Molto più di quanto chiestoSentenza inattesa, Trump condannato a pagare oltre 80 milioni a Jean Carroll
SDA
27.1.2024 - 09:15
Seconda condanna civile a New York per l'ex presidente repubblicano statunitense Donald Trump nel caso Carroll e nuova batosta giudiziaria in piena campagna elettorale per la Casa Bianca: dovrà pagare 83 milioni di dollari per aver diffamato la scrittrice.
27.01.2024, 09:15
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Dopo solo tre ore, una giuria di sette uomini e due donne lo ha condannato a pagare complessivamente 83,3 milioni di dollari (72 milioni di franchi al cambio attuale) di risarcimento per aver diffamato la scrittrice negando nel 2019 – quando era presidente – una aggressione sessuale di quasi 30 anni fa in un lussuoso grande magazzino della Grande Mela.
Il tycoon non era in aula alla lettura del verdetto.
Si tratta di una somma astronomica, molto più alta di quella attesa, tra i 18,3 milioni di danni «compensatori» (per lo stress emotivo, il danno alla reputazione e quindi il mancato guadagno) e ben 65 milioni di danni punitivi (come deterrenza contro ulteriori diffamazioni).
La difesa di Jean Carroll aveva chiesto 24 milioni di dollari, mentre i periti avevano stimato i danni tra i sette e i dodici milioni di dollari.
Violenta la reazione di Trump
Lo scorso maggio il tycoon era già stato riconosciuto responsabile della stessa violenza, oltre che di diffamazione, e costretto a pagare cinque milioni di dollari.
Immediata la reazione di Trumo sullla sua rete sociale Truth: «Assolutamente ridicolo! Sono completamente in disaccordo con entrambi i verdetti e farò appello contro tutta questa caccia alle streghe diretta da (Joe) Biden (l'attuale presidente democratico degli Usa) contro di me e il Partito repubblicano. Il nostro sistema legale è fuori controllo e viene utilizzato come arma politica. Hanno eliminato tutti i diritti del primo emendamento. Questa non è l'America!».
Trump ha testimoniato solo per pochi minuti
Il verdetto arriva alla fine di un processo tesissimo, dove Trump è stato minacciato di essere espulso dall'aula per le sue intemperanze e i suoi commenti a voce alta contro la sua accusatrice. Così come uno dei suoi avvocati è stato minacciato di finire in galera per aver continuato l'arringa oltre il tempo concesso.
Il tycoon è riuscito a testimoniare giovedì soltanto per pochi minuti: il giudice gli aveva consentito di rispondere solo con un sì o un no alle domande, per evitare di trasformare il processo in un comizio elettorale, come tenta di fare l'ex presidente in tutte le occasioni.
Così non ha potuto che confermare la sua precedente deposizione, ossia che non ha mai incontrato né aggredito Carroll.
I fatti contestati
«È una menzogna, e poi non era neppure il mio tipo», aveva detto in passato, continuando non solo a negare l'episodio, ma accusando la scrittrice di aver cercato un po' di pubblicità per vendere le sue memorie, quelle dove rivelò per la prima volta l'aggressione.
Secondo la versione della donna, il tycoon le usò violenza quasi 30 anni fa in un camerino di prova di Bergdorf and Goodman, i lussuosi grandi magazzini sulla Fifth Avenue di Manhattan, dove lui le aveva chiesto consigli per regalare degli indumenti intimi ad un'amica.
Una denuncia ritenuta fondata lo scorso maggio. Per questo in questo secondo processo la giuria doveva solo limitarsi a stabilire i danni dell'ennesima diffamazione.
«Ha distrutto la mia reputazione»
Ma il verdetto è andato oltre ogni previsione e assesta un brutto colpo all'ex presidente, anche agli occhi dell'elettorato femminile.
«Donald Trump ha distrutto la mia reputazione e ha continuato a mentire. Un tempo ero una rispettata editorialista, ora sono conosciuta come una bugiarda, una truffatrice e una matta», si era difesa Carroll in aula citando le offese subite sulle reti sociali. «E ora sono qui per riprendermi la mia reputazione», aveva spiegato.
Carroll: gran vittoria per tutte le donne
«Questa è una grande vittoria per ogni donna che si rialza dopo essere stata demolita, e un'enorme sconfitta per ogni bullo che ha ercato di tenere a freno una donna». Così Carroll ha commentato il verdetto della giuria.
La sentenza, le ha fatto eco la sua avvocata Roberta Kaplan, dimostra che nessuno è al di sopra della legge, «nemmeno i ricchi, nemmeno i famosi, nemmeno gli ex presidenti».
«C'è un modo per opporsi a qualcuno come Donald Trump che si preoccupa più della ricchezza, della fama e del potere che del rispetto della legge», ha proseguito. «Opporsi ad un bullo richiede coraggio e audacia, ci vuole qualcuno come Jean Carroll. Ringraziamo la giuria per aver difeso lei e lo stato di diritto», ha aggiunto.