Un negozio danneggiato dopo una notte di saccheggi e disordini a Marsiglia. La violenza è scoppiata in tutta la Francia dopo che la polizia ha ucciso un 17enne, Nahel, durante un posto di blocco a Nanterre il 27 giugno.
I vigili del fuoco ispezionano un negozio vittima delle rivolte a Marsiglia.
Un altro stabilimento distrutto in seguito alla notte di disordini a Montreuil, vicino a Parigi.
Una persona cammina vicino ai resti di un'auto bruciata nella notte di rivolta a Montreuil, vicino a Parigi.
Tensione alle stelle: proseguono i disordini in Francia
Un negozio danneggiato dopo una notte di saccheggi e disordini a Marsiglia. La violenza è scoppiata in tutta la Francia dopo che la polizia ha ucciso un 17enne, Nahel, durante un posto di blocco a Nanterre il 27 giugno.
I vigili del fuoco ispezionano un negozio vittima delle rivolte a Marsiglia.
Un altro stabilimento distrutto in seguito alla notte di disordini a Montreuil, vicino a Parigi.
Una persona cammina vicino ai resti di un'auto bruciata nella notte di rivolta a Montreuil, vicino a Parigi.
In Francia la tensione è alle stelle, le sommosse quotidiane, con numeri da record – oltre 1.000 fermi ogni notte – i saccheggi, le sassaiole, gli assalti ai supermercati, stanno mettendo a dura prova i cittadini ma anche le forze dell'ordine.
Le quali si trovano già nel mirino dei manifestanti e dei «casseur» come simboli dello stato dopo la morte del diciassettenne di Nanterre, Nahel, colpito da un proiettile sparato a bruciapelo da un poliziotto.
Esasperati da mesi di tensione – da gennaio a maggio erano stati sotto pressione per le manifestazioni contro la riforma delle pensioni – i poliziotti denunciano la loro situazione.
Ma il linguaggio usato dai loro sindacati, in un momento quanto mai delicato in Francia, ha fatto insorgere la sinistra, che ha puntato il dito contro «una minaccia di sedizione» e «un appello alla guerra civile».
«Chiedere la calma non basta più, bisogna imporla!»
Il messaggio «incendiario» è stato firmato dal sindacato maggioritario della polizia, Alliance, e da Unsa police, e il tenore si capisce già dal titolo: «Ora basta... di fronte a queste orde selvagge, chiedere la calma non basta più, bisogna imporla! – scrivono i sindacati – Riportare l'ordine repubblicano e mettere i fermati in condizioni di non nuocere devono essere gli unici segnali politici».
E ancora: «È l'ora della battaglia». In conclusione del comunicato, scritte in grassetto, le parole esplosive: «Oggi i poliziotti stanno combattendo, perché noi siamo in guerra. Domani, faremo la resistenza e il governo dovrà prenderne coscienza».
Una minaccia alla sedizione
«I "sindacati" (scritto tra virgolette, ndr) che lanciano appelli alla guerra civile devono imparare a stare zitti – ha twittato Jean-Luc Mélenchon, il "tribuno" della gauche – abbiamo visto come questo tipo di affermazioni sfoci in comportamenti omicidi». Il leader de La France Insoumise ha invitato «il potere politico» a «riprendere in mano la polizia: chi vuole la calma, non getta benzina sul fuoco».
Gli ha fatto eco il deputato del suo stesso partito, da molti indicato come suo successore, François Ruffin: «I sindacati di polizia si dicono "in guerra" e preparano la "resistenza", anche contro il governo».
Dallo stesso partito, il deputato Ugo Bernalicis chiede la sanzione per «istigazione ad armarsi contro l'autorità dello stato». Per gli ecologisti, Sandrine Rousseau definisce il comunicato «una minaccia di sedizione».
C'è stata anche una replica dei sindacati degli uomini e donne in divisa: «Quando diciamo che faremo resistenza – ha detto Thierry Clair, di UNSA Police – vuol dire che ci batteremo per una miglior protezione giuridica dei poliziotti».
Intanto, fra le divise, circola un modello di lettera da firmare per dichiarare la volontà di «restituire l'arma di servizio» da parte di chi non si ritiene abbastanza protetto giuridicamente nel caso apra il fuoco.
SDA