Conflitti Gli armeni del Nagorno-Karabakh si arrendono, Baku: «È nostro»

SDA

20.9.2023 - 21:01

In questa foto tratta dal video pubblicato dal Ministero della Difesa dell'Azerbaigian martedì 19 settembre 2023, la fiamma dell'esplosione si alza su un'area che secondo l'Azerbaigian ospita le posizioni delle forze armene nel territorio separatista del Nagorno-Karabakh in Azerbaigian.
In questa foto tratta dal video pubblicato dal Ministero della Difesa dell'Azerbaigian martedì 19 settembre 2023, la fiamma dell'esplosione si alza su un'area che secondo l'Azerbaigian ospita le posizioni delle forze armene nel territorio separatista del Nagorno-Karabakh in Azerbaigian.
KEYSTONE

Dopo 24 ore di combattimenti, le forze dell'Azerbaigian hanno messo fine alla loro operazione militare nel Nagorno-Karabakh in base ad un accordo che in pratica sancisce la fine delle aspirazioni di questa enclave di essere ricongiunta a Erevan o di ottenere l'indipendenza.

L'intesa prevede infatti «lo scioglimento e il completo disarmo» delle milizie separatiste e l'avvio di negoziati tra gli armeni dell'enclave e le autorità di Baku sulla «reintegrazione» della regione nel territorio azero. Dopo 35 anni di conflitti, l'Azerbaigian ha ripristinato la sua sovranità sulla regione «in un solo giorno», ha affermato il presidente Ilham Aliyev in un discorso alla nazione.

Il capo dello Stato azero ha aggiunto che la maggior parte delle armi e delle infrastrutture militari dei separatisti sono state distrutte e ora le milizie stanno lasciando la regione per riparare in Armenia.

Il comando dei circa 2.000 peacekeeper russi schierati nella regione in base agli accordi che posero fine al conflitto dell'autunno 2020 ha fatto da mediatore per il cessate il fuoco. E Mosca ora è accusata di essersi praticamente lavata le mani della sorte dei circa 120.000 armeni del Karabakh.

Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha respinto tali affermazioni come «assolutamente infondate», ma ha riconosciuto che le sorti del Nagorno-Karabakh sono «un affare interno dell'Azerbaigian».

Evacuati già oltre 3.100 civili

Le forze russe hanno fatto sapere di avere già evacuato oltre 3.100 persone, di cui quasi la metà bambini. Molte altre migliaia di civili armeni potrebbero decidere di fuggire, ma Peskov ha negato che sia in atto da parte degli azeri una «pulizia etnica».

Il presidente russo Vladimir Putin – che in serata ha avuto un colloquio telefonico con Pashinian – ha detto che Mosca è in contatto con tutte le parti ed ha auspicato una «de-escalation» perché la situazione possa essere «risolta pacificamente».

Un oscuro episodio è stato intanto denunciato dal ministero della Difesa di Mosca, secondo il quale un'auto dei peacekeeper russi è stata presa di mira da colpi d'arma da fuoco e tutti i militari a bordo sono stati uccisi. Ma non è stato precisato quante siano le vittime e chi siano i responsabili.

Chiesto l'impeachment per il premier armeno

L'esito dell'ultimo scoppio di violenza – che secondo fonti armene ha portato all'uccisione di almeno 32 persone, di cui 7 civili, e al ferimento di oltre 200 (i separatisti parlano di 200 morti e 400 feriti) – rischia di provocare uno scossone negli equilibri politici di Erevan.

Migliaia di manifestanti si sono radunati in serata davanti al palazzo del governo per chiedere le dimissioni del primo ministro Nikol Pashinian, accusato di non avere difeso gli armeni del Karabakh. Durante il raduno, un deputato dell'opposizione, Ishkhan Saghatelyan, ha detto che sono state avviate le procedure per l'impeachment del premier.

L'Armenia, che afferma di non avere più truppe in Nagorno-Karabakh dal 2021, non è intervenuta militarmente per fermare l'operazione dell'Azerbaigian, sostenuto dalla Turchia. Erevan ha visto le sue relazioni con la Russia – suo tradizionale alleato – deteriorarsi nelle ultime settimane a causa della decisione di ospitare truppe americane in Armenia per esercitazioni congiunte.

Una mossa denunciata da Mosca come un aiuto a Washington per infiltrare la regione. Ma nemmeno le proteste degli Stati Uniti e dei principali Paesi europei hanno potuto fermare l'attacco di Baku, che ora dice di volere lavorare per la «normalizzazione» delle relazioni con Erevan. I due Paesi stanno preparando un trattato di pace il cui testo è già stato «concordato al 70%», ha detto Hikmet Hajiyev, consigliere di Aliyev per la politica estera, parlando agli ambasciatori stranieri accreditati a Baku.