Credit Suisse in crisi«La propensione delle banche al rischio è cresciuta»
Di Andreas Fischer
15.4.2021
Dopo una perdita stimata a 4,4 miliardi di franchi, Credit Suisse sta affrontando le conseguenze del caso Archegos Capital Management a livello personale e finanziario. «blue News» ha chiesto all’esperta finanziaria Suzanne Ziegler cosa questo comporti per il futuro della banca.
Di Andreas Fischer
15.04.2021, 16:10
15.04.2021, 16:16
Andreas Fischer
Per la seconda banca svizzera in ordine di grandezza, il momento non è affatto dei migliori: il default di Archegos Capital è costato a Credit Suisse 4,4 miliardi di franchi, oltre alla perdita del cliente Greensill. Nel primo trimestre del 2021, la banca prevede una perdita ante imposte di 900 milioni di franchi e dall’inizio dell’anno il valore delle sue azioni è diminuito già quasi del 12 percento.
Suzanne Ziegler
zVg
Prof. Dr. Suzanne Ziegler è la direttrice del dipartimento Banking, Finance, Insurance della ZHAW School of Management and Law. Ziegler ha lavorato per 13 anni presso la Banca Nazionale Svizzera nel dipartimento stabilità finanziaria. Nell’ambito delle sue attività di ricerca e insegnamento si occupa, tra le altre cose, di crisi bancarie e immobiliari.
Le prime conseguenze iniziano a manifestarsi: il Ceo della divisione d’investment banking Brian Chin e la Chief risk officer Lara Warner hanno annunciato le dimissioni. La direzione ha subito un taglio complessivo dei salari pari a 41 milioni di franchi e il dividendo 2020 agli azionisti sarà notevolmente ridotto.
Prof. Dr. Suzanne Ziegler, direttrice del dipartimento Banking, Finance, Insurance della ZHAW School of Management and Law, ci spiega in un’intervista perché la propensione al rischio delle banche è in aumento e perché la Finma non ha ragione di preoccuparsi nonostante le forti perdite di Credit Suisse.
Come ha potuto una banca del calibro di Credit Suisse non vedere i rischi legati alle relazioni con Archegos?
Questa è una bella domanda. Ma succede sempre più spesso che una grande banca effettui investimenti ad alto rischio: la maggior parte delle volte ci guadagna, ogni tanto invece le cose finiscono male. In realtà, è una pratica comune nel settore finanziario.
C’è chi parla relativamente al caso Archegos di «gestione del rischio amatoriale» da parte di CS...
In qualità di economista, sono sempre sorpresa dal fatto che banche tradizionali come CS abbiano messo a disposizione di Archegos enormi somme di denaro senza badare ai dettagli. Chi si nasconde dietro il fondo? Come userà i soldi? Qual è il suo modello di business? Le persone che vogliono acquistare una casa, o anche solo una nuova cucina, a volte vengono sottoposte a controlli molto più minuziosi. Con Archegos, le banche si sono semplicemente fidate delle garanzie: ma anche queste dopo un po’ non valevano più molto.
Fare affari con Archegos Capital Investment di Bill Hwang sembra essere stato molto redditizio per le banche: i rischi più elevati vengono quindi accettati consapevolmente?
Le banche, naturalmente, sono sempre sotto pressione: in fin dei conti, il loro scopo è guadagnare. Di questi tempi, non è facile visti i tassi d’interesse negativi della Svizzera. Sì, è questo il motivo per cui si accettano rischi maggiori. In parte, è colpa anche della politica monetaria. I classici investimenti in obbligazioni federali, ad esempio, non rendono più.
La Banca nazionale dovrebbe modificare la propria politica sui tassi d’interesse?
Questo no. La politica monetaria della Svizzera si basa su ben altri motivi. Ma il livello attuale dei tassi d’interesse giustifica in un certo senso l’aumento della propensione al rischio. Il crac di Archegos non ha colpito soltanto CS. Anche UBS è stata coinvolta, così come Deutsche Bank in Germania, Nomura-Bank in Giappone e altre banche statunitensi...
Perché CS ne ha risentito in maniera particolare?
Se le garanzie sono le stesse per tutte le banche, chi vende per primo perché si è reso conto che qualcosa non quadra subisce le perdite minori. Chi perde l’attimo, come CS a quanto pare, si ritrova ad affrontare i veri problemi. Sembra che i responsabili della gestione del rischio di Credit Suisse si siano resi conto con un certo ritardo che era necessario intervenire.
