Caso WikileaksAssange è tornato a casa, la moglie Stella: «Ora deve abituarsi alla libertà»
SDA
26.6.2024 - 21:02
Pugno chiuso, abito scuro un po' stropicciato dopo ore di volo, un sorriso largo, ma stanco: appare così Julian Assange quando, alle 21.15 ora locale, atterra all'aeroporto di Canberra, atteso dai famigliari, ma anche da decine di sostenitori australiani che per 14 anni hanno fatto il tifo per lui.
26.06.2024, 21:02
SDA
Il fondatore di Wikileaks, 52 anni, è finalmente un uomo libero dopo aver chiuso definitivamente il suo calvario giudiziario poche ore prime dichiarandosi colpevole «di cospirazione per ottenere e diffondere informazioni sulla difesa nazionale» davanti alla giustizia americana nel tribunale di Saipan, sulle Isole Marianne Settentrionali, territorio Usa nell'Oceano Pacifico.
Non parlerà per ora il giornalista australiano, non racconterà subito la sua odissea di anni trascorsi dentro l'ambasciata dell'Ecuador e poi in prigione in Gran Bretagna.
«Julian ha bisogno di tempo per riprendersi, ha trascorso più di 5 anni in un carcere di massima sicurezza, deve abituarsi alle libertà», parla per lui la moglie Stella, che in questi anni da avvocata e da compagna si è battuta per riportarlo a casa dai suoi due figli. Il bacio appassionato che i due si scambiano sotto la scaletta dell'aereo con l'australiano che solleva in aria la donna racconta tutta la tensione di questi anni.
«Una lotta gigantesca per la verità»
Se nel mondo l'opinione pubblica continuerà a dividersi tra chi lo considera un eroe per aver denunciato le malefatte di Washington e chi lo ritiene un criminale per aver messo a repentaglio la sicurezza Usa, la vita dei soldati americani e le fonti di intelligence, non è così nel suo Paese natale.
«Questa è stata una lotta gigantesca per la verità, per la libertà di stampa e per la giustizia, è semplicemente fantastico, mi viene da piangere», si commuove Katherine Kelly, membro dell'Alliance for Political Prosecutions, arrivata come altri supporters all'aeroporto. E anche il premier Antony Albanese, il primo che il giornalista sente al telefono appena atterrato, è convinto di «aver fatto la cosa giusta» a fare pressioni su Joe Biden in forza del suo ruolo di alleato chiave nel Pacifico.
Ora l'obiettivo finale resta la grazia, la cancellazione del reato che il fondatore di Wikileaks ha dovuto ammettere per firmare il 24 giugno a Londra il patteggiamento. L'udienza a Saipan si svolge senza intoppi né colpi di scena: dopo essersi dichiarato colpevole ha persino scherzato con la giudice Ramona Manglona dicendo che stava «aspettando l'esito dell'udienza per ritenersi soddisfatto». $
Ma non ha rinunciato a togliersi qualche sassolino dalla scarpa: quando il giudice gli ha chiesto cosa avesse fatto per commettere il reato di cui è accusato, Assange ha risposto: «Ho incoraggiato la mia fonte a fornire informazioni classificate al fine di pubblicarle. Credo che il Primo emendamento protegga tale attività...», ma, ha evidenziato, «è in contraddizione con l'Espionage act». Insomma, anche se si è dichiarato colpevole, Assange non appare pentito.