Primo impiego entro l'annoIn arrivo la capsula per il suicidio Sarco, verrà usata anche in Svizzera
ns, ats
17.7.2024 - 15:25
Una nuova associazione di aiuto al suicidio, The Last Resort, ha presentato ufficialmente oggi la capsula per suicidio Sarco che ultimamente ha occupato vari media, in Svizzera e all'estero, per una presunta imminente prima utilizzazione nella Confederazione.
17.07.2024, 15:25
17.07.2024, 15:50
SDA
L'organizzazione sostiene che il dispositivo rispetti la legge e assicura che verrà utilizzato in Svizzera, ma non indica precisamente quando (comunque entro la fine dell'anno) e neppure in quale cantone.
Il Sarco (nome derivato da sarcofago) si presenta come una capsula, stampata in tre dimensioni (3D), montata su un supporto avente al suo interno un contenitore di azoto liquido. Il meccanismo che porta al decesso viene attivato autonomamente dalla persona che desidera morire, coricata all'interno della struttura, schiacciando un pulsante.
Con questo gesto l'azoto liquido viene istantaneamente evaporato e immesso nella capsula, facendo scendere il livello di ossigeno a meno del 5% in meno di un minuto (nell'aria il tenore del gas vitale è del 21%). Il decesso interviene dunque per asfissia da azoto, un gas inerte, ha spiegato Fiona Stewart, membro fondatore di The Last Resort (l'ultima risorsa).
Asfissia da azoto senza panico
Il dispositivo è stato inventato dall'attivista australiano a favore dell'eutanasia Philip Nitschke nel 2017. A suo avviso l'asfissia con azoto evita il sopraggiungere del panico, del senso di soffocamento e quindi dell'istintiva lotta precedente allo stato di incoscienza, come si legge sull'enciclopedia in rete Wikipedia.
Nitschke, 76 anni, ha partecipato a sorpresa alle ultime battute della conferenza stampa.
Le informazioni pubblicate dai vari media «non sono altro che speculazioni», ha detto Stewart. L'obiettivo della conferenza stampa è fare chiarezza, ha aggiunto l'avvocata australiana di Exit International, che non ha alcun collegamento con l'associazione elvetica Exit.
Nessun ostacolo legale
I legali di The Last Resort hanno avuto contatti con diversi Cantoni. Stewart, 58 anni, non ha voluto indicare quali, ma ha precisato che nessun Cantone ha sollevato problemi di ordine legale. Anche perché chi volesse utilizzare Sarco per mettere fine ai propri giorni sarebbe sottoposto a un esame psichiatrico.
L'organizzazione ha fissato un'età minima di 50 anni, ma prevede eccezioni per malati terminali più giovani, ha spiegato Stewart.
Suicidio senza medico
Rispetto a quanto avviene con le associazioni svizzere Exit e Dignitas, il suicidio con Sarco non richiede l'intervento di un medico perché l'azoto non è un farmaco, contrariamente al pentobarbital.
L'obiettivo dell'organizzazione è quello di consentire una «morte più bella», ha affermato il copresidente di The Last Resort Florian Willet, aggiungendo che, se non morirà per qualche incidente, si suiciderà con Sarco prima di perdere il controllo su sé stesso.
Pochi franchi per morire
Il ricorso al dispositivo è finanziariamente poco oneroso, anche per non membri dell'associazione. La bombola di azoto liquido costa 18 franchi, a cui vanno aggiunti i costi per la gestione del cadavere, ha aggiunto il 47enne, già portavoce dell'associazione di aiuto al suicidio tedesca Dignitas Deutschland. The Last Resort, fondata solo alcuni mesi or sono, si finanzia con donazioni.
In Alabama (Usa) è già stata eseguita un'esecuzione con azoto, apparentemente segnata da palese agonia. Nitschke ha giudicato infondato un confronto: c'è una grande differenza tra un suicidio volontario e un'esecuzione.
Grande attenzione mediatica
Il dispositivo Sarco è stato sottoposto a test tecnici durante l'ultimo anno a Rotterdam (Paesi Bassi). Non è stata realizzata prova alcuna con animali né tanto meno persone.
Venerdì scorso il quotidiano Neue Zürcher Zeitung ha annunciato che Sarco sarebbe stato utilizzato, per la prima volta al mondo, questa settimana in Vallese. Ma le autorità del Cantone hanno posto il veto il giorno stesso, come rivelato dalla radiotelevisione romanda RTS lunedì.
Nel 2021 Nitschke aveva affermato di aver cercato e ricevuto consulenza legale in Svizzera, paese molto liberale in materia di aiuto al suicidio. A suo dire, le autorità elvetiche già allora avevano giudicato il dispositivo conforme al diritto, come aveva lui stesso spiegato in un'intervista a SWI swissinfo.ch, portale d'informazione affiliato alla Società svizzera di radiotelevisione (SSR).
Perplessità su legalità del dispositivo
La legalità del prodotto è comunque contestata nella Confederazione. L'8 di luglio il quotidiano Blick ha informato su una lettera del procuratore generale di Sciaffusa Peter Sticher al legale che rappresenta Nitschke in Svizzera.
Sticher ha avvertito che ci sarebbero state gravi conseguenze legali in caso di utilizzo della capsula. Poiché non ci sono informazioni affidabili sulle modalità che conducono alla morte e neppure sul modello di finanziamento, «senza alcun dubbio» sarebbe necessario avviare un procedimento penale, ha indicato il procuratore.
La procuratrice generale vallesana Beatrice Pilloud non ha invece obiezioni legali, stando alla RTS. A suo avviso in Svizzera non è illegale suicidarsi e un procedimento penale interviene solo in caso di comprovato sospetto di reato.
Intervistato dalla filiale romanda della SSR, Cédric Dessimoz, medico cantonale aggiunto in Vallese, ha spiegato che la decisione del medico cantonale Eric Masserey è stato un «provvedimento d'urgenza provvisorio con uno scopo di salute pubblica». Le autorità sono in attesa di ricevere «informazioni più dettagliate sul dispositivo e sul suo utilizzo».
Al momento, «sulla base delle informazioni ricevute, (...) non sappiamo come questa organizzazione procederebbe con un eventuale suicidio assistito in Svizzera o in Vallese». Dessimoz ha pure affermato che in Svizzera «attualmente, per la procedura di suicidio assistito, è sempre necessario l'intervento di un medico, in particolare per valutare la capacità di discernimento».
Né Stewart né Willet hanno voluto commentare le singole informazioni, che hanno piuttosto associato a «disinformazione».