail Haniyeh a ribadire la linea. «Hamas – ha detto da Doha – vuole raggiungere un'intesa globale che ponga fine all'aggressione, garantisca il ritiro dell'esercito e raggiunga un serio scambio di prigionieri. Che senso ha un accordo se il cessate il fuoco non è il primo risultato?».

«È Hamas che impedisce un accordo per il rilascio degli ostaggi», ha replicato Netanyahu, aggiungendo che «Israele era ed è tuttora pronto a concludere una tregua per liberare gli ostaggi».

Ma «le richieste estreme» di Hamas, ha aggiunto il primo ministro, «significano la resa» di Israele, che «invece continuerà a combattere fino al raggiungimento di tutti i suoi obiettivi».

L'operazione a Rafah sembra più vicina

Per questo ora l'operazione a Rafah, dove ci sono un milione e mezzo di sfollati palestinesi, sembra più vicina: «Comincerà molto presto», ha assicurato il ministro della Difesa Yoav Gallant. «Ho affrontato la questione intensamente nell'ultima settimana, compreso oggi», ha spiegato. La comunità internazionale, Stati Uniti in testa, è fortemente contraria.

E forse non è un caso che per la prima volta dal 7 ottobre l'amministrazione Biden la scorsa settimana abbia deciso di bloccare una spedizione di munizioni in Israele, come riferisce Barak Ravid di Axios. Il presidente americano si trova ad affrontare aspre critiche in patria da chi si oppone al suo sostegno incondizionato allo Stato ebraico.

A febbraio la Casa Bianca ha chiesto di fornire garanzie che le armi statunitensi fossero utilizzate dall'esercito israeliano a Gaza in conformità col diritto internazionale, con Israele che ha fornito una lettera di assicurazioni a marzo.

Israele chiude il valico di Kerem Shalom

Al 212esimo giorno di guerra intanto, Hamas ha rivendicato il lancio di almeno 10 razzi nell'area del valico di Kerem Shalom, quello da dove transitano i camion degli aiuti umanitari, con il motivo che sul posto «si erano radunati soldati».

Per tutta risposta lo Stato ebraico ha chiuso il valico, dove ci sono stati almeno 10 israeliani feriti. Secondo l'Idf, Hamas ha lanciato razzi da Rafah «a circa 300 metri da un'area usata come rifugio dagli sfollati».

Gli scontri proseguono anche al confine nord di Israele: Hezbollah ha rivendicato il lancio di «decine di razzi dopo la morte di tre civili a seguito di un attacco israeliano nel sud del Libano».

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