Guerra in Medio Oriente Il ministro Gallant contro Netanyahu: «Israele non deve governare nella Striscia di Gaza»

SDA

15.5.2024 - 21:22

Il ministro della difesa Yoav Gallant ha ribadito che "non concorderò con l'istituzione di un governo militare israeliano a Gaza".
Il ministro della difesa Yoav Gallant ha ribadito che "non concorderò con l'istituzione di un governo militare israeliano a Gaza".
Keystone

Israele non dovrà restare un minuto in più a Gaza una volta sconfitta Hamas. Il ministro della difesa Yoav Gallant ha sferrato oggi un attacco diretto e pubblico «all'indecisione» del premier Benyamin Netanyahu sul dopoguerra nella Striscia.

«Chiedo al primo ministro – ha detto Gallant – di decidere e dichiarare che Israele non governerà la Striscia di Gaza con i civili e che non ci sarà alcun governo militare». Una richiesta netta e precisa seguita da una visione altrettanto chiara.

«La fine della campagna militare – ha spiegato – deve essere accompagnata da un'azione politica. Il 'giorno dopo Hamas' può essere raggiunto solo con entità palestinesi che prendono il controllo di Gaza, con attori internazionali e l'istituzione di un governo alternativo al potere di Hamas». Perché questo «è l'interesse dello Stato di Israele» se non si vogliono «costi non necessari di vite israeliane».

Gallant ha poi criticato l'indecisione del governo sostenendo che «in sostanza, è una decisione e questo porta ad un percorso pericoloso, che promuove l'idea di un governo militare e civile israeliano a Gaza». «Questa – ha sostenuto – è un'opzione negativa e pericolosa per lo Stato di Israele strategicamente, militarmente e dal punto di vista della sicurezza». «Lo ribadisco: non concorderò con l'istituzione di un governo militare israeliano a Gaza».

Netanyahu: «Finché Hamas resta a Gaza, nessun altro governerà la Striscia»

La risposta del premier, a stretto giro di posta, è stata secca: «Finché Hamas resta a Gaza, nessun altro governerà la Striscia: certamente non l'Autorità nazionale palestinese». «Non sono disposto a passare da Hamastan a Fatahstan», ha detto riferendosi alla parte politica dominante dell'Anp, al-Fatah.

L'affondo di Gallant, che è del Likud ma ha l'appoggio nel Gabinetto di guerra del centrista Bennt Gantz, rischia di aprire – come successe già a gennaio scorso quando il ministro presentò un piano analogo per il dopoguerra d'intesa con le forze armate (Idf) – un duro braccio di ferro all'interno del governo israeliano.

La destra radicale, che vuole rioccupare Gaza, ha chiesto subito il licenziamento di Gallant. «Un simile ministro della difesa – ha tuonato il falco Itamar Ben Gvir – deve essere sostituito per raggiungere gli obiettivi della guerra».

Del resto Netanyahu già a marzo del 2023 aveva licenziato Gallant quando chiese di fermare la legge di riforma giudiziaria del premier per le proteste in tutto il paese. Ma alla fine il premier fu costretto a ripensarci e lo tenne alla difesa.

Ora, in piena guerra, lo scenario sembra diverso anche se, secondo gli analisti, ogni cosa è possibile, nonostante Gallant abbia solidi appoggi a Washington. Inoltre, c'è in ballo l'operazione militare a Rafah con Israele che continua ad avanzare nei quartieri orientali della città e al valico con l'Egitto.

Borrell chiede allo Stato ebraico la fine «immediata» alle operazioni militari

Intanto l'Alto rappresentante dell'Ue per l'azione esterna Josep Borrell ha chiesto allo Stato ebraico di porre fine «immediatamente» alle operazioni militari che stanno ulteriormente peggiorando una situazione umanitaria già molto difficile e porteranno a nuove «tensioni» con Bruxelles.

La tesi è stata respinta da Netanyahu: «Finora a Rafah è stato evacuato dalle zone di combattimento quasi mezzo milione di persone. La catastrofe umanitaria di cui hanno parlato non si è materializzata, né si materializzerà».

Nella contrapposizione sulle armi con gli Usa riguardo Rafah, Israele sembra intanto aver guadagnato un punto. Secondo il «Wall Street Journal», l'amministrazione Biden, dopo gli annunci di flessioni di consegne, ha notificato al Congresso che intende procedere con la vendita di armi per un miliardo di dollari allo Stato ebraico.

La guerra è tornata anche nel nord della Striscia

Al 222esimo giorno la guerra è tornata anche nel nord della Striscia dove ci sono duri scontri a Jabalyia nell'operazione allargata lanciata dall'Idf contro Hamas che si sta riorganizzando. E non si attenua lo scontro con il Libano: dopo l'uccisione di un loro alto comandante, gli Hezbollah hanno lanciato circa 60 razzi verso il nord di Israele.

Nel giorno in cui i palestinesi hanno ricordato nei Territori la Nakba (Catastrofe) – la nascita di Israele nel 1948 e l'esodo in circa 700'000 dalle loro terre – il premier di Ramallah Muhammad Mustafà ha ammonito che saranno sconfitti «tutti i tentativi di sfollamento continuati dopo la Nakba, non ultimi i piani per sfollare la nostra gente a Gaza».