Guerra in Medio Oriente L'azzardo di Netanyahu: dà l'ok al ritiro delle truppe dal corridoio Filadelfia e dal valico di Rafah, ma poi nega

SDA

4.9.2024 - 21:49

Il premier israeliano Benyamin Netanyahu
Il premier israeliano Benyamin Netanyahu
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Quando è partito con urgenza per il Qatar, lunedì, il direttore del Mossad David Barnea, capo negoziatore per Israele, aveva in mano il mandato del premier Benyamin Netanyahu: cioè, riferire al premier del paese mediatore Mohammed bin Abdulrahman al-Thani, principale tramite con Hamas, che Israele avrebbe sostenuto l'accordo di ritirare le sue truppe dal corridoio Filadelfia e dal valico di Rafah. In linea con il piano Biden, purché fossero soddisfatte le richieste operative.

Qualche ora dopo lo stesso Netanyahu ha preso la parola in una conferenza stampa a Gerusalemme, due giorni dopo il ritrovamento dei sei ostaggi uccisi da Hamas a Rafah e a due mesi dall'ultima volta in cui aveva parlato in pubblico.

Davanti a una mappa interattiva della Striscia, con tanto di missilini, icone di terroristi in miniatura e sacchi di dollari, con una bacchetta in mano, Netanyahu ha escluso il ritiro delle Forze armate israeliane (IDF) dall'asse Filadelfia perché «il conseguimento degli obiettivi della guerra a Gaza passano per quel corridoio». Ottenendo il biasimo dell'intero mondo arabo.

«La conferenza stampa di Netanyahu aveva lo scopo di far naufragare l'accordo per ragioni politiche», ha tagliato corto un alto funzionario israeliano parlando con «Haaretz».

L'ufficio del premier non ha negato il timing e la ricostruzione degli eventi – partenza per Doha di Barnea e dichiarazioni di Netanyahu – riportata dai media locali e arabi, ma ha commentato che «il gabinetto non è ancora stato invitato a discutere alcuna parte della seconda fase dell'accordo».

«Per riavere indietro gli ostaggi, dobbiamo controllare il corridoio Filadelfia»

La questione è di tale importanza per il premier che oggi ha deciso di replicare in inglese la conferenza stampa che aveva tenuto lunedì in ebraico. E il copione si è ripetuto: «Per riavere indietro gli ostaggi, dobbiamo controllare il corridoio Filadelfia», ha ridetto Netanyahu.

Tuttavia, poche ore prima, il suo più stretto consigliere, il ministro degli affari strategici Ron Dermer, in un'intervista a Bloomberg ha fornito quella che dovrebbe essere l'effettiva posizione israeliana al tavolo delle trattative. Sottolineando che Israele non lascerà la zona cuscinetto tra Gaza e l'Egitto nella prima fase di un accordo con Hamas, Dermer ha lasciato uno spiraglio al ritiro completo dell'IDF in una seconda fase negoziata.

«Nella prima fase, Israele rimarrà sull'asse fino a quando non avremo una soluzione pratica sul terreno affinché il 7 ottobre non si ripeta. La fase uno di questo accordo è di negoziare le condizioni per la tregua permanente. Una volta conclusi questi colloqui, durante lo stop ai combattimenti, si media per un cessate il fuoco permanente: è allora che si può discutere di accordi di sicurezza a lungo termine sul corridoio Filadelfia», ha affermato Dermer, aggiungendo che spera in un accordo nelle prossime due settimane.

I colloqui non sono crollati, ma «è tempo di chiudere l'accordo»

Il messaggio del ministro israeliano conferma praticamente le dichiarazioni arrivate da Washington martedì: i colloqui non sono crollati ma «è tempo di chiudere l'accordo». Gli Usa infatti hanno elaborato una nuova bozza di accordo dettagliata che dovrebbe arrivare ai paesi mediatori a breve.

Del resto neppure Yahya Sinwar si è spinto a dichiarare conclusi gli incontri. Anzi, gli analisti ritengono che per il leader di Hamas «raggiungere un cessate il fuoco è più importante di qualsiasi altra cosa in questo momento», ha scritto «Haaretz».

E l'uccisione a sangue freddo dei sei giovani ostaggi è «il metodo scelto dal leader di Hamas per arrivare prima alla tregua».

Distruzione dell'arsenale di Hamas e di migliaia di miliziani

Un'urgenza più volte emersa da fonti anonime di Gaza, dove 11 mesi di guerra hanno provocato la distruzione di molta parte dell'ingente arsenale di Hamas e l'eliminazione di migliaia di miliziani. L'IDF ha fatto sapere che durante le operazioni dell'ultima settimana 200 terroristi sono stati uccisi.

Altri due, ha detto l'esercito, sono morti in scontri armati a Tulkarem, in Cisgiordania. Dove da ormai una settimana è in corso il più vasto intervento antiterrorismo delle truppe ebraiche negli ultimi anni.

Il ministro della difesa Yoav Gallant ha dichiarato che in Cisgiordania l'esercito sta «falciando l'erba», ma alla fine dovrà «estirpare le radici», lasciando intendere che le operazioni sono solo all'inizio. In giornata nell'area sarebbero stati trovati interi arsenali e anche una bomba sistemata dentro un passeggino.

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