Venti di guerra Attacco dell'Iran sarebbe imminente, allerta in Israele

SDA

4.8.2024 - 21:10

L'uccisione del leader politico di Hamas, Ismail Haniyeh, potrebbe spingere l'Iran ad attaccare per rappresaglia lo Stato di Israele.
L'uccisione del leader politico di Hamas, Ismail Haniyeh, potrebbe spingere l'Iran ad attaccare per rappresaglia lo Stato di Israele.
Keystone

Israele e Stati Uniti si aspettano che la rappresaglia dell'Iran per l'uccisione del capo politico di Hamas Ismail Haniyeh a Teheran sia ormai imminente e che possa essere lanciata già lunedì, secondo indiscrezioni rivelate dal sito di notizie Usa, Axios.

Stasera il portavoce delle forze di difesa israeliane Daniel Hagari, pur confermando che «l'allerta è altissima», ha spiegato che le disposizioni di sicurezza per la popolazione al momento non cambiano. E sempre in serata il premier Benyamin Netanyahu ha riunito i vertici militari e di intelligence al ministero della Difesa a Tel Aviv.

Intanto in Medio Oriente è arrivato il capo del Centro di comando americano (Centcom) Michael Kurilla che dovrebbe recarsi, oltre che in Israele, anche in Giordania e in diversi Paesi del Golfo.

Anche se la visita era prevista, sembra evidente che la sua presenza entri nei preparativi per gestire la risposta iraniana all'eliminazione di Haniyeh poche ore dopo l'insediamento del neopresidente iraniano.

Dietro le quinte ferve il lavoro delle diplomazie occidentali e degli alleati arabi per cercare di contenere gli attesi raid della Repubblica islamica ed evitare che la regione precipiti in un conflitto più esteso dagli esiti imprevedibili.

Oggi il ministro degli Esteri giordano Ayman Safadi ha raggiunto Teheran per incontrare l'omologo Ali Bagheri Kani, dopo la telefonata del fine settimana.

Ma Safadi, pur dichiarando che la Giordania «non permetterà a nessuno di trasformare il Paese in un campo di battaglia», non può far dimenticare che Amman ha già fatto la sua parte in favore di Israele tra il 13 e il 14 aprile, contribuendo in maniera cruciale a intercettare il massiccio bombardamento di centinaia missili e droni che l'Iran lanciò quella notte contro lo Stato ebraico.

Dal Kuwait, il ben informato quotidiano Al-Jarida ha rivelato invece che una delegazione americana nei giorni scorsi si è recata in Turchia e poi nella città iraniana di Karaj per un incontro segreto mediato dall'Oman con alti funzionari del Paese.

L'obiettivo era quello di trasmettere un messaggio da parte di Joe Biden: «Calma e avvertimento» prima di tutto, poi il disappunto del presidente per la continua escalation di Benyamin Netanyahu. Quindi a Teheran è stato chiesto di non «cadere nella trappola» di un attacco su vasta scala che nei fatti rafforzerebbe solo il potere internazionale di Bibi.

Anche il G7 si è mosso, con i ministri degli Esteri convocati in video conferenza da Antonio Tajani (l'Italia detiene la presidenza di turno) che hanno esortato «le parti interessate» a «desistere da qualsiasi iniziativa che possa ostacolare il percorso del dialogo e della moderazione e favorire una nuova escalation».

Di fronte a tanto sforzo diplomatico, Teheran ha risposto picche. Stando alle fonti del Wall Street Journal, il governo iraniano avrebbe respinto gli appelli dei diplomatici arabi e affermato che non gli importa nulla se la sua risposta a Israele porterà ad una guerra.

Questa volta la Guida suprema Ali Khamenei sarebbe intenzionato a farla pagare cara al «nemico sionista», reo di aver inflitto agli ayatollah una figuraccia mondiale difficile da digerire.

E infatti, nonostante le dichiarazioni di Netanyahu che ha avvertito a gran voce che «la mano lunga del suo Paese colpirà ovunque», la realtà è che Israele è sulla graticola.

Con una popolazione terrorizzata, prigioniera di un'attesa irreale, e senza informazioni certe neppure da parte del suo governo. Per il momento non sembra essere chiaro neanche alle intelligence se ci sia da aspettarsi attacchi multipli anche da Hezbollah, jihad irachena e siriana, Houthi dello Yemen. O se l'Iran e l'intero «asse della resistenza» abbiano intenzione di agire separatamente.

Che sia effettivamente lunedì o, come ritengono altri analisti internazionali, intorno al 13 agosto, quando per gli ebrei cade il giorno del ricordo della distruzione del Tempio.

I timori si amplificano anche tenendo conto delle armi che gli ayatollah hanno a disposizione, compresi quei missili balistici Iskander che sarebbero stati forniti nelle ultime ore da Mosca, secondo indiscrezioni dei media.

Oltre a sistemi avanzati di guerra elettronica, sempre spediti dall'amica Russia, compresi quelli che possono danneggiare o interrompere i sistemi militari a una distanza massima di 5 mila chilometri.

L'attesa continua, ma Israele si dice pronto a un attacco con razzi e droni della durata di più giorni: «Cercheranno solo di logorarci», ha detto un funzionario israeliano alla Nbc.

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