ReazioniEstensione Certificato Covid: per GastroSuisse decisione «sproporzionata»
ev, ats
8.9.2021 - 16:25
L'estensione dell'obbligo del Certificato Covid, a partire da lunedì 13 settembre, per accedere a ristoranti, cultura e altri eventi al chiuso, non fa l'unanimità. C'è chi è d'accordo, ma con qualche dubbio, e chi è invece è deluso dalla decisione presa dal Consiglio federale.
08.09.2021, 16:25
08.09.2021, 17:52
ATS / sam
Tra le categorie più toccate c'è GastroSuisse, che si rammarica e ritiene che la misura sia difficile da capire dal momento che «la dinamica della pandemia negli ultimi giorni si è indebolita. Il settore subirà nuovamente perdite massicce: spetta al governo assumerne le conseguenze».
La decisione di estendere l'uso del Certificato Covid è, secondo il presidente Casimir Platzer, «sproporzionata e porta a una palese ineguaglianza di trattamento della popolazione».
Molte imprese subiranno ulteriori «massicce» perdite di fatturato. «I costi attuali non coperti a causa del calo del giro d'affari devono essere compensati», afferma Platzer.
GastroSuisse definisce la decisione del Consiglio federale sconcertante e di difficile comprensione. L'organizzazione sottolinea che l'occupazione globale degli ospedali è scesa di quasi il 9% negli ultimi giorni. Ritiene inoltre che finora non ci sia stato praticamente nessun contagio nel settore della ristorazione.
«Oggi, è l'industria alberghiera e della ristorazione che ne paga il prezzo», dice Platzer, secondo il quale la gestione della crisi da parte della Confederazione ha fallito sotto molti aspetti.
Usam: «Obiettivo sbagliato, a rischio i posti di lavoro»
Per l'Unione svizzera delle arti e mestieri (Usam), l'estensione del certificato Covid decisa dal Consiglio federale mette a rischio le vendite delle piccole e medie imprese e i posti di lavoro.
«Il Consiglio federale sta ancora una volta discriminando i settori e le imprese che sono già stati gravemente colpiti dalle restrizioni», scrive l'Usam in una nota. Le aziende colpite dall'estensione del certificato rischiano di subire delle perdite e dovranno perciò essere indennizzate.
Le cifre dell'UFSP mostrano che non ci sono molte infezioni nei ristoranti, nei centri fitness o sul posto di lavoro. L'Usam ritiene che il Consiglio federale stia puntando all'obiettivo sbagliato.
Invece di estendere il certificato obbligatorio, bisognerebbe intensificare la campagna di vaccinazione e i test andrebbero aumentati, scrive l'organizzazione. È infatti dimostrato che la stragrande maggioranza delle persone che vengono ricoverate sono vacanzieri che non sono stati vaccinati.
Economiesuisse: «Passo necessario a causa della copertura vaccinale insufficiente»
Economiesuisse sostiene invece la decisione odierna del Consiglio federale, pur rammaricandosi del fatto che tale passo sia necessario a causa della copertura vaccinale ancora insufficiente. Gli effetti di un ulteriore lockdown parziale sarebbero molto più gravi per l'economia e la società, secondo l'organizzazione.
Il continuo elevato numero di infezioni e, in particolare, la minaccia di sovraccarico delle unità di terapia intensiva, non lasciano al governo altra scelta che prendere contromisure ora, scrive economiesuisse in un comunicato odierno.
Per i settori interessati l'obbligo del certificato significa certamente lavoro supplementare e porterà probabilmente a un calo del fatturato. L'alternativa, tuttavia, sarebbe un'ulteriore chiusura parziale, che avrebbe effetti economici devastanti.
Anche la libertà individuale sarebbe molto più limitata in un tale scenario che non con un obbligo di certificato esteso, viene sottolineato. Economiesuisse accoglie quindi con favore il fatto che anche i datori di lavoro possano richiedere autonomamente un certificato per proteggere i loro dipendenti e clienti.
Tuttavia, il requisito del certificato dovrebbe essere solo una misura temporanea e in nessun caso perdurare. Affinché possa essere eliminata al più presto, gli sforzi di vaccinazione devono essere perseguiti con il massimo vigore, aggiunge.
A questo proposito, economiesuisse invita ancora una volta i datori di lavoro a garantire che i loro dipendenti possano essere vaccinati durante l'orario di lavoro. Dobbiamo fare del nostro meglio per garantire che gli ostacoli alla vaccinazione siano i minori possibili. Al più tardi all'inizio dell'inverno, tutti coloro che esitano e sono in attesa dovrebbero essere vaccinati.
Travail.Suisse: «Misura spiacevole, ma purtroppo necessaria»
Dal canto suo, Travail.Suisse sostiene l'estensione del certificato Covid-19: «È una misura spiacevole, ma purtroppo necessaria», afferma la federazione sindacale in una nota, criticando invece il possibile uso del pass sanitario anche sul posto di lavoro.
Non si dovrebbe lasciare all'arbitrarietà dei datori di lavoro l'introduzione di un certificato e la sua applicazione, scrive Travail.Suisse, secondo cui la protezione dei dati non può essere garantita e il potenziale di discriminazione è troppo grande. Inoltre, aggiunge, i concetti di protezione non devono assolutamente essere abbandonati, altrimenti l'effetto sulla pandemia rischia di diventare negativo.
L'organizzazione è pure molto critica nei confronti della fine del finanziamento pubblico dei test. «Una soluzione con alcuni test gratuiti al mese sarebbe stata migliore», secondo il presidente di Travail.Suisse Adrian Wüthrich.
La certificazione obbligatoria minaccia di portare a ulteriori perdite di fatturato nei settori interessati dalla misura. È incomprensibile che le agevolazioni per lavoro ridotto non siano state estese oltre la fine di settembre, conclude l'organizzazione, chiedendo un rapido intervento in questo senso.
Cultura: la prospettiva di una chiusura temuta più del pass Covid
La Taskforce Cultura e il settore del teatro sostengono a malincuore l'introduzione di un certificato obbligatorio per accedere alle loro strutture. Desta invece rabbia la presa a carico privata dei test da ottobre.
Queste misure potrebbero avere un impatto negativo sulle presenze in sala, indica la Taskforce Cultura in un comunicato odierno. Dopo mesi di chiusura e una pandemia che risorge, il pubblico già fatica a tornare nelle sale.
Tuttavia, la prospettiva di una nuova chiusura è temuta più del certificato Covid. Secondo la stessa organizzazione, queste misure dovrebbero essere riviste su base regolare in modo che il certificato sia in vigore solo per il tempo necessario.
In questa nuova situazione, il settore culturale, che è colpito dalla pandemia tanto quanto la ristorazione, ha bisogno che il suo sostegno venga esteso, afferma la Task Force. In particolare, deve poter «contare sulla compensazione delle perdite finanziarie almeno fino alla fine del 2022».
Anche l'ombrello protettivo per gli eventi pubblici deve essere mantenuto almeno fino alla fine del 2022. Lo stesso vale per l'indennità per lavoro ridotto (ILR Covid) per i contratti a tempo determinato e i lavoratori su chiamata oltre la fine di settembre 2021.