Assalto al Capitol «Vari deputati repubblicani chiesero la grazia», Trump volle silurare il ministro della giustizia

SDA

24.6.2022 - 09:00

Ieri a Washington si è tenuta la quinta udienza sull'assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2021. (immagine d'archivio)
Ieri a Washington si è tenuta la quinta udienza sull'assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2021. (immagine d'archivio)
Keystone

All'indomani dell'attacco al Capitol del 6 gennaio, alcuni deputati repubblicani che aiutarono Trump nel tentativo di ribaltare il voto del 2020 chiesero ad alti dirigenti della Casa Bianca la grazia preventiva. Trump tentò di silurare il ministro della giustizia sostituendolo con un oscuro ma compiacente dirigente pronto a sostenere i suoi sforzi. Per sostenere le teorie complottiste cercarono di coinvolgere anche l'Italia.

24.6.2022 - 09:00

È una delle circostanze emerse nella quinta udienza pubblica della commissione parlamentare d'inchiesta sul 6 gennaio.

Diversi importanti collaboratori dell'allora presidente, tra cui l'assistente speciale Cassidy Hutchinson e il consigliere Johnny McEntee, hanno raccontato che vari membri repubblicani del Congresso cercarono il provvedimento di clemenza: Andy Biggs, Louie Gohmert, Scott Perry, Marjorie Taylor Greene e Matt Gaetz.

Inoltre, sempre stando alle testimonianze, il deputato Mo Brooks mandò un'e-mail l'11 gennaio 2021 chiedendo la grazia «per tutti gli usi» per ciascuno parlamentare che avesse contestato i voti elettorali, dall'Arizona alla Pennsylvania.

Richieste che confermerebbero gli sforzi dei congressman repubblicani per diffondere la disinformazione sui risultati delle elezioni e per fare pressione sul dipartimento di giustizia affinché legittimasse le accuse di brogli di massa. Nessuno dei parlamentari comunque ottenne la grazia.

«Trump tentò di silurare il ministro della giustizia»

Donald Trump era così frustrato dall'inazione del ministero della giustizia di fronte alle sue denunce di brogli elettorali che tentò di silurare l'attorney general ad interim Jeffrey Rosen, sostituendolo con un oscuro ma compiacente dirigente del medesimo dipartimento.

Lo ha confermato lo stesso Rosen, uno dei testimoni chiamati a deporre nella quinta udienza pubblica della commissione parlamentare sul 6 gennaio, focalizzata sulle pressioni dell'ex presidente verso il ministero della giustizia per ribaltare il voto.

Provarono a coinvolgere anche l'Italia

L'allora ministro della difesa Christopher Miller, su richiesta del capo di gabinetto della Casa Bianca Mark Meadows, telefonò all'addetto militare Usa a Roma per indagare sulla voce secondo cui satelliti italiani (di Leonardo, ndr) avevano trasferito voti da Donald Trump a Joe Biden.

Lo ha testimoniato lo stesso Miller in una deposizione trasmessa in aula dalla commissione che indaga sull'assalto al Capitol. La voce, rivelatasi una teoria cospirativa, è stata definita una «pura follia» dall'ex numero due del ministero della giustizia Richard Donoghue.

La pressione costante di Trump

Dall'udienza è emerso che il 23 dicembre del 2020 Trump chiamò o incontrò Rosen quasi ogni giorno premendo in varie direzioni, anche perché nominasse un procuratore speciale per indagare sui sospetti di frodi elettorali.

Il suo vice, Richard Donoghue, ha raccontato che in una conversazione di 90 minuti con Trump alla Casa Bianca il 27 dicembre gli disse schiettamente che le sue accuse di frodi erano senza fondamento.

«Volli essere franco perché ci era chiaro che c'erano un sacco di persone che sussurravano al suo orecchio, alimentando accuse e teorie cospirative», ha dichiarato.

Quando nello stesso incontro Rosen disse al presidente che il dipartimento di giustizia non poteva schioccare le dita e cambiare l'esito delle elezioni, il tycoon – ha riferito – rispose: «quello che vi sto chiedendo è semplicemente di dire che (le elezioni, ndr) sono corrotte e lasciare il resto a me e ai parlamentari repubblicani».

Una lettera che sarebbe stata «tossica»

Rosen poi venne a sapere che Trump aveva offerto il suo posto a Jeffrey Clark, un oscuro avvocato del dipartimento pronto a sostenere i suoi sforzi per ribaltare il voto, in particolare con una lettera da mandare ad alcuni Stati controllati dai repubblicani per seminare dubbi sulla vittoria di Biden.

Questo dopo che che il ministero della giustizia aveva già accertato che non si erano verificati brogli di massa.

La lettera non fu mai spedita, dopo che Rosen e Donoghue si rifiutarono di firmarla. Lo stesso avvocato della Casa Bianca, Pat Cipollone, disse che quella missiva era così tossica che doveva sparire perché se fosse stata resa pubblica sarebbe stato un ‹omicidio-suicidio›.

Rosen ammonì inoltre Trump che se avesse nominato Clark al suo posto si sarebbe trovato di fronte «centinaia di dimissioni» nel ministero e che avrebbe perso l'intera leadership del dipartimento.

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