L'allenatore della Francia Under 21, Thierry Henry, ha svelato di essere stato per anni depresso, senza mai aver avuto il coraggio di dirlo. Oggi il 46enne racconta delle tante lacrime scese durante il periodo del lockdown e delle enormi e pressanti aspettative di suo padre quand'era giovane.
Thierry Henry ha vinto due titoli di Premier League e due FA Cup con l'Arsenal, due campionati spagnoli con il Barcellona, oltre a una Champions League e una Coppa del Mondo, con la Francia - per menzionare solo i massimi trofei vinti. Durante la sua scintillante carriera ha messo a segno più di 400 reti. Era, insomma, un vero flagello per le difese avversarie.
Oggi allena l'Under 21 della Francia, dopo aver fatto l'apprendista allenatore sulle panchine di Monaco, Montréal Impact e Belgio.
«Per tutta la carriera devo essere stato in depressione»
In una recente intervista concessa a Steven Bartlett, nel podcast «Diary of a CEO», il francese ha svelato una pagina inedita a della sua vita: la battaglia segreta contro la depressione.
«Per tutta la mia carriera, devo essere stato in depressione. Lo sapevo? No. Ho fatto qualcosa al riguardo? Ovviamente no. Ma mi ero adattato in un certo modo. Ho mentito per molto tempo perché la società non era pronta ad ascoltare quello che avevo da dire», queste le rivelazioni shock dell'ex attaccante.
La corazza del giocatore è stata spezzata dal lockdown
Il 46enne ha anche rivelato di aver pianto ogni giorno durante il periodo di lockdown causato dal Covid, essendo rimasto lontano dalla sua famiglia in quanto si trovava a Montréal, in veste di allenatore.
«Ho mentito a lungo a me stesso. Ho fatto in modo che quei sentimenti non andassero troppo oltre, indossando una corazza», ha continuato colui che è riconosciuto come uno dei più grandi atleti di sempre, un giocatore votato al successo.
«Ma quando non sei più un giocatore, tutto cambia. Tendiamo a correre invece di affrontare i nostri problemi, è quello che facciamo sempre. Cerchiamo di tenerci occupati, cerchiamo di evitare il problema o di non pensarci. Il Covid mi ha costretto a fermarmi».
Herny non ha potuto vedere i suoi figli per quasi un anno. «Questo mi ha insegnato a capire la vulnerabilità, l'empatia, il pianto. Comprendi che le emozioni sono emozioni. La rabbia e la gelosia sono normali. Piangevo quasi ogni giorno senza motivo: forse le lacrime stavano aspettando da molto tempo di poter scorrere».
«Non mostrare di essere vulnerabile»
Le parole dell'ex star del calcio rispecchiano un momento catartico, sembrano raccontare la liberazione dopo anni di prigionia.
«C'erano cose che non potevo controllare e non ho cercato di farlo. Fin da quando sei giovane, a casa o sul lavoro, ti viene detto: "Non essere così, non mostrare di essere vulnerabile. Se piangi, cosa penseranno?"».
Così, 3 anni fa, era il giovane Thierry che piangeva, «per tutto quello che non aveva ottenuto».
Segnò sei reti in una partita, ma per papà non doveva essere felice
Henry ha parlato anche della pressione che sentiva da giovane, quando giocava davanti a suo padre.
«Ho lasciato casa mia a 13 anni, e la gente non se ne rende conto. A 15 anni poi, hanno capito che ero uno bravo, e allora la pressione è salita, eccome».
«Titi» ricorda quella volta quando la sua squadra vinse 6-0 e lui segnò tutte le reti. «Conoscevo l'aura di mio padre, riuscivo a capire se l'uomo era felice o meno. Arriviamo in macchina e c'è silenzio. Mi chiedo: parlo o non parlo?», continua il racconto. Era sempre così.
«Sei felice?», gli chiese il padre. «Devo rispondere? Sì».
«Non dovresti esserlo perché hai sbagliato quel gol, quel cross, quello che vuoi», fu il commento del genitore.
«Siamo arrivati a casa di mia madre, io camminavo a testa bassa e lei mi ha chiesto: "Hai perso?"».
«Era spesso così», ha aggiunto l'uomo Thierry Henry, che oggi ha deciso di raccontare, nella speranza che la rievocazione dei momenti e delle emozioni possa esorcizzare i fantasmi che lo hanno seguito per decenni, anche quando il mondo non sapeva.