In Ucraina Stati Uniti e NATO lanciano l'allarme: «È l'inizio dell'invasione russa in Ucraina»

SDA

22.2.2022 - 22:45

Il presidente statunitense Joe Biden.
Il presidente statunitense Joe Biden.
AP

«Questo è l'inizio di un'invasione russa in Ucraina». Joe Biden abbandona la cautela delle ore successive al riconoscimento del Donbass da parte di Vladimir Putin e si rivolge agli americani per spiegare che la guerra è a un passo, e può arrivare «fino a Kiev». L'allarme è condiviso dalla Nato, secondo cui la Russia «è ormai passata all'azione militare».

Tuttavia la risposta dello zar, ancora una volta, tiene tutti sulla corda: da una parte ha messo in stand-by le sue truppe, dall'altra ha lanciato una nuova sfida, riconoscendo ai separatisti la sovranità «su tutta la regione» di Lugansk e Donetsk. Per Kiev le intenzioni sono chiarissime: «Resuscitare l'Urss», ha avvertito Volodimyr Zelensky, che ha promesso una difesa strenua all'integrità del suo Paese.

La svolta drammatica impressa da Putin alla crisi ucraina è motivo di estrema preoccupazione alla Casa Bianca. Biden, che come prima reazione si era limitato a denunciare una «violazione degli impegni internazionali» da parte di Mosca, si è rivolto alla nazione con toni più fermi.

Le azioni nel Donbass equivalgono «all'inizio di un'invasione» e i russi potrebbero decidere di lanciare attacchi su larga scala contro varie città ucraine, «compresa la capitale Kiev», ha spiegato il presidente americano, annunciando una risposta su due fronti.

Da una parte, sanzioni ben più dure rispetto a quelle per l'annessione della Crimea. E sul piano militare, con un «dispiegamento aggiuntivo» di truppe Usa nei Paesi Baltici membri della Nato, mentre Washington continuerà a «fornire armi difensive» a Kiev. L'America ed i suoi alleati restano aperti alla diplomazia, ma «purché sia una diplomazia seria», ha avvertito Biden.

Zelensky: le autorità russe vogliono «resuscitare l'Urss»

A una diplomazia più seria da parte di Mosca non sembra però credere più Zelensky. Che dopo aver assorbito lo strappo di Putin sulle repubbliche ribelli, si è rivolto alla nazione con toni accorati.

Le autorità russe vogliono «resuscitare l'Urss», ha avvertito Zelensky, con un riferimento alla politica imperialista condotta da Putin in Cecenia e Georgia, fino alla Crimea. Quindi, ha rinnovato i suoi appelli all'Occidente a un «chiaro sostegno», ma allo stesso tempo ha assicurato che l'Ucraina è «pronta a difendersi», perché «non abbiamo paura della Russia».

Putin ha continuato a mostrare i muscoli

Quanto a Putin, ha continuato a mostrare i muscoli. All'indomani del discorso fiume in cui ha scomodato persino Lenin per liquidare l'entità statuale Ucraina come un artificio dell'Urss, il presidente russo ha ripetuto il suo mantra: Kiev è una «minaccia strategica» per la sua ambizione di dotarsi di armi nucleari tattiche e l'obiettivo deve essere quindi la sua «smilitarizzazione».

«La soluzione migliore», ha aggiunto tra il paternalista e il minaccioso, sarebbe che l'Ucraina «rinunciasse spontaneamente all'ambizione di aderire alla Nato».

Quanto alle prossime mosse nel Donbass, Putin non si è sbilanciato. «L'ingresso dell'esercito russo dipenderà dalla situazione sul terreno», ha spiegato rimanendo volutamente ambiguo, ma nel frattempo si è fatto autorizzare dal Senato l'invio delle cosiddette truppe di «peacekeeping».

Ma è soprattutto sul piano politico che lo zar ha sferrato un nuovo colpo che può portare a un'ulteriore escalation militare: il riconoscimento della sovranità dei separatisti «sull'insieme delle regioni» di Lugansk e Donetsk, e non soltanto sulla porzione di territorio in loro controllo. Vale a dire anche sulle zone in cui sono presenti le truppe ucraine, che Kiev ha assicurato non si ritireranno.

La risposta occidentale alle azioni russe

A dispetto di venti di guerra sempre più forti (i russi hanno anche deciso di evacuare il personale diplomatico dall'Ucraina), le cancellerie continuano a cercare spiragli di dialogo.

Anche Mosca, con il ministro degli Esteri Serghiei Lavrov che si è detto ancora disponibile a incontrare l'omologo americano Antony Blinken, sebbene il francese Le Drian abbia già cancellato il suo di incontro con Lavrov, previsto per venerdì.

Ma nel frattempo una prima risposta occidentale al riconoscimento del Donbass è arrivata. Con una raffica di sanzioni americane, britanniche ed europee, che hanno messo nel mirino banche, oligarchi e accesso ai mercati (ma non Putin).

Berlino inoltre ha congelato l'avvio del Nord Stream 2: una contromisura non di poco conto, considerata la dipendenza dell'Europa dal gas russo.

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