Guerra in UcrainaKiev ancora sotto attacco, esplosioni in Crimea
SDA
18.5.2023 - 21:19
Nove attacchi in 18 giorni, «senza precedenti per potenza, intensità e varietà». È l'ennesima notte di esplosioni, quella vissuta dalla capitale ucraina Kiev, che ancora una volta resiste alla pioggia di missili e droni dei russi che continuano a tenere nel mirino la città, costringendo i cittadini a dormire nei rifugi e ad avere paura.
18.05.2023, 21:19
SDA
Ma se la notte è il tempo dei russi, il giorno è quello della vendetta – non rivendicata – degli ucraini nella Crimea occupata, dove un treno «che trasportava grano» è deragliato a Simferopoli, senza provocare vittime.
Nel complesso sono deragliati otto vagoni, cinque dei quali si sono ribaltati, in quello che secondo le ferrovie filorusse della regione è stato un attentato, mentre Kiev si è limitata a precisare che quella linea serve al trasporto di armi per i russi e che finché gli invasori rimarranno nella penisola «non ci sarà pace» per quel territorio.
L'Ucraina esulta intanto per un nuovo successo della difesa aerea, che ha abbattuto nella notte 29 missili da crociera su 30 e 4 droni, ha riferito l'aeronautica. Se a Kiev la caduta dei detriti ha causato incendi e danni a strutture non residenziali di tre distretti, il bilancio è più grave a Odessa, dove una persona è morta e altre due sono rimaste ferite in seguito all'attacco missilistico.
Il Ministero della Difesa russo ha rivendicato di aver colpito «grandi depositi di armi e attrezzature militari di fabbricazione straniera e truppe di riserva nemiche», sottolineando che «tutti i bersagli designati sono stati centrati». Ma intanto Mosca deve incassare l'ennesima ferita in Crimea, nel giorno in cui l'Ucraina commemora la deportazione forzata dei tatari della penisola dalle autorità sovietiche.
«Ora sempre più leader internazionali si stanno rendendo conto che senza il ritorno della Crimea all'Ucraina non ci sarà alcun ritorno alla pace», ha affermato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, sottolineando ancora una volta che l'obiettivo di Kiev resta il ripristino dei confini del 1991.
Un pensiero ribadito anche all'inviato cinese Li Hui durante la sua visita a Kiev: se il rappresentante di Pechino ha esortato le parti a creare le condizioni per i colloqui di pace, il capo dell'ufficio presidenziale Andriy Yermak gli ha comunicato che «il piano di pace ucraino contiene risposte esaurienti a tutte le sfide poste da questa guerra».
Lo stallo sulla soluzione diplomatica resta, mentre si guarda al G7 dal quale – secondo quanto riferito dai media – potrebbe uscire l'idea di un vertice internazionale di pace sull'Ucraina.
Nel frattempo continua la corsa alle armi: il ministro della Difesa britannico Ben Wallace ha confermato che i missili Storm Shadow hanno già fatto il loro debutto nel conflitto.
Sul terreno, gli occhi restano puntati su Bakhmut, dove le forze ucraine hanno rivendicato l'ennesimo avanzamento di 2 km di larghezza e 700 metri di profondità nella periferia ovest, mentre il capo dei mercenari Wagner Yevgeny Prigozhin ha denunciato una nuova fuga delle truppe regolari russe, che si sarebbero ritirate fino a 570 metri a nord della città lasciando scoperti i fianchi dei suoi combattenti.
«Faccio appello ai vertici del ministero della Difesa pubblicamente, perché le mie lettere non vengono lette», ha detto il capo dei miliziani alimentando la polemica con il suo antagonista Sergei Shoigu.
Mentre si attende la controffensiva ucraina per liberare i territori occupati, resta intanto la morsa degli invasori sempre più intenzionati a sradicare la popolazione dalla sua terra per trasferirla in Russia.
Oggi è arrivato anche l'ok definitivo della Duma alla possibilità della «deportazione forzata e controllata» di persone dai territori in cui è stata introdotta la legge marziale, e quindi le regioni ucraine di Donetsk, Lugansk, Zaporizhzhia e Kherson, che Mosca ha annesso unilateralmente e considera ormai russe.
«È necessario punire il mondo russo e ripristinare la giustizia. Altrimenti sarà un ciclo infinito di deportazioni», la risposta del consigliere presidenziale ucraino, Mykhailo Podolyak.