Stati Uniti La Columbia intraprende la linea dura, cacciati decine di studenti pro-Palestina

SDA

14.3.2025 - 20:53

I membri del sindacato degli studenti lavoratori della Columbia University e i loro sostenitori protestano contro la detenzione dell'attivista palestinese Mahmoud Khalil e contro le recenti azioni intraprese dall'amministrazione Trump contro l'università.
I membri del sindacato degli studenti lavoratori della Columbia University e i loro sostenitori protestano contro la detenzione dell'attivista palestinese Mahmoud Khalil e contro le recenti azioni intraprese dall'amministrazione Trump contro l'università.
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Continua a salire la tensione tra Donald Trump e gli studenti propalestinesi dopo l'arresto dell'attivista della Columbia University Mahmoud Khalil e la cacciata da parte del prestigioso ateneo di decine di giovani che avevano partecipato alle proteste contro la guerra a Gaza della scorsa primavera.

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In particolare il board dell'università, che la settimana scorsa aveva perso circa 400 milioni di dollari di finanziamenti federali perché accusata dall'amministrazione repubblicana di condotta antisemita, ha preso di mira quegli studenti che ad aprile avevano occupato la Hamilton House, al culmine di settimane di proteste e sit-in contro la guerra a Gaza.

All'epoca l'ateneo minacciò l'espulsione e la denuncia per furto con scasso e violazione di domicilio se non si fossero ritirati. Ma la mossa di giovedì sera è arrivata al termine di una settimana ad alta tensione, soprattutto dopo l'arresto dell'ex studente della Columbia Khalil, e l'avvertimento da parte del presidente americano che «siamo solo all'inizio» della stretta sulle manifestazioni.

Senza contare il fatto che l'università ha solo fino al 20 marzo per rispondere alle richieste del governo e provare a recuperare parte dei fondi federali.

Irruzione alla Trump Tower, arrestati in 98

Tra le condizioni imposte dall'amministrazione, il divieto nel campus di indossare mascherine che nascondono l'identità e l'autorizzazione alle forze dell'ordine del college ad arrestare «gli agitatori che promuovono un ambiente di lavoro o di studio non sicuro o ostile».

Sempre giovedì centinaia di persone hanno fatto irruzione alla Trump Tower di New York per protestare contro il fermo e quasi tutte, 98 per la precisione, sono state arrestate.

Il gruppo pro-israeliano di estrema destra Betar si è attribuito il merito dell'arresto dell'attivista sostenendo di aver fornito all'amministrazione una «lista di nomi per le deportazioni».

Si muovono anche i deputati democratici

Contro il fermo di Khalil si sono mossi anche oltre 100 deputati democratici con una lettera alla segretaria per la Sicurezza Nazionale Kristi Noem e al segretario di Stato Marco Rubio nella quale accusano l'amministrazione di aver violato il primo emendamento della Costituzione.

Nel messaggio si critica, inoltre, l'uso di una parte dell'Immigration and Nationality Act risalente alla Guerra Fredda per l'arresto di Khalil definendola «manuale degli autoritari».

I deputati democratici chiedono, infine, al dipartimento di Stato di fornire entro il 27 marzo le «prove» che hanno portato Rubio a concludere che la presenza dell'attivista negli Stati Uniti sia «una minaccia».

In serata è poi arrivata la notizia che le autorità per l'immigrazione americane hanno arrestato un'altra studentessa che ha partecipato alle protesta alla Columbia University.

Si tratta di Leqaa Kordia, una palestinese della Cisgiordania, che secondo il dipartimento per la sicurezza nazionale è stata fermata perché il suo visto è stato revocato nel 2022.

È venuto inoltre fuori che il 5 marzo il dipartimento ha annullato il visto a Ranjani Srinivasan, cittadino indiano e dottorando, accusandolo di «istigazione alla violenza e al terrorismo».

A San Francisco si riassumono migliaia di lavoratori

Nel frattempo il presidente ha voluto tenere un intervento al dipartimento di Giustizia per sottolineare le priorità della sua amministrazione: ripristinare la cultura delle «legge e dell'ordine» negli Stati Uniti, oltre a combattere la piaga del fentanyl.

E intanto continua il braccio di ferro tra The Donald e i giudici sui licenziamenti. Un tribunale di San Francisco ha ordinato a sei agenzie federali di riassumere «immediatamente» migliaia di lavoratori in prova licenziati il mese scorso nell'ambito della spending review ordinata dal presidente.

L'ingiunzione riguarda i dipartimenti del Tesoro, degli Affari dei Veterani, dell'Agricoltura, della Difesa, dell'Energia e dell'Interno, ma il giudice William potrebbe estendere l'ordine ad altre agenzie in un secondo momento.