In Ticino e Svizzera Connubio sport-scuola difficile, ma le cose potrebbero cambiare

SwissTXT / pab

3.8.2021

Il giovane Noè Ponti volerà negli Stati Uniti per proseguire gli studi
Il giovane Noè Ponti volerà negli Stati Uniti per proseguire gli studi
Ti-Press

Fresco vincitore di un bronzo alle Olimpiadi di Tokyo, Noè Ponti ha riacceso una volta in più il dibattito sul binomio sport-scuola che, secondo alcuni, in Svizzera non funziona in modo perfetto.

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«Andrò negli Stati Uniti perché trovo che sia il modo migliore per conciliare sport e studi. Qui in Ticino, ma anche nel resto della Svizzera, non siamo ancora così avanti come lì o in Australia», ha spiegato il giovane sportivo ticinese ai microfoni della RSI.

Le cose potrebbero però presto cambiare: Swiss Olympics e Swiss Universities da qualche mese stanno lavorando proprio per trovare soluzioni migliori per gli sportivi. In ottobre è stata infatti firmata la lettera d'intenti con cui le due organizzazioni mantello sono d'accordo nel favorire una carriera duale, ovvero quella di sportivo d'élite e di studente di un'alta scuola pubblica svizzera.

Il testo specifica che tocca alle singole Università organizzare dei percorsi ad hoc. Boas Erez, rettore dell'USI, ha spiegato sempre alla RSI quali sono le difficoltà: «È sempre difficile gestire le eccezioni, perché uno dei principi di base è la parità di trattamento di tutti gli studenti». Ma per migliorare, qualcosa si può fare: «Si pensa di nominare dei tutori che seguano i giovani e degli esami fuori sessione».

Alcune ipotesi al vaglio

Tra le ipotesi al vaglio, anche quella di ridurre l'obbligo di frequenza e dare la possibilità di studiare nei centri d'allenamento. L'Università di Losanna si è già mossa in questo senso nel 2013 e l'anno successivo è stato avviato un programma per sportivi d'élite.

Ora conta una settantina di studenti, compresa la ticinese Ajla del Ponte. «Gli esami restano un problema. Molti professori vogliono che tutti sostengano la sessione nello stesso momento, sportivi e non. Idealmente bisognerebbe adattare questo periodo alle competizioni degli atleti», ha ammesso Pierre Pfefferlé, direttore del servizio sport in questione.

Il futuro sarà sicuramente piò roseo, ma replicare il modello statunitense sembra un'utopia: «Lo sport fino a 10-15 anni fa era visto come una cosa simpatica, ma che non aveva molto senso. Ora comincia ad avere un certo peso, è una materia di ricerca e c'è un interesse. Non arriveremo probabilmente mai ai livelli americani, ma tra 10-15 anni ci sarà una vera volontà di favorire lo sportivo».