Elezioni europee Caccia al voto per von der Leyen, tornano in gioco i Verdi

SDA

6.6.2024 - 21:17

La presidente della commissione europea  Ursula von der Leyen (foto d'archivio).
La presidente della commissione europea Ursula von der Leyen (foto d'archivio).
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La partita inizierà nella notte di domenica, quando nell'emiciclo dell'Eurocamera a Bruxelles compariranno le prime proiezioni. In quel momento i Popolari e Ursula von der Leyen capiranno quale sarà il peso della maggioranza che finora ha sostenuto la presidente della Commissione. E quanto sarà necessario allargarla per contrastare la trappola dei franchi tiratori.

A meno di colpi di scena il pacchetto dei top job Ue dovrebbe partire da un punto: il Partito popolare europeo (Ppe) come primo gruppo e la candidatura al bis di von der Leyen.

La data da segnare con il rosso è il 18 luglio, terzo giorno della prima Plenaria della nuova legislatura: è in quel giovedì che l'Eurocamera prevede possa esserci l'elezione del numero uno di Palazzo Berlaymont.

In teoria si assegna la Commissione al Ppe, il Consiglio europeo ai Socialisti, il ruolo di Alto rappresentante per la politica estera a un liberale. La presidenza del Parlamento europeo è formalmente esclusa dal pacchetto ma ha già un nome in pole: Roberta Metsola.

Qualcosa è cambiato nella strategia del Ppe

I Popolari da tempo sostengono che i negoziati partiranno dall'asse Ppe-Socialisti-Renew, respingendo le accuse di chi li giudica troppo presi dal dialogo con le destre. Negli ultimi giorni qualcosa è cambiato nella strategia del Ppe.

Le aperture alla premier italiana Giorgia Meloni (Fratelli d'Italia) e qualche altra delegazione del Gruppo dei conservatori e dei riformisti europei (Ecr) si sono fatte più sporadiche, i distinguo sullo stato di diritto più netti.

La campagna elettorale ha infatti indurito i toni delle destre che nelle file del Ppe consideravano dialoganti, allargando la frattura con i partiti europeisti. A ciò va aggiunto che i liberali, e soprattutto i Socialisti, hanno fatto capire a von der Leyen che il loro niet ad una maggioranza con Meloni resterà inscalfibile.

Ecco perché, nei colloqui informali che avranno luogo già nelle ore successive alla chiusura delle urne, per la nuova maggioranza potrebbero tornare in gioco i Verdi.

Nel 2019 questi ultimi non votarono von der Leyen e i rapporti con il leader del Ppe, Manfred Weber, da mesi sono ormai ai minimi. Eppure la presidente della Commissione uscente non ha alcuna intenzione di escludere a priori un partito che potrebbe perdere qualche seggio rispetto al 2019 ma senza clamorose cadute.

I Verdi sono al governo in Germania e sarebbero una sponda ideale per evitare l'eccessivo indebolimento di uno dei pilastri della legislatura appena trascorsa, il Green Deal.

Un dossier sul quale, nella nuova Commissione, potrebbe regnare la spagnola Teresa Ribera in un ruolo molto simile a quello che fu assegnato a Frans Timmermans.

A tutto ciò va aggiunto un dato: gli addetti ai lavori calcolano che, nello scrutinio segreto, von der Leyen possa perdere il 10-15% su poco più di 400 preferenze. Un sostegno esterno all'asse Ppe-S&D-Renew resta opportuno. Il rischio è che, abbracciando una parte delle destre, il fronte dei franchi tiratori anti-Ursula si allarghi.

Al momento non si parla di piano B

L'obiettivo del Ppe è arrivare ad una prima definizione dei top jobs nella cena informale dei leader, il 17 giugno. Nel Ppe nessuno si azzarda a dire che la partita di Ursula sia facile ma, al momento, non si parla di piani B.

Per il Consiglio europeo il favorito resta Antonio Costa ma per l'ex premier portoghese permane più di una riserva, legata soprattutto all'inchiesta per corruzione che lo ha costretto mesi fa a dimettersi.

Salgono, invece, le quotazioni della premier danese Mette Frederiksen, gradita al Ppe per le sue politiche intransigenti sui migranti.

Gli italiani Paolo Gentiloni ed Enrico Letta, nella famiglia dei socialisti, restano nomi spendibili e trasversalmente apprezzati anche se il commissario agli affari economici uscente ha dichiarato di voler rientrare nella Penisola.

Il dopo-Borrell dovrebbe avere il colore dei liberali. Il volto resta un rebus. La premier estone Kaja Kallas, apprezzatissima a Bruxelles, ha il problema di essere un falco anti-russo e di governare un paese che confina proprio con la Russia. L'ex premier lussemburghese Xavier Bettel sembra avere molte più chance del presidente del Consiglio europeo uscente, Charles Michel.

L'opzione Mario Draghi, per la Commissione o il Consiglio, è ostacolata dal fatto che non accontenterebbe nessun partito. Ma non va esclusa, soprattutto se, al summit di fine giugno, o peggio al Parlamento europeo, si creasse un clamoroso impasse sui top jobs.

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