Questa mancanza è un problema individuale o strutturale?
Di per sé, i protocolli di gestione del rischio sono validi. Le banche li hanno ulteriormente rafforzati negli ultimi anni, forse persino in maniera eccessiva, visto che i processi di valutazione comportano troppi passaggi e ci sono troppi livelli gerarchici. La questione principale è: di cosa si occupa il top management al vertice? A questo livello, vengono effettuati controlli debitamente accurati e ci si assume la responsabilità?
Detto questo, finché le banche avranno un sistema retributivo basato su bonus legati alla realizzazione di un profitto, il problema rimarrà. Dopotutto, maggiore è il rischio che si corre, più alto tende ad essere il profitto.
Quindi, ha senso licenziare i manager responsabili dal consiglio di amministrazione e annullare i bonus al top management, come annunciato da CS?
Di solito, sono gli azionisti e non i manager a pagare il prezzo più alto. CS aveva effettivamente stabilito un dividendo di appena 30 centesimi, che ora è stato ridotto di due terzi a dieci centesimi. A mio avviso, quindi, è giusta la decisione di non ritirare automaticamente i bonus se la banca subisce una perdita.
È evidente che CS abbia gestito le conseguenze in tempi relativamente brevi...
Questo rappresenta un grande cambiamento rispetto alla crisi finanziaria del 2007/2008: significa che le banche reagiscono molto più velocemente e sono consapevoli dell’opinione pubblica. I problemi vengono comunicati con maggiore rapidità e trasparenza e vengono adottate misure appropriate. In CS, la discolpa del consiglio di amministrazione è stata rimossa dall’ordine del giorno dell’assemblea generale. In questo modo, la direzione e il consiglio di amministrazione potrebbero essere giudicati responsabili in futuro.
Quanto è grave la perdita subita da Credit Suisse?
Non è mai possibile stabilirlo con precisione, perché le transazioni bancarie effettive non vengono rese pubbliche. Finma, l’autorità di vigilanza sul mercato finanziario, non sembra molto preoccupata. Negli ultimi anni, le banche hanno accumulato un capitale proprio relativamente elevato e possono quindi limitare meglio i rischi.
Si possono quindi escludere conseguenze a lungo termine?
La banca potrebbe riscontrare problemi a livello di fiducia: le informazioni circolano e gli azionisti stanno vendendo le loro azioni. Potrebbero non credere alla direzione sul fatto che la perdita originale non ha messo in pericolo la stabilità della banca. Inoltre, anche la borsa ne sta risentendo: la scorsa settimana, le azioni CS hanno perso quasi il 14% in un solo giorno.
In generale, la disponibilità ad assumersi rischi nei mercati finanziari è aumentata?
Dopo il 2008, le banche si sono tendenzialmente ritirate da operazioni su azioni rischiose come quelle effettuate da Archegos. Tuttavia, CS e altre banche hanno iniziato a finanziarle tramite prestiti, scelta anche questa non priva di rischi.
Quindi, le perdite sono tornate a essere enormi, poiché quasi nessuno è in grado di comprendere gli strumenti finanziari utilizzati...
Questa è una delle caratteristiche fondamentali dell’attività bancaria: si basa su una disponibilità asimmetrica di informazioni. Chi ha un conto presso CS non sa come la banca utilizzi i suoi soldi, giusto? Allo stesso modo, CS non sa esattamente come vengano usati i soldi ceduti in prestito. Nel caso Archegos, la gestione del rischio di CS ha fallito: o non sono stati raccolti tutti i dati necessari, o non è stata prestata la dovuta attenzione.
Tuttavia, sono state coinvolte almeno sei grandi banche d’investimento e probabilmente anche molte altre più piccole. Si può parlare di un errore nel sistema? Il settore non ha imparato nulla dalla crisi del 2008?
Dovremmo rassegnarci al fatto che non sarà mai possibile eliminare completamente i rischi. Esistono due modi per affrontare la cosa: impedire alle banche di partecipare ad attività rischiose. Ma questo di fatto vieterebbe l’attività bancaria stessa. Oppure essere consapevoli dei rischi e adottare precauzioni adeguate, affinché le eventuali perdite non abbiano ripercussioni sui soldi dei risparmiatori. Per questo in Svizzera, negli ultimi anni, i requisiti patrimoniali delle banche sono aumentati notevolmente.