Tensioni Nuovo monito della Cina agli Stati Uniti: «Basta armi a Taiwan»

SDA

29.8.2024 - 06:45

La Cina ha rinnovato il suo monito agli Stati Uniti su Taiwan, la linea rossa invalicabile delle relazioni bilaterali: ha chiesto di «smettere di armare» l'isola e di sostenerne non l'indipendenza ma «la riunificazione pacifica» con la Repubblica popolare.

Wang Yi, a destra, direttore dell'Ufficio della Commissione centrale per gli affari esteri del Partito comunista, stringe la mano al consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca Jake Sullivan, a sinistra, presso il lago Yanqi a Pechino, martedì 27 agosto 2024.
Wang Yi, a destra, direttore dell'Ufficio della Commissione centrale per gli affari esteri del Partito comunista, stringe la mano al consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca Jake Sullivan, a sinistra, presso il lago Yanqi a Pechino, martedì 27 agosto 2024.
KEYSTONE

Il round di incontri di Pechino del ministro degli Esteri Wang Yi con il consigliere per la Sicurezza nazionale della Casa Bianca Jake Sullivan ha fatto emergere già nel secondo dei tre giorni di «dialogo strategico» pianificato tutte le divergenze sino-americane, con rari punti di convergenza come l'ipotesi, in un futuro non lontano, di nuovi colloqui diretti tra i presidenti Xi Jinping e Joe Biden.

L'invito in Cina di Wang a Sullivan è maturato in uno scenario insolito, mirato a calmare le tensioni tra le due superpotenze in vista delle elezioni statunitensi del 5 novembre.

Pechino, ha confidato all'Ansa una fonte diplomatica europea, «è come se stesse reagendo alla percezione di un accerchiamento su più fronti».

Botta e risposta

La lettura fornita dalla diplomazia di Pechino, in tal senso, è ricca di spunti. Wang, oltre a rilevare che Taipei «appartiene alla Cina» e che «sarà riunificata», ha citato il fronte caldo nel mar Cinese meridionale, cioè le dispute con le Filippine.

«Gli Stati Uniti non devono usare i trattati bilaterali (quello di Mutua difesa del 1951, ndr) come scusa per minare la sovranità e l'integrità territoriale della Cina, né dovrebbero supportare le azioni di violazione promosse dalle Filippine», ha ammonito il capo della diplomazia di Pechino.

Sullivan, secondo la Casa Bianca, ha invece promesso la difesa americana degli alleati regionali dopo che Giappone (Tokyo ha denunciato lunedì la prima incursione di un velivolo Y-9 da ricognizione cinese nel suo spazio aereo) e Filippine hanno accusato Pechino di alimentare tensioni.

L'ammiraglio Samuel Paparo, comandante Usa dell'Indo-Pacifico, ha tra l'altro aperto all'ipotesi «del tutto ragionevole» della scorta di navi americane a quelle filippine in missioni di rifornimento nelle acque contese, scontratesi nelle ultime settimane con unità delle guardia costiera e della milizia marittima cinesi.

Un'altra questione spinosa: i dazi sui prodotti cinesi

Wang, inoltre, ha affrontato l'accerchiamento economico-tecnologico tra dazi, restrizioni e sanzioni varie a fronte della crescita stagnante del Dragone.

Ha accusato gli Usa di protezionismo con lo scudo della «sovraccapacità» che non farà altro che colpire lo sviluppo green e la crescita mondiale.

E ha espresso critiche per i dazi su una serie di prodotti manifatturieri e i controlli all'export verso i produttori di chip cinesi: Washington dovrebbe «smettere di mettere a repentaglio i legittimi interessi della Cina».

Sullivan ha ribattuto che gli Stati Uniti si muoveranno per prevenire che le tecnologie avanzate americane siano usate per mettere a rischio la sicurezza nazionale del Paese, sollevando timori sul sostegno della Cina alla base industriale di difesa della Russia e sull'impatto che questo ha sulla sicurezza europea e transatlantica.

Entrambe le parti hanno concordato di tenere videochiamate tra comandanti militari che hanno la responsabilità dei punti caldi nell'Indo-Pacifico «al momento opportuno», secondo la lettura cinese.

E una nota della Casa Bianca ha sottolineato alcune aree di potenziale accordo con «preoccupazioni condivise su Corea del Nord, Birmania e Medio Oriente».

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